MISTERI E LEGGENDE
La favola di Donna Franca Florio: dallo sfarzo al declino, l'anima dietro la tela di Boldini
Nel 1893 Ignazio Florio sposa Franca Iacona di San Giuliano: bella, ricca e generosa diventa la Regina di Palermo. L'avventura della tela di Giovanni Boldini che immortala
"Donna Franca" di Giovanni Boldini (particolare)
I Florio arrivarono alla fine del Settecento, quando il capostipite Paolo dalla Calabria diede avvio a quella che sarebbe diventata un’epoca irripetibile.
Ci volle un secolo e mezzo, più o meno, per raggiungere apici altissimi e poi - lentamente, e sfortunatamente - andare incontro al declino. A Paolo seguì il figlio Vincenzo, poi il nipote Ignazio senior e infine i pronipoti Vincenzo e Ignazio Junior, protagonisti della quarta e ultima brillante generazione.
Una dinastia che da una piccola spezieria ha costruito un impero: all’inizio era una piccola bottega di spezie e droghe, l’Aromateria Florio, in via Materassai, alla Vucciria, che nel giro di pochi anni arrivò a non avere rivali.
Da lì la storia è scritta nel dna della nostra città. Fu una progressiva ascesa: dalle spezie alle stoffe, al rame e allo zolfo. E poi le fonderie, le tonnare, le cantine vinicole; ma soprattutto i trasporti e le navi, con la Società di navigazione italiana, una delle più grandi flotte d’Europa, che portavano sia merci sia passeggeri fino alla lontana America.
Donna Franca, la Regina di Palermo, rinomata per la sua bellezza e il suo indiscusso fascino, olte al fattore meramente estetico, è stata una donna dotata di grande umanità, straordinaria specialmente per la sua bellissima anima, da ricordare per le molteplici iniziative umanitarie e per il sostegno verso le classi sociali più umili.
Anticipatrice di idee, ha precorso i tempi, con coraggio e intraprendenza, pensando per esempio a delle agevolazione per le donne e le madri lavoratrici, con la creazione di primi asili nido all’interno dei loro vari stabilimenti. Aveva inoltre un ruolo fondamentale accanto al marito nei salotti mondani delle grandi capitali Europee, e all’epoca anche Palermo lo era, meta di regnanti, capi di Stato, artisti, poeti, romanzieri.
Sono gli anni in cui attraverso il mecenatismo, l'arte e la cultura, i Florio lasciano alla città opere immense: il Teatro Massimo, villa Igiea, il villino Florio, la Fonderia Oretea, la Tonnara all’Arenella.
Ricchezza, lusso, successo e mondaneità dunque, ma la vita a a Ignazio e a Donna Franca ha inflitto anche colpi pesanti. Quello più forte indubbiamente la perdita di tre figli, la primogenita - Giovannuzza, morta nel 1902 a 9 anni - dopo pochi mesi muore anche il terzogenito, Ignazio "baby boy" di 3 anni, l’unico erede maschio tanto atteso, in cui Ignazio riponeva tutte le aspettative e speranze per il futuro.
Franca è chiaramente sconvolta, distrutta nell’anima: da lì a poco un’altra gravidanza pare alleviarla ma la sorte continua a infierire e la piccola Giacobina morirà poche ore dopo esser nata. Rimarrà solo la piccola Igea, e in seguito Giulia, che nascerà il 20 aprile 1909.
Le tragedie che colpiscono la coppia si intrecciano con l’inizio di un ventennio che porterà i Florio al declino: gli affari cominciano ad andare male, e tra lo scoppio della prima guerra mondiale e la dilagante crisi, si arriverà a un vero e proprio tracollo, fino all’epilogo.
I Florio però non fallirono mai, pagheranno fino all’ultimo debito, rivendendo tutte le ricchezze guadagnate, uscendone a testa alta, pur non lasciando nulla agli eredi.
Ma prima delle tragedie, in quegli anni d’oro - nella piena stagione del Liberty - c’è chi ha immortalato Donna Franca al culmine del suo splendore. Nel 1901 Ignazio non potè fare a meno di commissionare il ritratto della sua splendida moglie ad uno dei più grandi interpreti della Belle Epoque, autore di magnifici ritratti dell’aristocrazia e delle donne più belle del mondo: Giovanni Boldini, pittore ferrarese che si formò a Parigi negli anni in cui nasceva l’Impressionismo, a cui però non aderì mai.
