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La Sicilia (amata e condannata) nei racconti di una vita: i "Baci a occhi aperti" di Matteo Collura

Così è la Sicilia, raccontata come in un affresco, con un atto d'amore (oscillante e combattuto) da Matteo Collura, giornalista culturale e biografo di Leonardo Sciascia

Jana Cardinale
Giornalista
  • 22 novembre 2020

Matteo Collura

Un'isola-mondo, pregna d'arte, di letteratura, di storia e di storie, di protagonisti famosi e segreti e personaggi minori, e minimi. Così è la Sicilia, raccontata come in un affresco, con un atto d'amore - oscillante e combattuto - da Matteo Collura, autorevolissimo giornalista culturale, biografo di Leonardo Sciascia, agrigentino, legatissimo alla sua terra che conosce davvero come una madre il proprio figlio.

Un’isola che è un mistero, e che, nonostante sia di continuo sotto i riflettori della cronaca, resta un arcano.

Nasce così questo suo ultimo libro, “Baci a occhi aperti – La Sicilia nei racconti di una vita”, dopo i tanti già pubblicati, togliendo qualcosa dal tutto e aggiungendo qualcos'altro.

«Cosa sono i "Baci a occhi aperti"? Sono i tanti baci che ho dato alla Sicilia sempre costringendomi a non chiudere gli occhi – dice l’autore - assaporandone il piacere. In ogni parte di questo libro appare evidente, o dovrebbe apparire, perché questa è stata la mia costante intenzione, lo sforzo di descrivere la Sicilia per quello che è, tenendo a freno l'orgoglio d'esservi nato e l'amore che si ha per la terra d'origine. Provo a dirlo così: è come se nel baciarla, la Sicilia, mi fossi sforzato di tenere gli occhi aperti, continuando, pur nella voluttà, a notarne guasti e difetti. Con il distacco necessario e con un'obiettività indispensabile».
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La Sicilia che è stata definita “l’America dell’antichità”, quando era ricca di materie prime e costituiva il granaio della grande Roma, d’Italia, e continua ad esserlo dal punto di vista dell’informazione e della produzione cinematografica, nel dibattito culturale, dove rappresenta la frontiera del paese.

Collura, però, a proposito delle opportunità di quest’isola, ricorda anche una frase di Sciascia, il suo mentore, che recita: “Il potere è sempre altrove”. “Un potere che prima si poteva andare a cercare. Oggi invece non è più possibile”.

Sicilia amata ed affrontata, protetta e condannata.

«Se dovessi dire d’istinto cos’è la Sicilia per me – aggiunge il giornalista - direi che è un incubo. Sono andato via intorno ai 30 anni, e per tutti noi gli anni determinanti sono i primi. La mia realtà da bambino aveva a che fare con il medioevo; sono nato in una zona povera della Sicilia. Nel guardare avanti oggi mi guardo indietro, anche per vedere da dove vengo. Non so se il mio rapporto con la Sicilia è cambiato, di certo sono cambiato io».

«Sono andato via nel 1977, poco più che un ragazzo dopo aver lavorato al Giornale di Sicilia e al giornale l’Ora, in tempi in cui la professionalità e l’ideologia stavano insieme - aggiunge -. Dopo oltre 40 anni di vita a Milano sono stato portato a baciare la Sicilia, ma con gli occhi aperti. Il cambiamento, a differenza di quello che spesso pensiamo, non riguarda solo quello che ci circonda, ma riguarda noi stessi, ed è enorme, e cambia il filtro».

Nessuno potrebbe negare che la Sicilia è la parte d’Italia più ricca di cantori, ovvero di scrittori consapevoli della contrastante realtà di questo luogo geografico di rara bellezza paesistica, raffinato e selvaggio, tanto da aver scomodato Goethe che scrisse: “Senza conoscere la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”.

E Collura, a partire dal suo primo romanzo, "Associazione indigenti", passando attraverso "Sicilia sconosciuta" e "Qualcuno ha ucciso il generale", per citare solo tre titoli della sua folta produzione, ha più che mai posto il bisturi dentro il cuore della sua terra, indagandone le storiche discrasie con lo spirito tormentato di chi sa vivere dentro il labirintico “abbandono” percorso da inevitabili ritorni.

Come a dire che l’autore si è fatto milanese per motivi di lavoro, legati al “Corriere della Sera”, di cui è stato per lunghi anni inviato culturale, ma non ha mai potuto staccarsi dalla seduzione di nativi spazi impreziositi dalla penna di Pirandello, Tomasi di Lampedusa e Sciascia.

Matteo Collura, da sempre, sa amalgamare evocazione e verità, fatti oggettivi, con una magia che riesce a raccontare sempre cose nuove di una terra comunque, da lui stesso, analizzata e quasi vivisezionata in ogni aspetto. Perché non si finisce mai di parlare della propria terra, di allontanarla o chiamarla a sé, e più si cerca altrove più si trovano nuove occasioni per meglio comprendere il luogo dove si è nati e per un certo periodo vissuti.

«Nel Gattopardo, il romanzo più famoso della Sicilia letteraria – dice - il protagonista che tiene in piedi la storia non è un uomo… Si chiama Concetta, ed è la terzo genita del principe di Salina. È a lei che alla fine il principe Tomasi di Lampedusa affida la chiusura del romanzo e chiude questa saga familiare. E questo non è privo di significato. Concetta è la guardiana di casa Salina, vigilia sui conti, sul disastro economico che riguarda tutti gli aristocratici sul finire dell’800 e inizio del 900 ma anche sulla onorabilità della famiglia».

Una Sicilia fortemente donna, quindi, regina del Mezzogiorno e divina nella sua natura immutabile.

«Come inamovibile è la realtà radicata alla mentalità mafiosa – puntualizza Collura - che proviene dal senso equivoco della famiglia e dell’amicizia. In Sicilia la mafia come organizzazione militare può essere sconfitta, ma se noi possiamo immaginare una sconfitta della mafia, come diceva Giovanni Falcone, stando così le cose non possiamo immaginare una sconfitta della mentalità mafiosa, che è quella che poi fa forte la mafia, che permea la società siciliana, dai preti ai giornalisti, dai medici ai disoccupati, ai residui aristocratici, quasi come un gene. Che non viene né studiato né arginato».

Il più grande peccato della Sicilia è stato quello di non credere nelle idee. Una frase che rimbomba di "dolore". La Sicilia come metafora del mondo: dove la stabilità tanto agognata che si può ottenere non è che una faticosa ricerca di equilibrio; non un valore assoluto cui subordinarvi la libertà e la libertà di pensiero. «La stabilità – dice l’autore - va orientata verso un equilibrio che è in continuo movimento».

E sulla politica, argomento sempre controverso e complicato, dice: «Non ci può essere il bianco e il nero, ma ci sono le sfumature, e questo soprattutto dopo la proclamazione della Repubblica, non fu possibile, perché c’erano conti da regolare e ferite da rimarginare, che però sono rimaste aperte e hanno portato alla mancata armonia di oggi».

I suoi “Baci a occhi aperti” giungono a soddisfare un’esigenza del pubblico di Matteo Collura, che ha chiesto, a più riprese, un nuovo libro. Così sono arrivati i segreti di una terra sospesa tra la "luce e il lutto", come diceva Bufalino. Una terra ai confini tra l’Europa e l’Africa e, proprio perché luogo di frontiera, unica come poche.
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