STORIE
La catanese che "sussurrava al pane": la ricetta (vincente) di Valeria per cambiare vita
Come si fa a cambiare vita? Qual è “la ricetta”? Non ce n'è certo una sola, noi vi diamo quella di una donna, madre e avvocato che ha deciso di seguire quella vocina nell'orecchio
Valeria Messina
Quel coro che ti ronza nelle orecchie e ti suggerisce di lasciar perdere, di “non fare sciocchezze", di “pensare alla famiglia”.
E i sogni si afflosciano, come palloncini il cui filo ci è sfuggito di mano. Come si fa a cambiare vita? Qual è “la ricetta”? Una garbata e pragmatica signora catanese ci ha dato la sua. Perché certo non ce n'è una sola, ognuno dovrebbe trovare la propria, ma lei di ricette è davvero maestra dal momento che ha aperto un laboratorio in cui elabora ingredienti straordinari dando vita a prodotti di eccellenza.
Anche se non la conosci l'entusiasmo che trapela dalla sua voce è contagioso! Valeria Messina è una moglie, una mamma, ma è anche un avvocato con un lavoro di responsabilità in una grande azienda a Catania. Una vita freneticamente multitasking come quella delle maggior parte delle donne. E però quando fa la spesa Valeria non riempie di fretta il carrello: è attenta a etichette e ingredienti perché ha due bimbe e vuole crescerle bene, nutrendole di cibo sano. Il pane è il suo cruccio.
Ma la passione che le illumina lo sguardo non ammette repliche! Un anno di aspettativa sul lavoro è il saggio compromesso che le permette di dedicare al suo sogno tutto il tempo che merita, non più solo i ritagli rubati alla quotidianità… e le notti! Comincia a imparare con umiltà, a viaggiare per conoscere altre tecniche di lavorazione, perché si rende conto che il passaggio più difficile è quello tecnico: come fa un avvocato a conoscere le attrezzature del mestiere? La risposta è ovvia per Valeria: facendo la gavetta dai fornai in giro per l'Italia!
Così l'avvocato “apprendista-fornaia” scopre per esempio una macchina fantastica che le risolverà il problema più difficile: si chiama cella di lievitazione e le consentirà di non lavorare di notte! Valeria ha quarant'anni e capisce che la nuova vita è già cominciata! Passo dopo passo arriva il giorno più emozionante, quello dell'apertura del “suo" forno, un piccolo laboratorio che sarebbe riduttivo chiamare panificio perché ha qualcosa di alchemico, di magico. Difficile descrivere l'onda di sentimenti che la sommerge il giorno dell'inaugurazione… Adrenalina, gioia, ansia e timori.
Timori di non essere accolti e compresi, perché quello che fa Valeria è molto molto speciale: il suo forno lavora solo grani antichi siciliani, acquistati da mulini locali. Bianculidda (o Biancuccia), Russello, Maiorca, Perciasacchi, Tumminia (o Timilia), Strazzavisazza ( il più antico tra 52 varietà!) sono i nomi di alcuni fra questi straordinari cereali autoctoni, soppiantati dai moderni grani industriali ma per fortuna tornati in auge grazie al focus acceso dai piccoli produttori siciliani sulle qualità organolettiche delle farine, ottime per realizzare pani, pasta, pizza e dolci: coltivati in modo naturale, nutrienti, ricchi di proteine e fibre, poco glutine, sono grani preziosi per la nostra salute.
Questa scoperta per Valeria Messina è stata uno spartiacque: si è associata a Simenza, realtà siciliana in costante e rapida crescita per la tutela e la promozione dei grani antichi siciliani, e ha anche aderito al PAU, un interessante movimento spontaneo di Panificatori Agricoli Urbani, presente in tutta Italia. Ogni giorno, da marzo 2018, il suo forno s'impegna a produrre un “pane agricolo", ovvero un pane di filiera (corta e certificata): dal campo al mulino al forno, tutti i passaggi del prodotto sulla nostra tavola sono sicuri e tracciabili, come spiega Valeria, perché conosciamo il contadino che ha coltivato il grano, il mulino che lo ha trasformato in farina e chi lo ha lavorato con un lievito madre ( ‘u criscenti) ottenuto dalla stessa farina. Perché (è un segreto che ci regala questa donna fiera e decisa!) «se un pane è di Russello anche il lievito madre deve essere di Russello, se è di Biancuccia il lievito deve essere ottenuto dalla stessa farina e così via…»
L'accoglienza che la città (siamo a Catania) ha riservato alla sua bottega artigianale (possiamo chiamarla così?) ha ripagato Valeria di ogni sacrificio: la prima curiosità si è trasformata in interesse e poi persino in affetto da parte della gente, attirata non solo dal passaparola ma spesso da una scia di profumo che attraversa il quartiere e risveglia i ricordi d'infanzia. È la riscoperta dell’olfatto, il meno usato tra i cinque sensi! E chi se lo ricordava più il profumo del pane di campagna?
Ma se chiedete a Valeria qual è la soddisfazione più grande oggi nella sua nuova professione (e seconda vita…) vi risponderà che sono i suoi ragazzi, che da due sono diventati otto ed è una gioia immensa vederli crescere professionalmente. E con grande orgoglio racconta la sua scelta, scevra da pregiudizi razziali, di inserimento nel suo staff di ragazzi extracomunitari : uno di loro, senegalese, assunto per uno stage, oggi è il responsabile di produzione.
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