AMARCORD
L'arrivo, la doppia colazione e "a scunzata": la giornata tipo del palermitano a Mondello
Da una posizione "privilegiata" il nostro collaboratore ha "studiato" i comportamenti degli avventori della borgata marinara più gettonata dell'estate
Palermitani a Mondello
Premesso che io Mondello l’ho visitata sempre pochissimo durante l’ estate, poichè le mie pause balneari si svolgevano sempre a Messina, in tempi andati, periodo universitario, per racimolare qualche soldo mi ritrovai a fare il bagnino nella spiaggia libera.
Ai tempi, in Tv, trasmettevano a manetta Baywatch con bagnine prorompenti che mentre correvano, con le loro curve, creavano turbamenti non da poco e bagnini con addominali scolpiti come mafaldine e braccia che sembravano pale di ficodindia, tutte e tutti rigorosamente con abbronzature da copertina.
Io ed i miei "colleghi" eravamo un pò diversi, quasi tutti li per sgubbare qualcosa, eravamo color bianco ducotone, chi più o meno in forma, ma nessuno con fisico da modello, e con la la maglietta color rosso che scoloriva dopo soli due giorni e la scritta "salvataggio" sulla schiena quasi del tutto oscurata dai loghi degli sponsor che patrocinavano l’iniziativa.
Fortunatamente la bassa profondità della acque di Mondello ci vennero in aiuto, ed in tutta la stagione facemmo in totale solo tre salvataggi seri, tutto il resto minchiatelle varie, babbio degli scafazzati e falsi allarmi.
Uno degli innegabili vantaggi di fare il bagnino li, era il posteggio riservato, la possibilità di vedere la spiaggia di Mondello all’ alba e quasi del tutto deserta, e u zu Franco, pilastro portante della ristorazione da spiaggia mondelliana, che arrivando assieme a noi, per prepararsi alla vendita tuvagghia a tuvagghia, ci omaggiava ogni mattina con una ciambella fritta.
In ultima, a non per ultima, la preziosa possibilità di ammirare, ed imparare ad interfacciarsi con alcuni spaccati sociali, nel luogo, dove, le inibizioni venivano un pò messe da parte.
In quei tre mesi, con i colleghi di spiaggia, creammo un schema cronologico d’azione, secondo il quale, il tipico palermitano da spiaggia medio scandiva la sua giornata balneare, anche perchè la fighettitudine, usufruiva dei lidi a pagamento gestiti, fin dal paleolitico, dalla società Italo-Belga, la quale commisurava, e commisura ancora credo, un cozzo di pane ruro pi cani, come pagamento della concessione al Comune.
L’arrivo
I più folcloristici arrivavano a bondo del lapino colore verde lanzo di ramarro. Davanti c’erano lui e lei, ognuno con una fella di deretano fuori dal sedile data la mole non da poco.
L’aria condizionata era assicurata dalle portiere del lapino aperte o, spesso, del tutto assenti. Posteggiavano sopra il marciapiede a circa 0,5 metri dalla spiaggia, e, se avessero potuto, avrebbero collocato il lapino nel punto esatto designato per la giornata.
Dal cassone posteriore cominciavano a scedere un numero imprecisato di picciriddi urlanti che subito comiciavano ad arrampicarsi su e giù per i pini e correre per la spiaggia sollevando nuvole di sabbia nella quali avrebbe avuto difficoltà anche Lawrence d’ Arabia.
Non appena si "scaricavano", si piazzavano davanti la torretta di salvataggio a giocare ed a chiedere, ogni minuto e 30 secondi, quanto volevamo per affittare il pattino con su scritto "salvataggio".
