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Liberty e neogotico si fondono a Palermo: il sepolcro che "racconta" la Belle Époque

Un capolavoro di storia dell’arte europea testimone dei tempi d'oro. Il noto monumento sepolcrale per Giuseppe e Rosaria Raccuglia conserva molto altro

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 10 gennaio 2023

La Tomba Raccuglia a Palermo

Nel succedersi dei "neostili" lungo l’intero arco temporale dell’Ottocento, la lunga parabola del neogotico attraversa con grande slancio creativo l’intero sviluppo del secolo, generando interessanti fusioni con le tendenze provenienti dal centro Europa come l’Art Nouveau.

Caso studio di rilevante fortuna critica è la Tomba Raccuglia situata all’interno del complesso cimiteriale di Santo Spirito, sezione n. 9.

È qui infatti che nel 1898-99, in prossimità dunque dell’esplosione floreale pronta a dilagare per l’intera isola attraverso la poetica messa in scena dalla Scuola basiliana di Palermo, Ernesto Basile plasma un raffinato organismo architettonico di piccola scala in cui il retaggio formale neogotico ospita fondendovisi la pienezza delle sinuosità del lessico floreale del maestro di Montecitorio.

Basterebbe l’eleganza del disegno del mosaico policromo centrale associato alla plastica scultorea del recinto in basso e dei candelabri in ferro battuto realizzati dalle abili mani di Salvatore Martorella per parlare di un capolavoro di storia dell’arte europea ma il monumento sepolcrale per Giuseppe e Rosaria Raccuglia conserva molto altro ancora.
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"Una architettura-arredo - la descrive Pirrone - partita nei primi schizzi da tentazioni sepolcrali normanne". Dal punto di vista formale, siamo in presenza di un diaframma alto circa 3,00 mt di altezza al centro del quale spicca una croce celtica tra due pilastrini aggettanti rispetto al coronamento della facciata.

Ad esso è saldato sul fronte principale un sarcofago lievemente inclinato, plasmato interamente da sinuose forme a costanti spigoli arrotondati, mentre sul retro si apre la porta che introduce alla cripta ipogea attraverso una scala ripida. Sin dai primi schizzi progettuali è possibile cogliere i punti salienti di un impianto formale non convenzionale ma stilisticamente oggetto di ibridazioni neogotiche e floreali assolutamente ben integrate tra loro.

La porta d’accesso alla cripta sottostante, anch’essa in ferro battuto, è posta infatti sul retro, delineando di fatto il blocco sarcofago/diaframma quasi come un elemento totemico di richiamo iconico, la cui unica funzione è quella scultoreo-decorativa.

Malgrado l’attuale stato di conservazione, la presenza della siepe che ne occulta la visione frontale, il pregiato manufatto rapisce lo sguardo imperando lungo l’intero viale monumentale. In un contesto di egualitaria strutturazione del paesaggio sepolcrale, esso si impone quale presenza artistica preminente a corredo della dimensione spirituale del ricordo dei cari defunti, impersonando elegantemente il desiderio di eterna presenza testimoniale.

La pregiatissima fattura del decoro musivo centrale, è da attribuirsi alla bottega di Salvatore Gregorietti, anticipando di quasi dieci anni l’impianto musivo del Panificio Morello al Capo (Gregorietti o Bevilacqua?) e di oltre quindici quello dei paramenti decorativi del secondo Chiosco Ribaudo a piazza Castelnuovo.

Un capolavoro che merita attenzioni maggiori. Non smetteremo mai di ripeterlo, serve un grande e trasversale "Piano Marshall" di restauro e valorizzazione del nostro strepitoso patrimonio monumentale eclettico-floreale; la politica deve svegliarsi! Non c’è più tempo “inutile” da perdere.
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