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Lì è nato e ha scritto la sua storia: la casa di Leonardo Sciascia adesso diventa un museo

Siamo a Racalmuto, in provincia di Agrigento, in quella Sicilia come metafora che qui diventa vero e proprio simbolo: oggi i luoghi dello scrittore sono aperti al pubblico

  • 12 luglio 2020

La scrivania di Leonardo Sciascia (foto Carmelo Capraro)

Diciamolo subito, senza equivoci e scoprendo le nostre carte: "CasaSciascia" è uno dei luoghi più belli che sia possibile visitare oggi in Sicilia. È talmente prezioso, e intenso, che lo spazio fisico finisce per diventare esperienza, e il tempo emozione, con quella intensità rara che offrono certi miracoli laici concessi all’uomo. CasaSciascia, insomma, favorisce e preserva uno di quei sentimenti che oggi appaiono irrimediabilmente perduti: lo stupore, cioè il felice disorientamento provocato dall’inatteso.

Siamo a Racalmuto, in provincia di Agrigento, in quella Sicilia come metafora che qui diventa vero e proprio simbolo, cioè il significante di una serie di contenuti ideali che solo il luogo permette di cogliere appieno: per comprenderlo, Sciascia, sono sufficienti i suoi libri, ma per sentirlo è necessario star qui, consumare il rito di una presenza discreta e liminare, attardarsi sulle cose con elegante pudore.
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A CasaSciascia di via Regina Margherita, 37 (oggi via Leonardo Sciascia), lo scrittore è nato e vi ha trascorso l’infanzia insieme ai due fratelli e ai genitori Pasquale e Genoveffa, circondato dalle zie. Siamo immediatamente nelle pagine dello straordinario “Il maestro di Regalpetra” di Matteo Collura, che è un libro bellissimo perché è una di quelle rare biografie che si leggono come un romanzo, tra passione per le minute cose e solido orizzonte di analisi culturale.

Nel 1935 Sciascia si trasferisce a Caltanissetta, gli anni a suo dire più belli della sua vita, per frequentare l’Istituto Magistrale nel quale insegna Vitaliano Brancati, che diventerà il suo modello e che lo guida nella lettura degli autori francesi. Fa esperienza di vita, scopre gli illuministi grazie ai suggerimenti del giovane insegnante Giuseppe Granata e scrive al compaesano Giuseppe Tulumello della sua grande passione per il cinema che darà alle sue pagine – amiamo crederlo – l’intensità secca di certi brani di sceneggiatura.

A Racalmuto torna e ininterrottamente vive, proprio a CasaSciascia, dal 1943 al 1958: le date sono importanti, non per costringere lo scrittore alla sua stessa biografia ma per assumerne le tensioni delle prime opere e dei rapporti culturali che dalla piccola Racalmuto saprà svolgere come una trama sottile e chiara. È in questa casa che vive da sposato, dopo le nozze con Maria Andronico da cui nasceranno le due figlie Laura e Anna Maria. Qui torna dal suo impiego al Consorzio Agrario, dove si occupa dell’ammasso del grano e fa esperienza diretta della piccola realtà contadina siciliana. Sempre qui si consuma la tragedia del suicidio del fratello Giuseppe, che le mura di CasaSciascia serbano a richiamo di un pianto affilato o di un silenzio tragico.

Ma soprattutto, ed è ciò che più importa, qui nasce il grande scrittore: nel 1950 le “Favole della dittatura”, ventisette prose liriche nel modo della sentenza esopica, recensite con favore dal coetaneo Pier Paolo Pasolini (che amerà sempre Sciascia, e da lui sarà riamato, con la vera amicizia che talvolta possiede la mancata quotidianità dei rapporti); nel 1952 la raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore”, indimenticabile e preziosa.

Nel 1953 il saggio fondamentale “Pirandello e il pirandellismo”, in cui fa i conti per la prima volta con il genio dello scrittore agrigentino; e, soprattutto, nel 1956, “Le parrocchie di Regalpetra”, resoconto dei paradossi e delle ingiustizie della Sicilia attraverso la cronaca sulla vita di un paese qualunque della Sicilia.

Comincia tutto da qui, dalle pagine di questo libro: il latifondo, il fascismo, gli intrighi politici, la nobiltà crassa, la borghesia arricchita, il proletariato delle campagne e delle zolfatare, e la mafia. La mafia, e quindi l’impegno dello scrittore per quella improrogabile pratica della libertà che è la cultura. CasaSciascia è tutto questo, perché questo le sue pareti hanno veduto, tra gli inverni freddi di Racalmuto e le estati torride, al piccolo rifugio dello studio dello scrittore, minuscolo come la famosa mansarda del giovanissimo Balzac nel quartiere dell’Arsenale, che si affaccia da una piccola finestra alla vista su un pezzo di paese, tra arredi poveri e severità spirituale.