Dal cassone veniva poi fatta scendere a nannà corredata di sedia a sdraio e plaid perchè non si sapeva mai e nell’ ordine: - Imprecisate teglie di diversa misura ricoperte di carta stagnola - Enorme borsa frigo contenente birra atturrata e cocacuela -
N.4 ombrelloni che, uniti con un rotolo di tessuto dalla lunghezza imprecisata, avrebbero costituito la tenda base operativa del nucleo familiare
- U figghiu granni masculu ca zita
- Alcuni muluni agghiacciati che subito venivano messi a mollo onde evitare che si riscaldassero
- Secchielli, racchettoni, palette, formine, Supersantos, sdraiette ed un mostruoso materassino a 6 piazze multicolore
-Pinne, maschera, boccaglio e coltello di lui per andare a pescare i ricci
- Trikke trakke e bummi a mano. Tutto il possibile tranne anche un solo misero sacchetto per cuogghiere a munnizza.
La prima colazione
Montato l’accamapamento con tutto ciò che poteva essere indispensabile, u capu famigghia chiaamava a raccolta u figghiu masculu granni, distogliendolo dalle sucalore che già aveva cominciato a scambiarsi con la zita, per andare a fare colazione e portare qualcosa alle fimmine rimaste in spiaggia.
Si arricampavano dopo circa un’ora con una ‘nguantiera colma di pizzette, arancine, rollò, calzoni fritti e ciambelle, che ci potevano rari a manciare a tutta la spiaggia.
La "sciarriatina"
Di solito avveniva intorno alle 10.30, qualdo il caldo cominciava ad avere la meglio. Il motivo era quasi sempre lo stesso, ovvero le bestioline minorenni che correndo per la spiaggia se ne fottevano se calpestavano teli, oggetti o cristiani e lanciavano pallonate o racchettate tattiche con la precisione di un cecchino.
Al primo rimprovero di qualcuno, partiva i capufamigghia con il suo solito barrito da tricheco alfa che cerca la sfida, “oouuhh a me figghio la lasciari stare! Che è tuo u mari? Picchì un ta discuti cu mia?”.
Toccava a noi bagnini metterci la buona, spiegando al tricheco alfa, che accussi ni faciva appizzare u travaggoiu e noiautri ne avivamo buscare u pani!
La seconda colazione
Di solito si cominciava con qualcosa di leggero. Brioscine ca Nutella, rosticceria avanzata dalla colazione oppure un pò di frutta per mantenersi leggero, che corrispondeva a metà di uno ri muluna in fresco sulla battigia.
Il pranzo
Il momento topico della giornata. La madre conzava il tavolinetto ed apriva le teglie. Anelletti cu fuonno, milinciane fritte a parmigiana, salumeria mista, caciocavallo in agrodolce. I più eroici azzardavano anche una furnacedda pi arrustere li in spiaggia, scandalizzandosi se per caso gli veniva detto che, insomma, non era il caso.
Alla fine dello schiticchio i picciriddi, ricaricati di energie, ricominciavano a correre indemoniati per la spiaggia tra le maledizioni dei presenti, mentre a nannà, abbandonata a se stessa sulla battigia con i piedi a mollo, rantolava per il caldo.
La madre rassettava e sciaquava teglie e piatti a mare, picchi si sape che l’acqua i mari ammazza tutti i microbi, e il capofamiglia, con i sensi annubilati dalla decina di bottiglie di birra con cui aveva accompagnato il pasto, runfuliava facendo tremare monte Pellegrino.
La "sciarratina" degli ziti
Avveniva nel primo pomeriggio di solito. Ad un certo punto, improvvisamente, dalle sucalore si passava in automatico alle urla di lei che rimproverava il futuro padre dei suoi figli di essere un vastaso. Solitamente la causa della sciarratina tra ziti, erano le provocanti curve di qualche bagnante su cui lo sguardo compiaciuto di lui si soffermava un po' troppo spesso fin dal mattino.
"A scunzata"
Finalmente dopo le ore 18.00 circa l’ allegra famigliola cominciava a togliere le tende. Nel vero senso della parola. Tutto veniva caricato nel lapino, compresa la nannà che nel frattempo aveva perso conoscenza, e si avviavano verso casa. Testimonianza del loro passaggio una zona di spiaggia e mare in cui era possibile trovare di tutto, dalla bottiglia di birra vuota, alla stagnola della teglia a qualche picciriddu dimenticato che ancora si dimenava, ed in cui l’equilibrio biologico era del tutto compromesso.
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