ARTE E ARCHITETTURA
La sua arte tra fil di ferro, pelle e chiodi: Enzo, l'artista che vive in "un'altra Sicilia"
Un genio sciolto da ogni schema, che plasma le forme a immagine e somiglianza delle sue emozioni. Dietro la sua arte c'è una storia sepolta nel profondo
L'artista Enzo RInaldi
La Sicilia in questo senso è sicuramente una terra fertile fonte di forti ispirazioni, di contrasti estremi e di emozioni che affondano nelle regioni del cuore dove si nascondono le radici di molti visionari anche detti "artisti" da quando l'isola è praticamente emersa dalle acque.
Come Enzo Rinaldi, l'opposto dell'artista tout court, piuttosto un genio sciolto da qualsiasi schema, corrente o filone che plasma le forme a immagine e somiglianza delle sue emozioni. Lui è la sua stessa fonte di ispirazione mescolata alla terra da cui proviene, le montagne madonite e il mare di un'isola che circonda una perla il cui nome corrisponde ad uno dei luoghi più noti, Favignana.
Le sue figure umane sono trasfigurate in una deformazione che le allunga e le stira all'inverosimile vibranti di una vita rarefatta, tragica, deformata dal peso dell'esistenza, anelanti un riscatto contro la violenza del mondo.
Lo stesso materiale usato per metterle insieme le interpreta, anime di fil di ferro rivestite di pelle di altri materiali, reti metalliche scheletro di corpi che attendono la vita, parti di oggetti smontati e rimessi insieme che prendono altri significati.
Enzo da cosa nasce la tua arte? «Dal nulla, dalle cose che non avevano più importanza», Che vuol dire? «Sono rimasto orfano di mio padre piccolissimo, appena 3 anni e mia mamma si era ritrovata a crescere 5 figli da sola senza un lavoro.
Così i giocattoli me li inventavo io, con il fil di ferro o le scatole di cartone, la fantasia è l’unica cosa che nessuno ti può togliere. Così la mia fantasia è diventata la mia compagna, nessuno può invadere questo spazio che ognuno ha dentro di sé o toccarlo. La solitudine incide sul mio quotidiano, ti fa confrontare con te stesso, la lentezza che metto nel mio lavoro è quasi come una filosofia orientale, va in un'altra dimensione e posso solo trovarla qui, nella campagna dove vivo».
Uomo sanguigno ma di pace assoluta, interpreta la guerra che ognuno di noi vive nel proprio antro segreto, quello nascosto spesso anche a se stessi che lui riporta in superficie mostrandone I segni. Una lucida e consapevole follia che trasporta addirittura in un chiodo tutto un universo immaginifico parallelo.
Così uno sull'altro, uno accanto all'altro e sovrapposti, plasmati dalla sua visione fantastica, dai chiodi nascondono mini installazioni dove il corpo e la testa di questo strumento di edilizia si alternano in forme antropomorfe, trasfigurazioni, sculture.
Enzo mostra davanti ai nostri occhi l'esperienza umana in tutta la sua crudezza e, invece di distogliere lo sguardo inorriditi, ne rimaniamo incantati, così come l'urlo di Munch, o il ciclope di Omero. Le sue opere seguono un filo conduttore incalzante, raccontano storie caricando le figure di inquietanti sottintesi, di sentimenti contrastanti la loro tragicità. Alla fine... cos'è l'arte di Enzo Rinaldi?
Riciclo di oggetti solo apparentemente desueti, visioni fantastiche, tragicità mescolata ad sottile umorismo. Non soltanto arte: nell'insieme del progetto di riqualificazione della Camparìa a Favignana - disegnata da Almeida nella seconda metà dell'Ottocento per le attività collegate alla mattanza - concepito per restituire un luogo simbolo del patrimonio architettonico, antropologico e culturale all'isola, è stato coinvolto tra quelle figure trasversali che nel restauro hanno rappresentato un'avanguardia rispettosa dell'identità storica originaria.
Qui la sua vocazione artistica si è espressa nel design ricavando da vecchi assi di legno lunghi 12 metri e spessi 8 centimetri ristrutturati degli importanti tavoli, sostenuti da antiche catene marinare al posto delle gambe.
Enzo mostra quella parte che non vorremmo vedere ma sappiamo esistere, mette a nudo la crudezza di una esistenza e le sue paure, ma anche la sua semplicità senza sovrapposizioni.
In lui vive un’altra Sicilia, quella omerica, quella atavica dei progenitori, quella dei filosofi e dei tragediografi di cui rimane scolpita memoria nei teatri di pietra.
È anche il direttore artistico del Museo di Arte Contemporanea "Sottosale" nella miniera di Salgemma di Raffo.
Nella sua casa d’artista a Raffo frazione di Petralia Soprana, è possibile incontrarlo, vivere l’esperienza della sua conoscenza, lasciarsi trasportare dalle sue opere, dalle sue parole.
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