STORIA E TRADIZIONI
La Sicilia e il business dell'oro bianco: quando la Valle dell'Eleuterio dolcificò l’Europa
Le operazioni di raccolta e trasformazione del prodotto riuscivano ad impiagare per più di tre mesi, circa novanta operai provenienti anche dalla Calabria o dalla zone interne della Sicilia
La torre- castello di Ficarazzi di Luigi Giardina
Questa coltura introdotta dagli arabi, ed utilizzata nella loro famosa tradizione dolciaria, accrebbe notevolmente la sua diffusione nel periodo normanno divenendo in alcuni momenti, una delle principali voci dell'economia isolana, naturalmente dopo quella granaria, ed una delle più ricche in campo commerciale. Dopo una breve crisi, maturata nella difficile fase di passaggio dal periodo normanno alla dinastia sveva, contraddistinta da varie guerre, nel Quattrocento si ebbe un impetuosa ripresa della coltivazione della canna e della produzione dello zucchero.
Quasi contemporaneamente sorsero lungo la costa del palermitano, da Partinico a Termini, numerosi trappeti, tanto da potersi affermare che "tra il 1375 e il 1440 il centro di produzione siciliano fu il più importante del Mediterraneo ed il più noto tra quelli che fornivano l'Europa".
Le operazioni legate alla raccolta ed alla trasformazione del prodotto riuscivano ad impiagare per più di tre mesi circa novanta operai provenienti anche dalla Calabria o dalla zone interne della Sicilia. La fortissima richiesta “dell’oro bianco” siciliano, attirò una buona cerchia di nobili e imprenditori isolani, che fiutando il business, decisero di investire i loro capitali nella produzione e raffinazione dello zucchero, che veniva poi venduto a carissimo prezzo in tutta Europa a scopo medicinale o come dolcificante. Di questa cordata fecero parte, Pietro Speciale (già pretore di Palermo), Aloisio del Campo (barone di Mussomeli), e Ubertino Imperatore (membro dell’aristocrazia palermitana), che acquisirono in enfiteusi dalla famiglia La Grua il territorio di Ficarazzi per un canone annuo di 20 onze, al fine di impiantare una vasta estensione di canne da zucchero con annessi trappeti (suprano, di mezzo e suttano).
L’iniziativa di questi imprenditori volta ad introdurre sul territorio della Valle una vera e propria operazione di commercio industriale su larga scala, iniziò anzitutto dall’ottenere dalla corona il diritto di censo sulle acque del fiume Eleuterio, e successivamente nell’affidare ad Antonio de Zorura (ingegnere spagnolo) e Nicolaus de Nucho (capomastro palermitano) i lavori per la realizzazione di un acquedotto monumentale che condurrà le acque di Misilmeri, captate dall'Eleuterio, ai campi di canne di Ficarazzi.
Conclusi i lavori nel 1444, è considerato come “l’unico acquedotto siciliano del Medioevo e dell’età moderna ancora esistente; e il primo acquedotto a fini industriali; è tra i più grandiosi acquedotti dell’Italia meridionale”. Le acque convogliate sull’acquedotto arrivavano direttamente presso il “Trappeto” di Ficarazzi, struttura analoga ad un baglio fortificato, munito nel 1468 anche di una grande torre difensiva.
All’interno del trappeto venivano trasportate le canne, che dopo un lungo periodo di maturazione, venivano macinate su grandi mole di pietra arenaria fino all'estrazione per spremitura di una soluzione simile ad un succo, e successivamente lasciate a decantare in un recipiente vegetale. Il succo veniva poi fatto cuocere in apposite caldaie di rame e filtrato fino a raggiungere un grado di purezza tale da poter essere immesso nel mercato. Una volta rese pulite e raffinate, le zolle di zucchero venivano confezionate in una particolare carta azzurrina e spedite in tutta Europa. La crescita demografica del XV secolo portò l’isola ad un consistente raddoppio della popolazione , con esiti evidenti sulla produzione agricola generale.
La domanda interna di cereali, spinse molti produttori ad intensificare o rimodulare le aree agricole per garantire una maggiore produzione cerealicola, a scapito dei cannameleti, che così andarono incontro ad un crollo di produzione e relativa richiesta, perché sostituite dalla produzione dello zucchero americano, venduto a prezzi più bassi rispetto a quello siciliano. Alle vicende legate dello zucchero siciliano si riflesse la parabola discendente del trappeto di Ficarazzi, che costrinse lo Speciale a venderlo nel 1610 al genovese Filippo Doria, il quale lo lasciò per testamento in eredità ai Padri Teatini di Palermo, che manterranno la proprietà fino al momento della cessione al nobile Luigi Giardina, che trasformò il Trappeto e la Torre nell’attuale Palazzo detto “ Castello” di Ficarazzi prolungando l’ala est e nobilitando la costruzione con una superba monumentale scalinata d’accesso.
Così termina la breve ma intensa storia dello zucchero di Ficarazzi, che come abbiamo potuto vedere, è stato un prodotto d’eccellenza della Sicilia, soprattutto tra ‘400 e ‘600, con la sua diffusione ed esportazione in tutta Europa, ma che non seppe mantenere il passo con le nuove esigenze della contemporaneità, determinando la fine di un intero settore produttivo che aveva contribuito ad accrescere le transazioni commerciali siciliane su scala internazionale.
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