ITINERARI E LUOGHI
Indomito e forte come il Nero e la Pizzuta: il borgo in Sicilia nell'Oasi del Gelsomino
Le mandorle e il vino sono le sue eccellenze. Il luogo in cui vi portiamo è anche conosciuto per il suo mare bellissimo e una riserva naturale pazzesca
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Uno scorcio di Avola (foto da fb)
Mandorla e Nero sono eccellenze che s’incontrano percorrendo il territorio tra le province di Ragusa e Siracusa, per trovare in Avola il loro riconoscimento indiscusso.
"Mennule" sono le mandorle DOP coltivate in questa zona della Sicilia. Cultivar ricercate nell’alta pasticceria e confetteria. Tre le qualità: Fascionello, Romana, e la Pizzuta, la più pregiata di qualità superiore. Questa mandorla dal color cuoio e un guscio duro difficile da rompere anche con lo schiaccianoci, ha il seme schiacciato bianco latte. I confetti in un matrimonio che si rispetti non potranno che essere realizzati con questa qualità.
Le mandorle entrate nella dieta mediterranea con i suoi olii, minerali, proteine e fibre, aiutano il cuore riducendo il colesterolo cattivo. Al naturale, dolci, salate, speziate, in latte da bere o in crema per ammorbidire capelli e mani, sono un condensato di salute.
Resistente contro le micro tossine che attaccano di norma le altre mandorle, le qualità di “Avola” sono superiori alle altre.
Torna alla mente la "Mennulara" di Agnello Hornby, dell’immaginario paesino di Roccacolomba che «a 6 anni da piccola aveva cominciato a lavorare nelle squadre di Mennulare. Le sue mani non perdevano una mandorla, senza paura si arrampicava sugli alberi per raccogliere le mandorle più difficili quelle che non vogliono cadere sotto i colpi delle bacchette». Una bellissima storia.
Quella della raccolta a mano da luglio a settembre, fu, ed è ancora un lavoro duro. La gente del posto ha tanti aneddoti, leggende, simbologie, proverbi da raccontare, come quello che recita "Mennula ciuruta ‘nta Innaru nun la metti ‘nto panaru (fiore di mandorlo in gennaio non produrrà frutti)".
Proverbio quanto mai calzante, con il tempo ormai fuori controllo alcuni alberi sono già fioriti; “far quagghiatri a Mennula”, altro detto, vuol dire portare qualcosa o qualcuno a compimento. Speranza, rinascita e fortuna, sono tra i simboli attribuiti all’albero che fiorisce sui rami prima delle foglie, colorando di un incredibile rosa pastello le campagne. Si racconta nella Bibbia che il bastone di Aronne fosse di mandorlo con fiori e mandorle mature.
Conosciute dai greci agli egizi, una mandorla fu trovata nel sarcofago Tutankhamon, arrivò in Sicilia grazie agli arabi, in un territorio particolare ideale per il terreno calcareo, dove l’irrigazione forzata è solo in caso di necessità. La pianta trae preziosi nutrienti dalla terra, condizione che influenzerà qualità e sapore.
I Romani la usarono per mitigare gli effetti del vino, Plutarco riferisce che rientrava tra i “farmaci” consigliati all’Imperatore Tiberio. Nel Medioevo fu utilizzata come filtro d’amore e afrodisiaco. Un bel Museo nella cittadina ha in mostra attrezzi e immagini.
Parliamo di “Nero”, un vino dal profumo sontuoso, caldo, di frutta matura, di confettura di visciole e prugne, con un sentore di cannella. Tannino e acidità sono bilanciati diventando morbidi al palato pur conservando struttura e spessore.
Dalla gradazione importante può essere invecchiato oltre i 10 anni, fatto opportunatamente decantare, dopo aver “respirato”, accompagna piatti di carne o formaggi importanti. Il vino era conosciuto nell’800 come Calaravrisi (calabrese), un errore di adattamento all’italiano, in realtà il significato era Calea (Uva) e Aulisi (Avola), il vino di Avola. Arrivata la coltivazione della vite grazie ai greci, questo può essere considerato un vitigno autoctono che si è avvantaggiato di un clima mite d’invero e della protezione dei venti grazie ai monti Iblei.
