STORIA E TRADIZIONI
L'imperatore sepolto a Palermo che visse dopo la morte: i casi del "falso Federico II"
Si crede che lo Stupor Mundi avesse continuato a vivere oltre la morte, nella sua discendenza, o nascosto da qualche parte. Molti si per lui facendo una brutta fine
Statua di Federico II
Una volta diventato adulto ed imperatore, nel 1220, rafforzò l’autorità monarchica, la centralizzazione dell’amministrazione e lo sviluppo culturale. Federico mise in discussione sin dalle fondamenta proprio il potere temporale della Chiesa, affermando il primato dell’imperatore (per diritto divino) rispetto a quello del successore di Pietro.
Il suo atteggiamento gli costò ovviamente scomuniche e anatemi da parte di ben cinque papi (Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX, Celestino IV e Innocenzo IV): costoro videro in Federico l’incarnazione dell’Anticristo e la causa dei mali del mondo.
Già dagli inizi degli anni ’40 del XIII secolo il papato fece circolare diversi racconti, per gettare discredito sul sovrano, dipingendolo come personaggio demoniaco da combattere con ogni mezzo; ma fu soprattutto dopo la morte dell’imperatore che sulla sua figura fiorirono fantasiose biografie e leggende.
Una cronaca, scritta successivamente, racconta che in uno dei rari momenti di lucidità, prima di esalare l’ultimo respiro, al sovrano tornò in mente una profezia (attribuita secondo alcuni a Michele Scoto, l’astrologo di corte): Morirete "sub flore apud portam ferream”, cioè “sotto un fiore, davanti ad una porta di ferro”.
Federico si era sentito male qualche giorno prima, durante una battuta di caccia, quando lo aveva colpito una infiammazione intestinale, con violenti attacchi di dissenteria (lo stesso male che aveva ucciso in giovane età il padre Enrico).
La mattina del 13 dicembre, sentendo ormai avvicinarsi l’ora della morte, l’imperatore indossò l’umile tonaca del terz’ordine dei cistercensi (ordine di cui faceva parte). Intorno a lui erano alcuni fedelissimi, tra cui il figlio Manfredi, l’arcivescovo di Palermo Berardo di Castagna (che gli diede l’estrema unzione) e il medico Giovanni da Procida.
Il moribondo espresse un ultimo desiderio: essere sepolto nella cattedrale di Palermo, accanto alla prima moglie Costanza, al nonno Ruggero, a suo padre e sua madre. Fu così che dopo la scomparsa del sovrano la salma venne trasportata dalla Puglia in Sicilia, fino a Palermo, scortata dal figlio e venne collocata in un maestoso sarcofago di porfido rosso.
Fu proprio il giovane Manfredi colui che comunicò per lettera, con parole d’ammirazione sincera, la scomparsa del padre al fratellastro Corrado: "Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace".
La notizia della morte, però, al di là della ristretta cerchia della Corte, forse per volontà dello stesso Federico, venne tenuta nascosta per un certo tempo.
Fino al gennaio del 1251 la cancelleria emanò dispacci e documenti come se l’imperatore fosse ancora vivo; ma quando la scomparsa del sovrano divenne un fatto notorio, leggende e antiche profezie, che lo avevano accompagnato già in vita, cominciarono a circolare in maniera più diffusa e capillare: ad esempio il vaticinio della Sibilla eritrea, misteriosa veggente dell’antichità.
Affermava, tale profezia, che dopo la morte “Federico sarebbe vissuto e non sarebbe vissuto”: “Chiuderà gli occhi con una morte nascosta e sopravvivrà; e si dirà tra i popoli: "Vive, (e) non vive".
Federico avrebbe dunque continuato a vivere oltre la morte, nella sua discendenza, oppure nascosto da qualche parte. Il cronista Salimbene da Parma scriveva che furono in molti a non credere al decesso dell’imperatore, anche perchè nel corso degli anni, più volte il papato aveva diffuso la falsa notizia della sua scomparsa.
Ancora nel 1302, lo storico e poeta viennese Jans der Enikel (autore della Weltchronik, ambiziosa storia del mondo in 30.000 versi) affermava che nessuno sapeva dove fosse veramente l’imperatore Federico II, ma che soprattutto in Italia si discuteva ancora se fosse vivo oppure morto.
Nacquero così i casi dei “Falsi Federici”: impostori che si spacciavano per lo Stupor Mundi. Il primo di cui si ebbe conoscenza nel 1261, fu un mendicante siciliano, Giovanni de Coclearia, che risiedeva nella zona dell’Etna.
Era un sosia quasi perfetto dell’imperatore, parlava e si muoveva come lui: l’unica differenza è che, diversamente dallo svevo, il siciliano aveva una lunghissima barba. Una volta diffusasi la notizia che costui fosse l’imperatore - tornato in Sicilia dopo un lungo pellegrinaggio durato 9 anni, per adempiere a un voto ed emendarsi dei propri peccati - furono numerosi coloro che andarono a trovarlo per rendergli omaggio, nonostante Federico II risultasse ufficialmente morto da undici anni.
La popolazione lo acclamò con entusiasmo e persino il pontefice, Papa Urbano IV, finse di credere alla farsa: voleva infatti servirsi a suo vantaggio della regale impostura, giovandosi del falso imperatore nella spietata guerra che lo opponeva a Manfredi. Quest’ultimo corse ai ripari: fece immediatamente catturare e impiccare il falso Federico, insieme a dodici dei suoi seguaci.
Dalla fine del Duecento le leggende sul ritorno di Federico II si diffusero soprattutto in Germania (anche se il sovrano non era più stato in quei territori sin dal 1235) e i sosia dell’imperatore si moltiplicarono: nel 1284 ad esempio, una delegazione di alcuni Comuni lombardi, guidata dal marchese d’Este fu inviata a Neuss, in Renania, per conoscere di persona Dietrich Holzschuh, l’uomo che si spacciava per Federico II ma che aveva un aspetto giovanile, mentre il vero Federico, se fosse stato ancora in vit,a avrebbe dovuto avere una novantina di anni.
Eppure in molti credettero all’ impostore, che riuscì a radunare intorno a sé una vera e propria corte, ma che alla fine venne ucciso: fu imprigionato da re Rodolfo d’Asburgo e dopo esser stato accusato di eresia e stregoneria, morì arso vivo.
Né migliore destino ebbe un altro falso Federico II spuntato in Olanda: venne impiccato a Utrecht. Altri “falsi Federici” furono segnalati a Colmar, Lubecca e Stoccarda e tutti fecero una fine terribile.
La leggenda dell’imperatore svevo però rimaneva viva e il mondo ghibellino vagheggiava un successore degno di Federico II, destinato a proseguirne l’opera politica.
In molti speravano nei figli superstiti dello Stupor Mundi, in Corrado IV di Svevia, ad esempio, che però si spense nel 1254 o in Manfredi che morì nel 1266. Il figlio di Corrado, fu decapitato a Napoli nel 1268, dopo un processo farsa.
Corradino, così si chiamava, aveva appena 16 anni e fu l’ultimo svevo: con lui si estinse la dinastia e il sogno dell’impero; ma per duecento anni ancora, tra il XIV e il XVI secolo, altre profezie, racconti e leggende continuarono a invocare il ritorno dell’imperatore che “viveva ancora”.
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