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Cardini e l'Islam «Un nemico inventato»

  • 22 giugno 2006

Una contrapposizione che ha origini recenti e che la sintesi mediatica dipinge come eredità storica, quella fra Occidente e Islam, alimenta, da poco meno di un quinquennio, un intenso dibattito. L’interrogativo è se sia in atto uno scontro frontale di civiltà o se la deriva verso lo scontro sia solo un preconcetto privo di solide fondamenta. Un fatto è però certo, la babele della comunicazione, estremizzando un malessere, offre al pubblico, poco iniziato alle vicende di storia, una realtà ben diversa, che nulla ha a che vedere con nuove crociate o guerre religiose ed occulta, invece, un’altra realtà ben più controversa e complessa.

Cosa sono l’Occidente e l’Islam? Sono realmente due entità? E la separazione, c’entra la Storia in tutto questo? Franco Cardini, medievalista e docente all’Università di Firenze, che da mezzo secolo è impegnato sulla tematica, con l’ultimo saggio “L’invenzione del nemico” (Sellerio editore, pagg. 247, € 15,00), offre un contributo al dibattito, con elementi, cronache minori e secondarie della storia (dall’Alto Medioevo al secolo XIX), che di riflesso aprono e ribaltano le prospettiva d’analisi nei processi di interazione, rapporto, stimolo, incontro e scontro tra le civiltà del nord e del sud del Mediterraneo.

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Nell’uomo il bisogno di un termine di paragone alle proprie azioni si manifesta come approccio ad uno specchio convesso, in cui le qualità caratteriali vengono migliorate (talvolta in modo sbagliato) dal confronto con gli altri. Laddove però le verità, proprio perché umane (cioè in potenza fallibili), sono poco obiettive o vengono a mancare, la “demonizzazione” dell’altro, più che una extrema ratio, diviene costante regola e la regressione dei costumi l’anticamera del possibile a legittimazione del male spacciato come bene assoluto. Sembra un paradosso, ma la costruzione di un nemico risulta una necessità per l’essere umano, una giustificazione funzionale al nostro agire, che nulla ha da spartire con la Storia (quella con la esse maiuscola, ri-costruita dagli studiosi) ed anche questo traspare tra le righe del saggio di Cardini.

Nella sua prefazione, infatti, l’autore mette a fuoco tale stato di cose e prende spunto dal linguaggio tout court delle cronache di oggi. La identificazione del fondamentalismo islamico con il terrorismo, ma anche l’equazione naturale di un “Islam non moderato” col Male Assoluto, porta alla teoria sviluppata da Hannah Arendt del “Nemico Metafisico”. Teoria che però in questo saggio diventa il puntello scardinante la visione della netta separazione tra civiltà cristiana e musulmana. Inoltre, se il “Nemico Metafisico” della Arendt viene visto come vitalizio necessario a legittimazione di un governo totalitario, Cardini rileva che «gli uomini liberi sanno bene che sul piano storico possono esistere nemici, ma il Nemico Metafisico, il Male fatto carne, il Dragone rosso, sono realtà che non appartengono alla storia».

Da qui il bivio, che ci porta a conseguenze drammatiche e discutibili, alle due possibili domande: Hannah Arendt ha sbagliato con la sua analisi? – perché parziale, cioè limitata alle forme di governo totalitarie – oppure è giusto estendere – alla luce dei ricercati assetti planetari, col nuovo millennio – l’anzidetta nozione arendtiana alle nostre società democratiche-parlamentari e liberal-liberista, che forse hanno sviluppato un proprio specifico modus totalitario funzionale a una ipotetica difesa del bene comune?

Il piano tracciato dall’autore appare interessante, perché sviluppato per tappe graduali e scelte soggettive, con una costruzione che parte da lontano e mostra, meglio dimostra, come il Nemico sia solo artefatto, un’invenzione pretesa e ragionata, mentre l’Islam, entità astratta (quanto e pari all’Occidente), non sia un fronte contrapposto, ma solo un fedele compagno, lungo il cammino delle realtà storico-culturali sviluppatesi in un bacino mediterraneo allargato nei confini e in continuo mutamento.

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