Forse le atmosfere, le ambientazioni, i contorni sono un po’ impressionisti, ma le figure che spiccano al centro sono come delle sculture di porcellana. Una pittura "scomposta" quella di Boldini, e attorno alla precisione del volto, delle labbra, degli accessori, tutto il resto è in movimento, come segno pre-futurista, quasi astratto.
I suoi tanti ritratti di donne sono stati definiti "icone fragili", come a sottolineare l’intima separazione che c’è tra l’essere e la sua rappresentazione.
Boldini ha ritratto queste donne come volevano apparire ed essere rappresentate, ma nella definizione degli sguardi e dei volti l’artista riesce a carpire uno scintillio dell’anima, che ci rivela la vera natura di queste figure, e nel caso di Franca, riuscendo a cogliere una malinconia quasi premonitrice.
Per realizzare il ritratto Boldini si trasferì da Parigi a Palermo, dove fu ospite dei Florio. La prima versione dell'opera ritraeva donna Franca fasciata da un regale abito da sera nero impreziosito da vari ricami dorati, con lunghe maniche e intarsi ai polsi.
In seguito Boldini interviene sulla tela altre due volte, intorno al 1912 e poi nel 1924, anno che compare sotto la firma. Le modifiche apportate negli anni riguardano principalmente il cambio d’abito, che scopre le braccia e diventa più corto, quasi un aggiornamento dei cambiamenti della moda, e l’inserimento di una seggiola, sulla destra, a coprire l’abbondanza di stoffa del primo abito.
Analisi approfondite hanno confermato che del dipinto esiste una sola versione, smentendo così una certa aneddotica secondo cui Ignazio, preso dalla gelosia, commissionò all’artista un altro dipinto, meno provocante.
Invece il Ritratto di Donna Franca è semplicemente la stratificazione di tre interventi apportati dall’artista in tre momenti diversi. Elementi che restano immutati invece sono lo splendido viso candido di Franca, le labbra vermiglie, il laconico sorriso e i profondi occhi, e l'ipnotica collana lunga 7 metri, composta da 365 perle, una per ogni giorno dell’anno, o - secondo i racconti - una per ogni lacrima versata da Franca per le scappatelle del marito.
Il dipinto - che nel 1903 era stato esposto alla Biennale di Venezia - quando arrivò alla versione definitiva, nel 1924, Ignazio era al collasso con i debiti, e certamente non potè più permetterselo.
Nel 1927 fu quindi acquistato dal Barone Rothschild, che se lo portò in America. Nel 1995 i suoi discendenti lo misero all’asta da Christie's, e dieci anni dopo ricomparve in asta da Sotheby's dove fu acquistato dalla Società Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone, titolare di diversi alberghi di lusso in Sicilia, tra cui villa Igiea. Fu in questo modo che il Ritratto di Donna Franca ritornò a Palermo, esposto proprio in una delle sale dell’antica residenza dei Florio.
Lo scorso anno, quando la suddetta Società si ritrovò a dover liquidare arredi artistici dai suoi alberghi, il dipinto tornò in vendita, questa volta in una casa d’aste romana.
Dopo molteplici sollecitazioni, campagne di sensibilizzazione e anche crowdfunding per far si che l’importante opera restasse a Palermo, il 30 aprile 2017 con un’offerta vincente di 1 milione e 133mila euro i marchesi Annibale e Marida Berlingeri - generosi tanto quanto lo sarebbero stati i Florio - si sono aggiudicati la grande tela - permettendo a Donna Franca di rimanere nella sua città.
I Berlingeri terranno l’opera nel loro palazzo (palazzo Lo Mazzarino, in via Maqueda) ma dal 16 marzo al 20 maggio 2018 è stata esposta a villa Zito.
Il ritratto di Donna Franca diventa dunque l’effige e la memoria dell’intera dinastia dei Florio, in un quadro che racchiude un secolo di storia, la storia di Palermo, la nostra storia.
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