Qui comincia tutto, laddove tutto è sempre ciò che inizia molto prima di cominciare. E siccome CasaSciascia è uno dei posti più belli della Sicilia, lo è anche la sua storia, insospettabile e fatalmente sciasciana. Fino allo scorso anno la casa natale dello scrittore era proprietà di due lontani eredi, una delle tante case di Racalmuto che si sapeva, in paese, cosa fosse, ma per chi non era del luogo sarebbe parsa semplicemente una modesta dimora alle spalle del pregiatissimo Teatro Comunale.

Come per un’invenzione letteraria, a comprare la casa – nel frattempo posta in vendita – è Pippo Di Falco, uno di quegli uomini che ci offrono la fortuna di sentirci orgogliosi di essere siciliani. È del paese, lui, ed è – come si sarebbe detto una volta – un intellettuale impegnato, un uomo di passioni civili, una meravigliosa persona perbene come se ne contano poche sulle dita di una mano.

E come un personaggio da romanzo, che sembra uscito dalla penna di uno squisito raccontino di Flaubert che si intitola “Bibliomania”, Pippo Di Falco si confonde in mezzo ai suoi libri per i quali ha un amore viscerale: oggetti di culto, beni di prima necessità, piccole e grandi ossessioni: i libri lo accompagnano da tutta la vita con la loro presenza silenziosa ed eloquente, e talvolta anche scomoda.

Una passione sfrenata e dilaniante per i libri che insegue e ricerca tra aste e banchetti di mercanti e che oggi costituisce una delle più grandi biblioteche private di tutta la Sicilia con circa ottantamila volumi, tra cui molte prime edizioni e libri autografati. CasaSciascia è la dimostrazione di come un atto anonimo come un contratto di compravendita possa diventare, nelle mani giuste, un luogo magico e incantato.

Pippo Di Falco ha le idee chiare: ricostruire la casa natale dello scrittore con i mobili originali, con quello stile povero e un po’ gozzaniano dei primi del ‘900, e quando ciò non è possibile adattare un arredamento che più si avvicini all’atmosfera originale di quelle stanze, poche, con il classico salotto di rappresentanza che espone in vetrina i bicchieri e la bottiglia di rosolio, con le poltroncine in velluto elegante, con le stanze da letto austere e riservatissime, molte librerie con riviste esposte, e lo studio di Leonardo Sciascia, la macchina per scrivere, il meraviglioso strumento di lavoro.

Fra i tanti libri di Pippo Di Falco, la serie degli scrittori siciliani è impressionante: intere collane, edizioni minori, volumi intonsi – le cui pagine non sono ancora state tagliate per non violarle – e tutto quel che è possibile possedere di Sciascia, di Pirandello, di Borgese e di centinaia d’altri. Ha deciso di esporli, questi libri, quale migliore omaggio attraverso se stesso all’intera cultura di un paese e alla gioia di chi gli è grato perché come lui ama i libri e ama Leonardo Sciascia.

Ad accompagnarlo in questa esperienza, credendo in lui sin da subito, un altro sciasciano d’elezione, Felice Cavallaro, che ha avuto la felice intuizione de “La Strada degli Scrittori” favorendo percorsi che lui ha visto e grazie ai quali si sta creando una sorta di cartografia dell’immaginario in Sicilia. A CasaSciascia, intanto divenuta associazione culturale, collaborano alacremente altri uomini di cultura: i giornalisti Salvatore Picone, che su Sciascia lavora fornendo materiali preziosi e notizie inedite, e Gigi Restivo, che lo accompagna nel lavoro di catalogazione del materiale librario presente nella casa, e, nello specifico, delle innumerevoli voci che riguardano Leonardo Sciascia: testi rari e dispersi, e articoli di giornali sin dagli anni ‘40.

E tanti altri, più recenti, aggregati per emozione, per fiducia, per amicizia, per solidarietà, e perché credono che CasaSciascia sia più che un museo, e a voler capire bene cosa realmente sia non è facile ed è bene che sia così perché le emozioni non hanno alcun bisogno di essere nominate. Per chi non l’ha ancora vista, CasaSciascia, accolti a una visita guidata che fa proprio Pippo Di Falco con i suoi amici, annullando ogni possibile senso di estraneità, si affretti a farlo: non come semplice invito, ma come vera e propria parola d’ordine per chi è siciliano, per chi ama la Sicilia, e pure per chi non la ama e ha bisogno di ricredersi, nel posto più giusto.
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