Originariamente vino da taglio, divenne da tavola negli anni 60’; è coltivato in varie zone della Sicilia, ma non solo, vi sono produzioni in Australia, California e Turchia. La forma allungata, la polpa molle succosa e dolce dal colore rosso rubino, riporta al mito che narra che la vite germogliò, in questo territorio, dalle lacrime di Dioniso assetato. Un giro per le cantine è d’obbligo alla ricerca delle sue varie declinazioni.
Avola ha le sue eccellenze, e tanta storia, dai Sicani primi in questo territorio, ai Greci, Romani, Arabi, Aragonesi. Il bellissimo Barocco delle sue piazze, edifici e chiese, costruite dopo il terremoto del 1693 che la rase al suolo, sono luoghi dove passeggiare e lasciarsi tentare da mandorla e nero.
La storia però non si è fermata ai tempi antichi, qui il 9 luglio si paracadutarono i soldati statunitensi, prima ancora che iniziasse l’operazione Husky che diede il via allo sbarco alleato durante la II Guerra Mondiale. Gli avolesi li trovarono “appesi tra mandorli e carrubi con la faccia nera di fango e i mitra spianati”, si erano anneriti la faccia per mimetizzarsi. Come altri luoghi Avola non fu immune, di stupri e violenze sulle donne, molti soldati furono trovati morti nei pozzi o nelle miniere.
Carattere indomito come il suo Nero robusto e coriacea come la sua Pizzuta, nel 1968 la cittadina organizzò degli scioperi per abolire il caporalato e le gabbie salariali. Furono fatti blocchi stradali rimossi con brutalità, la polizia sparò ad altezza d’uomo uccidendo due manifestanti e ferendone a decine, pallottole contro le pietre staccate dai muretti della strada.
Ma Avola è anche Ionio, spiagge, un mare bellissimo, come quello dell’Oasi del Gelsomino, all’interno della riserva di Cavagrande del Cassibile; un bel lungomare con la sua rotonda sull’acqua molto scenografica. Degustare le sue prelibatezze qui è un obbligo, pur pensando che sono “lasciti” delle varie dominazioni diventate però eccellenza grazie a questa Terra; perché qui e solo qui, in Sicilia, c’è “la chiave di tutto”, come diceva Goethe.
"Mennule" sono le mandorle DOP coltivate in questa zona della Sicilia. Cultivar ricercate nell’alta pasticceria e confetteria. Tre le qualità: Fascionello, Romana, e la Pizzuta, la più pregiata di qualità superiore. Questa mandorla dal color cuoio e un guscio duro difficile da rompere anche con lo schiaccianoci, ha il seme schiacciato bianco latte. I confetti in un matrimonio che si rispetti non potranno che essere realizzati con questa qualità.
Le mandorle entrate nella dieta mediterranea con i suoi olii, minerali, proteine e fibre, aiutano il cuore riducendo il colesterolo cattivo. Al naturale, dolci, salate, speziate, in latte da bere o in crema per ammorbidire capelli e mani, sono un condensato di salute.
Resistente contro le micro tossine che attaccano di norma le altre mandorle, le qualità di “Avola” sono superiori alle altre.
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Ho avuto modo girando in questo magnifico territorio di trovare un’azienda di donne, che dalla Mandorla di Avola hanno ricavato incredibili preparazioni. Sono Mennulare, non solo raccoglitrici come una volta, ma imprenditrici.Torna alla mente la "Mennulara" di Agnello Hornby, dell’immaginario paesino di Roccacolomba che «a 6 anni da piccola aveva cominciato a lavorare nelle squadre di Mennulare. Le sue mani non perdevano una mandorla, senza paura si arrampicava sugli alberi per raccogliere le mandorle più difficili quelle che non vogliono cadere sotto i colpi delle bacchette». Una bellissima storia.
Quella della raccolta a mano da luglio a settembre, fu, ed è ancora un lavoro duro. La gente del posto ha tanti aneddoti, leggende, simbologie, proverbi da raccontare, come quello che recita "Mennula ciuruta ‘nta Innaru nun la metti ‘nto panaru (fiore di mandorlo in gennaio non produrrà frutti)".
