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“Bukowski e babbaluci”: tribolazioni narrative all'aglio e prezzemolo

  • 23 maggio 2005

Appuntamento al Kursaal Kalhesa di Palermo (Foro Umberto I) giovedì 26 maggio alle 18.30 per la presentazione dell’ultima fatica di Daniela Gambino dal titolo “Bukowski e babbaluci” (Edizioni Interculturali): giunta al suo terzo romanzo, dopo un “pinkfloydiano” silenzio durato quattro anni, l’autrice di “Macho Macho” e “Cosa ti piace di me?” (casa editrice Castelvecchi) torna alle stampe con un classico dell’ispirazione letteraria, la storia di uno scrittore che perde l’ispirazione. Oltre all'autrice, interverranno anche i giornalisti Stefania Petyx e Francesco Terracina. (Ndr questo articolo è stato pubblicato nell'ultima settimana del mese di aprile ma è stato subito tolto a causa dello spostamento della presentazione a 26 maggio).

Un’eterna lotta tra il pensatore maledetto immerso in vizi, cinismi ed esistenzialismi di bukowskiana memoria e lo scrittore benedetto, nel senso di Mazzarini Benedetto, terrone prossimo agli anta, con un libro bestseller alle spalle che rischia di renderlo l’ombra di se stesso. Storie di nuove anime migranti in chiave “next generation”. Storie di Benedetti, partiti alla volta del continente con il palmare avvolto nello spago in cerca di editori, giri giusti, aperitivi “in” al sapore di slang presenzialista. Attorno al personaggio principale un interessante carro antagonistico fatto di donne, ex donne, editor, guru introspettivi e figli di papà, tutti amorevolmente immersi in caratterizzazioni genuine e argute che “sprintano” verso il comico per poi concedersi in momenti inaspettatamente romantici e commoventi. Il gioco delle parti si perde con disinvoltura tra il narrativo e l’autobiografico condensando ad arte una certa produzione beat-anti beat (su tutti John Fante) mischiata alla new wave italica.

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Daniela Gambino si conferma un fiore all’occhiello della scrittura palermitana e portavoce autorevole di una “panormitanità al cubo”, accettando e sfidando l’ostacolo del luogo comune ritrasformandolo in un tragicomico cumulo di difetti, nevrosi, pregi e sussulti umorali tipicamente peninsulari. In fondo è la solita vecchia lotta dell’emigrante che non riesce a vivere senza il ribollire di sugo rosso sangue rimescolato in una materna pignatta. È la storia di un’isola al sapore di esoterismo e melanzane con la mentuccia. È la storia dentro la storia. Un’illusione ottica alla Escher dove l’autrice decide di non mandarle a dire e di togliersi, giusto per gradire, qualche sassolino dalla scarpa. Un piccolo gioiello che sentiamo particolarmente nostro, dalla serie: il romanzo si può tradurre anche in coreano, ma i “babbaluci” si mangiano solo in Sicilia. E magari a Seoul un’emozionata Dan La Gamb ha appena consegnato all’editore “Bukowski e cavallette”. Ma non sarà la stessa cosa. Di certo, le cavallette, non si “sucano con lo scruscio”.

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