CURIOSITÀ
Le offese "spriggiuse" dei palermitani: quei messaggi in codice che solo noi conosciamo
Noi palermitani, piccoli e grandi, abbiamo la soluzione proprio a tutto grazie al nostro lessico fatto di messaggi in codice. Rispolveriamo la memoria con 3 paroline
Forse siete stati anche un po' secchioni e, con il tempo, siete diventati soggetti "invitanti" per aver ingenuamente mostrato il vostro pass di riconoscimento del bravo studente delle scuole medie.
In un giorno qualsiasi ecco che venivate feriti nell'orgoglio o subivate un torto inaspettato da un vostro compagno o una vostra compagna di classe; avreste voluto scaricargli addosso raffiche di parole taglienti mentre il viso arrossiva incontrollabilmente, ma nel frattempo l'evolversi della situazione e i volti dei compagni di classe rivolti verso di voi vi hanno fatto perdere la capacità di articolare frasi sensate.
Le parole del disturbatore si sono intromesse ancor di più creando scompiglio al vostro senso della ragione che, da sempre indisturbata, era diventata ormai totalmente fuori dalla vostra portata.
Ma non avete voluto ancora arrivare a tanto e forse avevate anche cercato di far ragionare la persona molesta. Il tutto senza successo.
Ecco perchè noi palermitani, piccoli e grandi, abbiamo la soluzione proprio a tutto grazie anche al nostro lessico fatto di messaggi in codice.
Esistono frasi molto brevi ma intrise di sentimenti, come l'affetto e la riconoscenza, che circolano ancora in una classe piena di scolaretti nei loro larghi grembiuli, ma dalle medie in poi il senso delle parole più comuni può mutare irreversibilmente: ecco che dietro la pronuncia di "sei un caro amico" può celarsi la più grande offesa mai ricevuta.
Quando per la prima volta in assoluto mi rivolsero queste quattro parole e mi svelarono la maniera per decifrarle capii che noi palermitani abbiamo il potere di offendere in pubblico e in segreto, in modo dolce e spriggiuso (dispettoso) al tempo stesso. Se rispondendo in tal modo l'avversario avrà inteso forse non avrebbe reagito tanto male e magari si sarebbe persino complimentato con voi, rivelandosi il vostro migliore alleato.
Al contrario, il dubbio sollevato dalla probabile poca o nessuna comprensione da parte dell'interlocutore avrebbe suscitato in voi quella punta di insoddisfazione che non sarebbe svanita di certo entro la giornata stessa. Che abbiate preso legnate (botte) o meno, per fortuna c’è sempre la campanella a colmare ogni situazione, facendo dileguare gli studenti come conigli colti dall'improvviso sparo di un fucile.
Nonostante tutti i compagni di classe (bullo incluso) fossero al loro posto, sentivate ancora il bisogno di sfogare i vostri nervi, di voler colmare un vuoto creatosi inspiegabilmente; d'impulso si presentava quella voglia irreprimibile di prendervela con qualcos'altro. E quel qualcos'altro era il vostro banco.
È proprio qui che almeno una volta nella vita abbiamo inciso quella "parola" e che, ancora da adulti e fino alla fine dei nostri tempi, esporteremo in tutto il mondo: la scriveremo sulla sabbia del deserto del Sahara, sui vetri sporchi delle automobili parcheggiate a Roma o la tatueremo in stile chicano sulla nostra pelle; la pronunceremo in versione tradotta e ad alta voce accanto ad un turista giapponese e la invieremo per messaggio ad una persona cara.
Ma di solito si comincia con una matita: "800A."
Non ricordo ancora chi mi svelò la soluzione di quest'altro enigma, ma di sicuro gli devo moltissimo. Ora che avete lasciato il vostro palermitanissimo marchio con annessi altri simpatici disegnini stilizzati (che non mancheranno nemmeno nei bagni dell'università) e mentre finivate il vostro rollò con wurstel, badavate bene che nessun altro potesse darvi più fastidio.
Ma forse il pericolo di ciò non si sarebbe presentato dal momento che l'ora della ricreazione ammansirebbe anche il più temibile dei mastini. La situazione si rivelava finalmente sotto controllo e rimase tale fino all'arrivo a casa.
Una volta giunti, la tv era già accesa perchè alle prime ore del pomeriggio trasmettevano Dragon Ball. E così riflettevamo sulla nostra giornata con il sottofondo delle urla di chi stava per trasformarsi in Super Sayan di primo livello.
In men che non si dica, eccoci catapultati alle scuole superiori: seduti sopra i banchi (e non sulle sedie) ci sono ormai degli individui formati che hanno tramandato le soluzioni di quegli enigmi ai propri discendenti e, dunque, divulgato pezzi importanti di identità palermitana.
Sono coloro che ancora ringraziano Goku per non averli mai lasciati col morale a terra; sono coloro che anche senza essere stati provocati apriranno il proprio diario (o quello di un altro) e incideranno con foga l'altra formula così come il personaggio di un noto film incide una svastica sulla fronte del nemico.
Quando ho scoperto che tale formula è stata incisa pure sul mio codice fiscale è stata subito gloria: "M.C.N." (minchia cacata niente, ndr)
Ricordo ancora quel tipo di giornata alle medie e ricordo ancora quando mi accorsi che quello stesso bullo utilizzava la "lingua farfallina" con qualcun altro. Anche quando capii il perchè di tutti quei fa-fa e fo-fo, credo di non averla mai utilizzata.
Quella parlata non avrebbe mai posseduto lo stesso carattere e lo stesso ingegno delle soluzioni dei tre enigmi:
1. Leggere solo le iniziali di ogni parola;
2. Il numero 8 diventa una S; il primo zero diventa l'ultima vocale e il secondo, invece, la terza lettera dell’alfabeto;
3. Lo dice quella persona che non vuole essere disturbata, ma consiglio di farvi approfondire meglio il tutto da un esperto.
Qui non posso proprio.
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