CINEMA E TV
"57 giorni a Palermo": Borsellino e la sua scorta
Presentato in anteprima "57 giorni a Palermo. La scorta di Borsellino”, in onda mercoledì 22 luglio, in memoria degli angeli del magistrato
Si deve alla trentaduenne romana Francesca Fagnani, giornalista di Rai Educational, la realizzazione del documentario “57 giorni a Palermo. La scorta di Borsellino”, prodotto da “La Storia siamo Noi”, presentato in anteprima al chiostro di Palazzo Steri a Palermo. Il documentario andrà in onda all’interno de "La Storia siamo Noi", mercoledì 22 luglio alle 23.30 su Rai Due. «I 57 giorni - sostiene l’autrice - sono quelli che separano la strage Falcone da quella Borsellino, a sottolineare quanto, dopo Capaci, il delitto Borsellino fosse annunciato. La cosa che emerge con più forza è come il giudice si preparasse alla morte, cercando pure di attardarsi da solo per dare la possibilità agli assassini di ucciderlo senza coinvolgere la scorta».
Invece, furono in cinque a cadere in via D’Amelio, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, l'unico sopravvissuto è Antonino Vullo, che interviene nel documentario ricostruendo la dinamica dell’attentato. Alla manifestazione, organizzata nell’ambito di Univercittà in Festival, erano presenti oltre naturalmente la regista Francesca Fagnani, Giovanni Minoli, direttore di Rai Educational, i familiari dei ragazzi della scorta ed il rettore dell’Università di Palermo Roberto Lagalla. La memoria degli “ Angeli di Borsellino” è riuscita, persino, a rompere il lungo silenzio, durato 17 anni, della moglie del giudice, Agnese Borsellino, che a proposito degli "angeli" di suo marito, dichiara: «Per me, come per mio marito, facevano parte della nostra famiglia e vivevano quasi in simbiosi con noi, condividevamo le loro ansie, i loro progetti. Un rapporto oltre che di umanità, di amicizia e di reciproca comprensione e rispetto. Per il ruolo che ricoprivano, io che sono contraria a rilasciare interviste, non appena si è presentata Francesca e mi ha detto che una trasmissione sarà dedicata agli angeli di mio marito, non ho avuto la forza di sottrarmi a questo dovere perché loro sono morti per mio marito, per lo Stato».
«Mio marito - continua - non credeva al 100% che la scorta lo potesse salvare da un attentato. Non perché dubitava della loro attenzione o professionalità, ma quando avrebbero deciso di ucciderlo lo avrebbero fatto, come del resto é stato, con tecniche ultramoderne. Infatti mi diceva "quando decideranno di uccidermi i primi a morire saranno loro". Per evitare che ciò accadesse, spesso e alle stesse ore usciva da solo per comprare il giornale, le sigarette, quasi a mandare un messaggio per i suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo per la strada e non quando si trovava con i suoi angeli custodi. Mio marito non si poteva rifiutare di farsi proteggere o di farsi accompagnare, le sue capacità finivano qui, non poteva fare altro per salvarli». Al termine della visione del documentario, tutti si sono stretti alla commozione della vedova Borsellino.
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