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La duchessa che "coltiva" i talenti siciliani: il sogno di Chiara Fici (per l'arte) a Palermo

Sono tante le storie di è stato aiutato ad esprimere il proprio talento artistico dalla figlia del duca d'Amalfi che ci racconta la sua vita attraverso le loro

  • 28 aprile 2024

Chiara Fici

«Nella vita è importante fare qualcosa di pulito, avere obiettivi validi» questo era più o meno un principio di insegnamento alla "beneficenza" che Chiara Fici, palermitana, figlia del Duca D'Amafi (feudo delle campagne marsalesi di origine genovese) e di Giuseppina Marsala Bonetti, riceve in eredità dalla sua famigia.

Due coniugi che si occupano di sostenere famiglie bisognose con dei modi semplici. Alimenti, abbigliamento, e tanto altro. Chiara è una ragazza molto studiosa e anche un po' introversa. Consegue la laurea in Scienze della Formazione - indirizzo filosofico - pedagogico e la laurea in Dottorato e Arte medioevale. Anche se la famiglia la sprona a uscire di più e a divertirsi.

Alla morte dei genitori Chiara decide di riprendere quell'idea benefica e farne un progetto tutto suo. «Decido così di agevolare quelle famiglie dove ci possono essere dei talenti che restano latenti per problemi economici. Un progetto che ha un filo conduttore con quello dei miei genitori. L'ho solo reso più specifico».
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«Sono ragazzi che hanno talenti artistici, che comprende anche un semplice adolescente a cui può piacere giocare a calcio e che potrebbe diventare un futuro "Pelè", per esempio», dallo sport alla musica, si puo' scoprire sempre qualcosa, continua Chiara Fici. «Sono famiglie prevalentemente dei quartieri Cep, Ballarò e Vucciria. Cerco, quindi, prima di tutto di spronarli psicologicamente a portare avanti un loro interesse», scende così nei dettagli del progetto.

«Una volta individuato il "talento" provvedo ad aiutarli materialmente acquistando spesso uno strumento musicale, o con fondi personali o attingendo a quelli della "Biennale Internazionale Sicily Trinacria" - di cui sono responsabile», spiega materialmente la sua beneficenza nei confronti di ragazzi talentuosi ma appartenenti a famiglie poco abbienti.

Chiara si addentra nelle sue esperienze e racconta la storia di Matteo, 12 anni, che viene da un quartiere complesso come il Cep. Lo incontra tre anni fa in spiaggia a Mondello. Il bambino si trova nella battigia mentre sta provando a disegnare un violino.

«Papà io vorrei suonare il violino» queste sono le parole che Chiara sente proferire da quel bambino che all'epoca aveva 9 anni e poi sente anche la risposta del padre: «Non posso pagarti le lezioni nè tantomeno comprarti un violino».

Chiara si incuriosisce così si avvicina ricordando una frase di sua madre: "Chi domanda non fa errori". Così si presenta ai genitori di Matteo proponendosi per stimolare l'interesse del bambino.

«Ci siamo scambiati i numeri di telefono, i genitori sono stati molto contenti della mia iniziativa». Chiara mette in contatto Matteo con un insegnante di violino e provvede ad acquistare anche un violino di tipo classico per consentirgli di studiare a casa. Avrebbe pensato a tutto lei. Il padre di Matteo contento e stupito da tale generosità mette in contatto Chiara anche con altre famiglie dove ci sono ragazzi con un sogno come quello di suo figlio.

«Quando Matteo per la prima volta ha preso in mano il violino ho pianto», racconta dolcemente Chiara emozionandosi un pò, per essere riuscita nell'intento di aiutare, a far esplodere un amore.

Chiara afferma, inoltre, che sono in aumento i ragazzi che non possono esprimersi in un'arte per problemi sociali. «Le bambine spesso amano il canto, la pittura e la danza classica - spiega Chiara Fici -. Noi curiamo gli artisti a 360 gradi» le piace affermare parlando di lei e di tutti i volontari dell'associazione e degli amici che ruotano attorno alla sua vita.

«Compiuto il "miracolo" non rimaniamo più in contatto, anche se almeno una volta vado a verificare de visu che quel talento vada avanti» spiega Chiara quando le chiedo se restano dei rapporti aperti con la famiglie del ragazzo che è riuscito ad appassionarsi per qualcosa che aveva dentro sè.

«La Sicilia dovrebbe camminare con le proprie gambe, abbiamo tutto, il buon Dio ci ha dato tanto. Viva la Sicilia onesta. Viva l'arte» così conclude Chiara, che spera e sogna per la nostra terra un futuro in arte "made in Sicily".
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