AMARCORD
La gonna girava sulla giostra più bella di Palermo: era la "ballerina" del Foro Italico
Apparteneva alla nota famiglia di giostrai Bosso, molto benvoluta dai palermitani. Alla cassa sedeva (quando ci si sedeva) la signora Angela. Vi sblocchiamo un ricordo
Ballerina del Foro Italico (Palermo)
Il professore Terranova sosteneva, invece, fosse la versione trovata nel pacchetto di patatine scadute di Carmen Amaya, la ballerina di flamenco più famosa al mondo.
A parte il compagno Lipari, convinto si trattasse di due marche di marmitte da competizione, nessuno di noi aveva mai sentito parlare né di Amaya né di flamenco.
«Male!» esclamò il professore. «Il flamenco è un tipico ballo sorto nel 1700 nelle zone di Siviglia, in Andalusia, nato per mettere in scena un atto di sfogo emozionale, tramite i movimenti del corpo».
Il compagno Carollo, che viveva proprio a "Largo Siviglia" (una traversa di via Alberto Amedeo), confermò effettivamente questa versione: il giorno di "Santa Lucia" sua zia Maruzza faceva le arancine, suo zio Fofò accattava lo zibibbo, e doppo pranzo abballavano tutti.
Non esisteva palermitano vissuto tra gli anni '70 e gli anni '90 che non l’avesse vista in azione almeno una volta. Stava parlando della famosa “Ballerina” del Foro Italico Umberto I (sì, u Foro Italico si chiama Umberto I), protagonista assoluta del picassiano lunapark cittadino, che era sito in quella parte della città, oggi sgomberata.
Da sostenitore radicale della filosofia empirica, Terranova arruolò frate Attilio come autista del pulmino della scuola e ci portò immediatamente in loco per una gitarella esperienziale.
Non importa cosa imparassimo, ma che imparassimo. Come diceva lui: "ogni ficatieddu i musca fa sustanza" (ogni fegatino di mosca fa sostanza).
Durante il tragitto, ci ricordò che perfino La Ballerina di Siviglia, personaggio dell’allora in voga trasmissione Macao si ispirava al flamenco e a Carmen Amaya.
A quel punto Carollo, ovviamente, si esibì nell’imitazione del palermitanissimo signo’ Di Giovanni 7° piano (Sergio Friscia), ma fu immediatamente soppresso da un sandalo volante di frate Attilio, che lo colpì nel “sonno”, una zona situata pressappoco nell’incisura sopraorbitale del cranio e delegata all’addormentamento.
Quando arrivammo a destinazione, finalmente, ce la trovammo di fronte: subito dopo gli autoscontri, prima della famelica "Casa di King Kong"; che, intanto, pure lui, in attesa di sanatoria, si era evidentemente già portato avanti coi lavori.
La giostra riproduceva una ballerina di flamenco, vestita di un Bata de Cola (così si chiama l’abito da donna del flamenco), immortalata nell’atto di danza, con le braccia incrociate nella tipica posizione del "braceo".
La giostra avrebbe dovuto replicare le piroette esemplari di questo tipo di danza (los giros) che provocano un volteggiamento della gonna, che, dunque, aprendosi, prende le sembianze di un fiore.
Nel caso della nostra ballerina, cioè la giostra, all’estremità della gonna erano situati 20 seggiolini bi-seduta (quelli del Foro Italico erano rossi) sul quale i coraggiosi prendevano posto per godere del famoso "giro".
Oltre a mettere in atto un movimento rotatorio, che imprimeva nei passeggeri una forza centrifuga (infatti, ogni tanto, in giro per il mondo, qualche picciriddo volava dalla giostra), compiva anche balzi dall’alto in basso, grazie all’uso di una pompa idraulica.
Non distante dalla Ballerina c’era il Tagadà, un'altra giostra rotante dove i tasci alfa conquistavano il loro ruolo all’interno delle tribù, cercando di rimanere più tempo possibile in piedi, in equilibrio, sulla pedana in movimento. Non era raro che i passeggeri delle due giostre si scambiassero urla disperate, soffocate dalla musica a palla.
La ballerina apparteneva alla nota famiglia di giostrai Bosso, molto benvoluta dai palermitani. Alla cassa sedeva (quando ci si sedeva) la signora Angela Bosso, ricordata proprio per essere il volto, la front-office dell’attrazione.
Come e quando la ballerina fosse arrivata a Palermo nessuno ne aveva idea (almeno nessuno dei non addetti ai lavori), ma quello che sappiamo è che venne prodotta per la prima volta in Italia nel 1974 dalla ditta Emiliana Luna Park.
In men che non si dica divenne famosa in tutto il mondo e ne furono riprodotte decine di varianti destinate a diventare iconiche (infatti è conosciuta anche come Dancing Fly o Hully Gully). Dopo tutte quelle spiegazioni venne il momento di provarla, promettendo però di non dire niente ai genitori.
Biglietto staccato, tutti a prendere posto: io con Lipari, frate Attilio con Carollo, il professore Terranova con il compagno Antonello Impalà, che però veniva da Messina e tutti chiamavamo semplicemente Antonello da Messina.
Non saprei ben dire cosa successe nel durante, quello che è sicuro è che la colazione di Carollo si trasferì in forma liquida sulla tunica di frate Attilio, Lipari da quel giorno s’innamorò follemente delle pompe idrauliche e il professore giurò che con le gite basta più.
L’esperienza nauseabonda ci colpì nel profondo, come aveva colpito e traumatizzato tutta una schiera di palermitani ignari del pericolo. Nonostante questo, ogni sabato, ogni domenica, tutti erano di nuovo in fila, instancabili, per tornare a ballare con la ballerina.
Forse era masochismo, magari si trattava solamente emetofilia -eccitazione verso la sensazione della nausea e verso il vomito-, fatto sta che la Ballerina fece la storia di quel bizzarro e picassiano lunapark.
Quando tornammo in classe ci accorgemmo di esserci persi Antonello Impalà. Nessuno lo vide più. Per alcuni se ne è tornato a Messina, per altri ha comprato pure lui una ballerina ed oggi gira il mondo…
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