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La poesia (e Alda Merini) le salvano la vita: Bia e un sogno di bellezza per Castelvetrano

Un giorno, sfogliando il suo diario Smemoranda, s’imbatte in una poesia di Alda Merini. È la prima volta e da quel preciso istante per Bia Cusimano cambia tutto

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 24 luglio 2023

Bia Cusimano

"Ci sono notti che non accadono mai e tu le cerchi muovendo le labbra. Poi ti immagini seduto al posto degli dei". È così che inizia una delle poesie di Alda Merini.

Non una qualunque, ma la preferita di Bia Cusumano, una donna oggi, una bambina nel 1988 che a dieci anni comincia a scrivere le sue prima poesie.

Certo, non deve essere facile star "seduto al posto degli dei", ma neanche essere un’adolescente in quegli anni così turbolenti e controversi. Si spara contro chiunque in Sicilia, si sparano fuochi d’artificio per il festino di Santa Rosalia a Palermo, si spara anche a Castelvetrano per la festa San Giovanni Battista.

In mezzo a tutto quel frastuono, proprio nella sua Castelvetrano, si fatica a trovare le parole per scrivere le poesie, ma Bia è cocciuta e i tappi all’orecchie se li costruisce con i versi e le rime.

Passa poco (siamo ancora alle scuole medie) e oltre all’amata poesia, a cui spalanca le porte e accoglie a braccia aperte, comincia a farle visita anche una sgradita sconosciuta che però è prepotente e la fa subito capire che le terrà compagnia per molto tempo: la fibromialgia.
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"Non tutto il male vien per nuocere", le viene ripetuto come un mantra, ma le parole sono parole e i fatti rimangono fatti.

Non fa niente, Bia si rimbocca le maniche e da questa esperienza impara che ci sono poesie che si scrivono col cuore e altre con la testa dura.

Proprio quella stessa testa dura sarà ciò che la contraddistinguerà per il resto della sua vita. Un giorno, sfogliando il suo diario Smemoranda, s’imbatte in una poesia di Alda Merini.

È la prima volta e da quel preciso istante per Bia cambia tutto.

"Ho provato l’emozione d’aver trovato la poetessa della mia vita. Mi sono riconosciuta in quei versi. Ho visto che Alda parlava d’amore, ma molto spesso di un amore non compreso, parlava di abbandono e di sofferenza causata proprio dalla gente che le stava accanto.

Penso di poter dire di aver trovato in lei il mio alter ego poetico e che molte sue esperienze le sento mie perché le ho condivise… un po’ come guardarsi allo specchio".

Gli anni passano, Bia diventa una donna, continua a comporre versi, ed esame dopo esame si ritrova a dover scegliere una tesi di laurea.

La domanda è scontata, la risposta ancor di più perché la voglia di studiare Alda è più forte di ogni altra cosa: “La follia sacra di una poetessa italiana”, intitolerà.

Ci sono storie segnate fin dal principio, e proprio quella tesi, legata ad un colpo di fortuna, le dà la possibilità di incontrare il suo mito in carne e poesia grazie ad un tramite.

È il 2004, ha 24 anni e dentro la borsa porta carta e penna -perché i versi nascono dal nulla e vanno impressi subito - un pupo di zucchero e della frutta martorana. «Era ghiotta, Alda!», mi dice Bia. «Ma tu ci sei andata così? A scoppo?», le chiedo.

«Come se stessi facendo un’improvvisata a tua zia?» «Esattamente!”

Ho bussato la prima volta ma lei non mi hai aperto… secondo me voleva mettermi alla prova, voleva vedere quanto ero convinta. Quindi ci sono tornata di nuovo e questa volta mi ha aperto e mi ha accolta». «Cosa hai visto quando ti ha aperto la porta?».

«Beh, ho visto lei. Era Alda! Era vestita con una sottoveste, aveva un twin-Set celeste tutto bucherellato a causa delle sigarette, perché evidentemente le cadeva la cenere, e poi indossava delle pantofole con le paillettes color oro, delle grosse collane e lo smalto delle unghie tutto smozzicato».

«Cosa vi siete dette? Cioè, se io incontrassi Willis Haviland Carrier, l’inventore del condizionatore, non riuscirei a parlare perché mi tremerebbero le gambe…»

«Abbiamo parlato tantissimo! Ma soprattutto mi ha letto le lettere che si scambiava nientepopodimeno con Salvatore Quasimodo. Erano tantissime ed erano bellissime…».

«E cosa c’era scritto?» - «Eh, segreto di donne! Ti posso solo dire che i parenti di Quasimodo erano un po’ reticenti per via di questa corrispondenza che ho avuto il piacere e l’esclusiva di leggere.

Al che Alda mi disse: “Signorina, io ero Alda Merini, non una baldracca qualsiasi…».

Passa altro tempo, la fibromialgia non smette di tormentarla, la poesia non smette si curarla.

Nel 2010 finalmente pubblica “De Sideribus”, il suo primo libro di poesie edito dalla casa editrice La Riflessione”, poi è la volta di “Dalla Voce al Canto” edito da Il Filo di Arianna, e di “Sulla soglia del filo spinato” scritto a quattro mani con il noto filosofo Fabio Gabrielli.

La scrittura le da tanto, ma Bia nel 2022 sente di dover ricambiare qualcosa alla sua città, dove insegna letteratura italiana e latina presso il Polo Liceale.

È così che nasce il Palmosa Festival, un festival d’arte e letteratura, il primo che la spesso maltrattata Castelvetrano abbia mai avuto e nato per mano di una donna, prodotto da Palmosa Kore, associazione di cui lei stessa è presidente.

Il Festival ha ospitato numerosi protagonisti della letteratura, passando da Catena Fiorello a Savatteri, e anche quest’anno si aprirà il 14 ottobre.

"Ho voluto concepirlo come sogno di bellezza per Castelvetrano e per questo l’ho immaginato come un format in cui le muse dialogano fra loro. Vi è una parte dedicata alla musica, una dedicata alla presentazione di un libro, una parte dedicata alla danza".

Quando prima di salutarci chiedo a Bia come riesca a fare tutte queste cose contemporaneamente, mi aggiunge che a breve pubblicherà “Trame Tradite”, una raccolta di racconti, edito dalla casa editrice Navarra.

Alla fine me ne vado così, un po’ confuso ma sorpreso perché non ho mai sentito nominare così tante volte Castelvetrano associando tante cose positive.
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