ITINERARI E LUOGHI
Lo splendore alle porte di Palermo: qui trovi gioielli del Serpotta che (forse) non conosci
Aprono al pubblico una chiesa e un oratorio rimasti a lungo chiusi privando delle meraviglie presenti al loro interno. Se ami il barocco devi assolutamente andarci
Putti dorati, festoni di melagrane e corone di grappoli di frutta a stucco in un autentico trionfo del rococò. Carini e le sue chiese riservano preziose sorprese agli amanti del barocco.
Sono la Chiesa degli Agonizzanti e l'Oratorio del Santissimo Sacramento, con gli straordinari putti realizzati dalle sapienti mani del Serpotta custoditi al loro interno.
Fino a quest'estate, i due siti venivano aperti soltanto per celebrare particolari liturgie (come matrimoni o battesimi) o per svolgere riunioni da parte di alcune congregazioni.
Poi, grazie al progetto "Arte e Fede" - promosso dall’Arcipretura di Carini nella persona di Don Giacomo Sgroi e coordinato dall’Architetto Lorenzo Talluto - i due tesori architettonici hanno aperto le porte al pubblico.
Ogni sabato e domenica, dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.30, giovani volontari accolgono i visitatori e li accompagnano alla scoperta dei significati che si celano dietro il trionfo di stucchi e affreschi di cui questi due luoghi sacri sono caratterizzati.
La Chiesa Maria Santissima degli Agonizzanti
Nel centro storico di Carini, a pochi passi da piazza Duomo, si trova la Chiesa Maria Santissima degli Agonizzanti. Orientata a Nord-Sud, è attaccata al Palazzo settecentesco della famiglia Marchisi (gravemente danneggiato da un crollo), una delle principali case vassalle della "Corsa Vecchia", oggi via Roma.
Al suo interno nasconde un trionfo di decori tardo-barocchi. Lo schema è quello tipico degli oratori serpottiani: un colpo d’occhio meraviglioso; festoni di melagrane e accanto corone di putti e grappoli di frutta a stucco. Il tutto arricchito da una serie di affreschi di cui il tema predominante è la vita di Maria.
Edificata dopo il 1539, è stata a lungo sede della confraternita Maria Santissima degli Agonizzanti che - come suggerisce il nome stesso - si occupava di assistere i morenti.
La congregazione era suddivisa in due rami, quello maschile e quello femminile. Della sezione femminile ne facevano parte tre figlie del Principe di Carini, Vincenzo III La Grua Talamanca, probabile committente di alcuni degli affreschi della Chiesa.
La Chiesa, edificata sopra la cripta della congregazione, venne in seguito collegata all'attiguo palazzo Marchisi. Infatti al suo interno vi era una tribuna che dava la possibilità alla famiglia di partecipare ai riti religiosi.
Il prospetto principale, rifatto integralmente agli inizi del 1900, presenta un decoro di stile neoromanico a triplo ordine. Ai due lati sono inglobate le due torri campanarie.
Nella Chiesa si entra da due piccole porte e, passando attraverso un vestibolo rettangolare, ci si trova nel vano con coro e cupola.
Nelle due pareti laterali, all’altezza di circa 2 metri, troviamo un primo cornicione su cui sono adagiati quattro aquile in diverse posizioni, sormontate da putti. In alto, tre affreschi raffigurano momenti della vita di Gesù e della Vergine.
Nella navata centrale due teatrini in stucco raffigurano la Dormitio Virginis, circondata dagli angeli, e l’agonia di San Giuseppe, assistito da Gesù e Maria. Sulla volta campeggia l’incoronazione della Vergine di Filippo Tancredi e Filippo Randazzo.
Il grande affresco centrale è contornato da altre scene della vita della Madonna (l’adorazione dei magi, la Pentecoste, l’ascensione di nostro signore, la natività), dai quattro evangelisti e dai mezzibusti in stucco delle quattro sante vergini protettrici dell'Isola: (Sant’Oliva, Santa Rosalia, Santa Ninfa e Sant'Agata).
Sulla parete di fondo due putti tengono in mano un cartello con la scritta Silentium. Ai lati dell'altare, una tela raffigura la Madonna degli Agonizzanti, attribuita alla mano di Rosalia Novelli figlia di Pietro, con probabili interventi del padre.
La Chiesa veniva utilizzata come luogo per la sepoltura dei confratelli, appartenenti all'elitè socio-culturale e religiosa di Carini. Da una botola posta al centro del vestibolo si accede alla cripta della confraternita (al momento non visitabile), dove è ancora possibile osservare i colatoi che servivano all'essiccazione dei cadaveri.
L'Oratorio del Santissimo Sacramento
In Piazza Duomo, a fianco della Chiesa Madre "Maria SS Assunta", si trova l'Oratorio del Santissimo Sacramento.
Interamente ornato da putti, festoni e cesti di frutta, seguendo l’esempio degli oratori palermitani, fu interamente decorato in stucco.
L'incarico fu - con grande probabilità - affidato a Giacomo Serpotta e alla sua scuola, vista l'impostazione scenica degli stucchi e dal serpentello che il Serpotta usava lasciare tra le sue opere quale firma.
Sulla volta gli stucchi sono impreziositi dagli affreschi di Filippo Tancredi che raffigurano personaggi legati all’Eucarestia.
Entrando dalle due porte di legno scolpite, opera di autore ignoto del XVII sec., si entra nel vestibolo, dove i Confratelli spogliandosi dei propri abiti simboleggiavano la purificazione dai peccati.
L'oratorio fu infatti la sede della Compagnia del Santissimo Sacramento, istituita a Carini su espressa richiesta del Barone Vincenzo II La Grua Talamanca e di Fra Matteo Iannello, aveva come scopo primario la diffusione del culto dell’Eucaristia in contrapposizione alle eresie luterane, come stabilito nel Concilio di Trento.
Il breve Pontificio che ne autorizzava l’istituzione è del 1 luglio 1557 e vide numerose adesioni da parte dei carinesi più facoltosi.
La sede provvisoria della Congregazione fu all’interno della Chiesa Madre, in quell’area oggi occupata dalle ultime tre cappelle a sinistra guardando l’altare.
Le cospicue rendite ed i numerosi legati testamentari fecero ben presto della Compagnia del SS. Sacramento una delle confraternite più ricche e questo fece sì che agli inizi del 1600 si potesse permettere la costruzione di una nuova sede.
Alla fine del 1600 si stabilì di decorare ed arricchirne gli spogli locali. Qui trova posto la lavagna della Madonna del Monserrato opera su ardesia di Giovanni Battista Arena del 1605.
Al centro dell’arco centrale, che sovrasta l’unico altare, troviamo l’apoteosi dell'Eucaristia, rappresentata dal calice e l’ostia dorati al centro di una maestosa corona sorretta da angeli.
Appena entrati dal vestibolo, in senso antiorario partendo da destra, sul cornicione sopra la panca in noce, dove prendevano posto i confratelli, vi sono otto statue allegoriche che rappresentano: la Chiesa, la temperanza, la giustizia, la speranza, la fede, la carità, la fortezza e la prudenza.
Sotto ogni finestra, su piccole mensole, trovano posto sei scene raffiguranti i principali miracoli eucaristici. Nel presbiterio una tela raffigura l'ultima cena, probabile opera di Pietro d'Asaro il monocolo di Racalmuto.
Al centro dell'arco capeggia una frase di San Giovanni Crisostomo: “Cogita quali mensa fruaris’’ - “Pensa bene a quale banchetto ti accosti’’.
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