SANITÀ
La nuova cura la salva da una malattia rara: la straordinaria storia di una bimba siciliana
Una bimba di 19 mesi salvata da una grave patologia grazie a una innovativa terapia genica eseguita dai medici del Policlinico Rodolico-San Marco di Catania
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Una patologia rara che comprometteva gravemente molte delle sue capacità motorie, di apprendimento e nel tempo anche quelle vitali. La terapia ha permesso alla bambina un decisivo recupero delle funzioni neurologiche.
Aurora non eseguiva alcun movimento fisico e non interagiva socialmente, anche a causa dei severi deficit nello sviluppo del linguaggio.
I primi risultati delle nuove cure sono stati sin da subito straordinari: a due mesi dal trattamento, infatti, ha mostrato segni significativi di miglioramento delle sue capacità motorie, passando da un immobilismo pressoché totale a un risveglio muscolare che le consente movimenti pian piano sempre più decisi e sofisticati, dapprima solo con gli occhi, adesso anche con la testa, con le gambe e le braccia.
La malattia era stata diagnosticata attraverso lo Screening Neonatale Esteso (SNE) alla nascita, effettuato all’Ospedale dei Bambini “G. Di Cristina” di Palermo che è uno dei due centri di riferimento in Sicilia. La collaborazione tra il Centro dello SNE dell’Università di Palermo e un team multidisciplinare di specialisti della Clinica Pediatrica dell’Università di Catania ha permesso di studiare a fondo il caso, acclarando che la bambina era idonea a ricevere l’innovativa terapia genica, l’unica in grado di cambiare il corso naturale della sua malattia.
Nel luglio 2023 la piccola è stata presa in carico dalla Clinica Pediatrica Universitaria del Policlinico “Rodolico-San Marco”, la struttura con una grande esperienza in tema di malattie neurometaboliche rare e che, per la prima volta al mondo, ha trattato un caso di questo tipo sin dalla nascita della paziente.
Dopo una cura propedeutica di un anno e mezzo, nel dicembre del 2024, è stato possibile procedere con la somministrazione della terapia genica rivoluzionaria che mira a correggere direttamente nel cervello la mutazione genetica alla base della patologia.
L’intervento è stato realizzato da un’équipe multidisciplinare formata da neurochirurghi, anestesisti rianimatori pediatrici, nel presidio neuroradiologi del “San Marco” e del gruppo della pediatria del presidio “Rodolico”, centro di malattie rare che ha in cura la bambina.
A spiegare tecnicamente come è avvenuta la somministrazione della terapia sono stati il direttore di Pediatria del Policlinico, Martino Ruggieri, e il direttore del reparto di Neurochirurgia, Giuseppe Barbagallo.
«La peculiarità del nostro intervento su questa paziente, la più piccola trattata ad oggi – spiega Barbagallo - è quella di essere stata effettuata utilizzando non la tecnica tradizionale stereotassica ma la nuova tecnica combinata tra neuronavigazione unita a Tac intraoperatoria e braccio robotico, cioè la tecnologia robotica applicata alla neurochirurgia.
Abbiamo proposto una metodologia differente che si utilizza oggi per le biopsie e per la cura di alcuni tumori cerebrali, ma anche per determinati interventi di stimolazione cerebrale, quali quelli che si effettuano per la malattia di Parkinson. Utilizzando questa procedura, basata sull'integrazione di tutte queste apparecchiature, abbiamo ottenuto quanto di più moderno oggi la tecnologia offre in ambito neurochirurgico».
Questo trattamento, primo del suo genere, ha permesso di individuare all’interno del cervello della bambina, i punti esatti per l’inoculazione della terapia direttamente all’interno di una zona particolare del cervello, il putamen.
Entrando nel dettaglio, attraverso piccolissimi fori praticati sulla testa della bambina, è stata inserita una cannula guidata dal braccio robotico. I quattro punti profondi all’interno del cervello dove è avvenuta l’infusione del farmaco (preparato dai professionisti dell’Unità operativa di Farmacia del San Marco) sono stati raggiunti utilizzando un piano di navigazione elaborato da moderni neuronavigatori che, sfruttando la fusione delle immagini di Risonanza Magnetica preparatoria e Tac intraoperatoria, hanno guidato il neurochirurgo con assoluta precisione.
La terapia genica, somministrata “in vivo” in un’unica infusione, ha fornito alla bambina la copia esatta del gene mancante attraverso l’inserimento di miliardi di copie di adenovirus inattivato che sono serviti a convogliare il gene mancante all’interno delle cellule nervose, con un impatto sul recupero delle funzioni neurologiche compromesse dalla malattia sino ad oggi estremamente positivo.
«La dopa decarbossilasi - spiega Ruggieri - regola il metabolismo di dopamina e serotonina, i principali neurotrasmettitori dei segnali nel nostro organismo e soprattutto del cervello, mancando i quali la bambina ha avuto un quadro motorio, di sviluppo di apprendimento e di intelligenza molto rallentato».
Un momento particolare per l’azienda sanitaria, ha sottolineato il direttore generale Gaetano Sirna: «L’impegno che abbiamo svolto negli ultimi quattro anni è andato nella direzione corretta, abbiamo percorso la giusta via che ha condotto i professionisti di questa azienda a eseguire interventi di alto livello. L’intervento su questa bambina è dunque il corollario di un’attività che ha fatto sì che l’azienda raggiungesse questo tipo di standard e di risultati».
L’intervento pioneristico offre una nuova prospettiva per la cura delle malattie rare, unendo scienza, innovazione e speranza.
«Abbiamo voluto attendere gli esiti della terapia - sottolinea l'assessore regionale alla Salute Daniela Faraoni - e oggi possiamo finalmente raccontare una storia che ci rende felici e orgogliosi. Da un lato perché si è riusciti a regalare la speranza di una vita dignitosa a una bambina le cui condizioni sembravano disperate, dall’altro perché il sistema sanitario regionale, in primis il Policlinico di Catania, ha dato una prova di assoluta eccellenza, competenza, cooperazione e capacità innovativa sia dal punto di vista medico sia da quello tecnologico e dell’applicazione della ricerca biomedica».
Un successo frutto di un lavoro di grande sinergia con tutti i soggetti coinvolti: la Regione, tramite la presidenza e l’assessorato della Salute, ha fatto la sua parte, attraverso il rapporto con il ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco.
«Un “modello” di intervento che abbiamo perseguito quando ci è stato presentato il caso clinico e la possibilità di utilizzare questa metodologia innovativa – conclude Faraoni -. Avere qui in Sicilia, a Catania, uno dei due centri italiani abilitati alla sua somministrazione è motivo di sprone ad andare avanti per rendere sempre migliore tutta la sanità territoriale al servizio dei cittadini dell’intera Sicilia».
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