AMARCORD
La Sicilia, "Sapore di Sale" e il primo bacio: le estati al karaoke con il (finto) Gino Paoli
Cosa c'entrano un imitatore dagli occhi blu, le vacanze senza telefonino e il primo bacio? Il filo conduttore sta nella canzone del cantante, ispirata a un borgo in Sicilia
Una scena dal film "Sapore di mare"
Telefonini nisba, televisioni non ce ne stavano (e sennò come li facevano tutti quei figli?), e ti buttavano in mezzo a queste tribù di estranei chiamate cugini che non avevi mai incontrato prima in vita tua.
E siccome la zita quella era (cioè non c’era altro), e stavamo anche dove ha perso le scarpe il Signore, la sera partivamo tutti assieme nell’unico posto dove ci fosse concesso andare: una sorta di gelateria/balera dove ci stava questa novità assoluta del karaoke.
"Romagna mia", "Reginella", "Il mio cuore è uno zingaro", "Maledetta primavera", "Il Ragazzo della via Gluck"… insomma, sesso, droga e rock'n roll in stile viva Sant’Eusebio protettore dell’anima mia.
Lo spettacolo su per giù era sempre lo stesso, con qualche variante che andava dalla signora Mimì Tirabusciò (in onore dell’omonimo film di Monica Vitti), che replicava la famosa mossa (nel caso della signora di protesi all’anca), a cali di zucchero improvvisi, fino a dentiere che partivano con i "do" di petto e finivano sotto i tavolini e poi ci davano 500 lire per cercarle.
Tutti lo chiamavano Gino Paoli perché cantava uguale uguale e quando si esibiva lui le gonne delle femmine si alzavano fino alla caviglia, lasciando intravedere la sexy calza emostatica (tanto era stretta), arrotolata poco sopra l’osso "pizziddu".
Il clou della serata si raggiungeva quando cantava "Sapore di Sale", e l’ormone della femmina (o quello che ne restava) circolava libero nell’aria come l’umidità.
Per me lui era Gino Paoli, e lo rimase fino a quando, da grande, trovandomi a Capo D’Orlando venni a sapere di una storia che mai mi sarei aspettato.
È figlio dell’ingegnere Aldo e della casalinga Caterina, Gino, quello vero, e ha appena pochi mesi quando si trasferisce con loro dal Veneto a Genova, città con la quale comincerà la storia d’amore più duratura della sua vita.
La scuola è a sentimento, si sa, o ti piace o non ti piace, e a Gino piace decisamente di più la musica, anche perché hanno un piano forte che mamma suona benino seppur da autodidatta.
Non ha ancora i baffi ovviamente, ma ha già la mente veloce e voglia suonare. Voglia che condivide con gli amici, gente di poco conto all’epoca che però si chiama Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, i fratelli Revereberi e altri della stessa pasta.
Sono proprio i fratelli a fargli avere una audizione con la Dischi Ricordi. È 1959, l’ENI allestisce un pozzo petrolifero marino a largo di Gela, viene commercializzata la bambola Barbie, in Italia si festeggia per la prima volta la festa della mamma, e Gino incide i suoi primi brani ma non se lo calcola nessuno.
Passa un anno e arriva la volta de La Gatta, che viene registrata grazie a Mogol che fa da prestanome perché lui non è iscritto manco alla SIAE.
Sembra un altro insuccesso in caduta libera, poi, complice la fortuna, o forse il merito, finalmente arriva in classifica. Gino da quel momento si consacra, e sempre Mogol propone "Il cielo in una Stanza" a Mina che già in quel periodo è Mina.
Fama, l’incontro con Ornella Vanoni, altri successi come "Senza Fine", e tanto altro. Purtroppo non sono tutte rose e fiori… la vita non è mai solo rose e fiori, specie la sua.
Gino entra nel tunnel dell’alcol, dentro il quale rimarrà fino alla morte di suo fratello proprio per questo stesso vizio.
Alcol a parte, Cupido è sempre in giro negli anni 60’, e mentre accade tutto questo incontra una giovanissima e bellissima attrice che ha ancora quindici anni: Stefania Sandrelli si chiama. È uno scandalo e giornali non fanno sconti a nessuno, figurarsi a lui.
Gino aspetta già un figlio dalla moglie legittima, e come una beffa o forse un sogno, gliene arriva un’altra proprio con Stefania.
L’amore, lo sanno tutti, è bello ma può far male, e il loro fa malissimo al cantante genovese, tant’è che nel luglio del 1963 tocca il fondo.
Lui ha sempre negato che c’entri qualcosa Stefania, ma una pazza e calda giornata di luglio, prende una pistola e si spara un colpo in pieno petto, all’altezza del cuore.
Il proiettile penetra nel petto, si ferma dentro senza toccare organi vitali, e finisce la sua corsa in un punto così delicato che è meglio non asportarlo: da quel 1963 vive ancora con lui e in lui, come un ospite indesiderato che ormai è impossibile sfrattare.
Alt! Fermiamoci un attimo e torniamo indietro di un anno, quando scrive il suo più gran successo, e successo anche del mio Gino Paoli, quello della Balera.
Probabilmente è già finita la storia con Stefania Sandrelli o poco ci manca, Gino si trova in Sicilia per una serata, a Capo D’Orlando.
In una intervista a Massimo Gramellini è lui stesso a raccontare: «Ero venuto a Capo d’Orlando per una serata da fare, con i miei musicisti, nell’unico locale che esisteva.
Dopo lo spettacolo i gestori del locale, una quindicina di "ricchi" del posto, hanno insistito affinché io rimanessi ed hanno invitato a Capo d’Orlando, ed ospitato, anche le famiglie dei miei musicisti.
Siamo rimasti un mese! Non so come hanno fatto, ma sono riusciti anche a pagare tutte le altre serate che avrei dovuto fare quell’estate per farmi rimanere lì. C’era solo la spiaggia e le Isole Eolie. Con un motoscafo facevamo avanti e indietro dalle Eolie e mangiavamo, sulla spiaggia, con la brace, il pesce che si pescava.
Quando sono tornato a casa, dopo un mese vissuto così, ho capito che vivevo in un posto che non mi piaceva, mentre a Capo d’Orlando sì che mi piaceva. Così è nata "Sapore di sale", da un mese vissuto in un posto meraviglioso come Capo d’Orlando».
Io quel bel signore che cantava Gino Paoli non l’ho più rivisto, e probabilmente adesso non c’è più. Però ricordo benissimo che quell’estate davo uno dei miei primi baci ad una ragazzina di cui mi ero proprio cotto come un "malaminchiata", giusto mentre lui cantava “Che cosa c’è? C’è che mi sono innamorato di te…”.
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