Proverbio quanto mai calzante, con il tempo ormai fuori controllo alcuni alberi sono già fioriti; “far quagghiatri a Mennula”, altro detto, vuol dire portare qualcosa o qualcuno a compimento. Speranza, rinascita e fortuna, sono tra i simboli attribuiti all’albero che fiorisce sui rami prima delle foglie, colorando di un incredibile rosa pastello le campagne. Si racconta nella Bibbia che il bastone di Aronne fosse di mandorlo con fiori e mandorle mature.
Conosciute dai greci agli egizi, una mandorla fu trovata nel sarcofago Tutankhamon, arrivò in Sicilia grazie agli arabi, in un territorio particolare ideale per il terreno calcareo, dove l’irrigazione forzata è solo in caso di necessità. La pianta trae preziosi nutrienti dalla terra, condizione che influenzerà qualità e sapore.
I Romani la usarono per mitigare gli effetti del vino, Plutarco riferisce che rientrava tra i “farmaci” consigliati all’Imperatore Tiberio. Nel Medioevo fu utilizzata come filtro d’amore e afrodisiaco. Un bel Museo nella cittadina ha in mostra attrezzi e immagini.
Parliamo di “Nero”, un vino dal profumo sontuoso, caldo, di frutta matura, di confettura di visciole e prugne, con un sentore di cannella. Tannino e acidità sono bilanciati diventando morbidi al palato pur conservando struttura e spessore.
Dalla gradazione importante può essere invecchiato oltre i 10 anni, fatto opportunatamente decantare, dopo aver “respirato”, accompagna piatti di carne o formaggi importanti. Il vino era conosciuto nell’800 come Calaravrisi (calabrese), un errore di adattamento all’italiano, in realtà il significato era Calea (Uva) e Aulisi (Avola), il vino di Avola. Arrivata la coltivazione della vite grazie ai greci, questo può essere considerato un vitigno autoctono che si è avvantaggiato di un clima mite d’invero e della protezione dei venti grazie ai monti Iblei.
Originariamente vino da taglio, divenne da tavola negli anni 60’; è coltivato in varie zone della Sicilia, ma non solo, vi sono produzioni in Australia, California e Turchia. La forma allungata, la polpa molle succosa e dolce dal colore rosso rubino, riporta al mito che narra che la vite germogliò, in questo territorio, dalle lacrime di Dioniso assetato. Un giro per le cantine è d’obbligo alla ricerca delle sue varie declinazioni.
Avola ha le sue eccellenze, e tanta storia, dai Sicani primi in questo territorio, ai Greci, Romani, Arabi, Aragonesi. Il bellissimo Barocco delle sue piazze, edifici e chiese, costruite dopo il terremoto del 1693 che la rase al suolo, sono luoghi dove passeggiare e lasciarsi tentare da mandorla e nero.
La storia però non si è fermata ai tempi antichi, qui il 9 luglio si paracadutarono i soldati statunitensi, prima ancora che iniziasse l’operazione Husky che diede il via allo sbarco alleato durante la II Guerra Mondiale. Gli avolesi li trovarono “appesi tra mandorli e carrubi con la faccia nera di fango e i mitra spianati”, si erano anneriti la faccia per mimetizzarsi. Come altri luoghi Avola non fu immune, di stupri e violenze sulle donne, molti soldati furono trovati morti nei pozzi o nelle miniere.
Carattere indomito come il suo Nero robusto e coriacea come la sua Pizzuta, nel 1968 la cittadina organizzò degli scioperi per abolire il caporalato e le gabbie salariali. Furono fatti blocchi stradali rimossi con brutalità, la polizia sparò ad altezza d’uomo uccidendo due manifestanti e ferendone a decine, pallottole contro le pietre staccate dai muretti della strada.
Ma Avola è anche Ionio, spiagge, un mare bellissimo, come quello dell’Oasi del Gelsomino, all’interno della riserva di Cavagrande del Cassibile; un bel lungomare con la sua rotonda sull’acqua molto scenografica. Degustare le sue prelibatezze qui è un obbligo, pur pensando che sono “lasciti” delle varie dominazioni diventate però eccellenza grazie a questa Terra; perché qui e solo qui, in Sicilia, c’è “la chiave di tutto”, come diceva Goethe.
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