ATTUALITÀ
In un “mare” di guai: a rischio chiusura l’ospedale delle Tartarughe di Lampedusa
Le sue vasche hanno visto passare oltre 5000 specie di Caretta Caretta, di cui oltre 2000 sono state operate e salvate dai medici e dai volontari del centro
Il centro di Lampedusa
Il centro di recupero “Lampedusa Turtle Group” è il centro di soccorso marino presente da oltre 30 anni sull’isola di Lampedusa che, come associazione di volontariato, si dedica al soccorso e alla cura delle tartarughe marine.
Le sue vasche hanno visto passare oltre 5000 specie di Caretta Caretta, di cui oltre 2000 sono state operate e salvate dai medici e dai volontari del centro. Eppure a causa di alcuni problemi amministrativi (come la mancanza di cambio di destinazione d’uso) il centro rischia di chiudere i battenti e le “Carette Carette” di dover migrare verso un altro centro ad Agrigento.
«In più, tra non molto tempo, l’assessorato territorio e ambiente, servizio demanio marittimo, al quale fanno capo i locali dove risiede attualmente il centro li vorrà restituiti per provvedere a delle opere di ristrutturazione già preventivate, per cui se non troviamo un altro posto idoneo dove andare il centro di Lampedusa è destinato a chiudere».
L’associazione vive di risorse e di forze proprie: sono circa 150 i volontari che ogni anno si dedicano al centro, molto dei quali sono anche degli studenti che vengono da fuori per fare esperienza sul campo. Ogni volontario da il suo contributo e nel periodo estivo grazie a qualche visitatore generoso, l’ospedale marino riesce a coprire le spese annuali, a compare i medicinali di base e a sbarcare il lunario.
Per l’esperienza trentennale maturata e per le innovative cure mediche e tecniche messe a punto proprio nel centro dal dottore Antonio Di Bello, chirurgo della facoltà di medicina veterinaria di Bari, l’ospedale di Lampedusa rappresenta oggi un importante punto di riferimento non solo del Mediterraneo ma anche per tutti gli altri centri d’Europa. «Grazie ad alcuni volontari é già partita anche una petizione online per salvare il centro che ha raccolto oltre 87.000 firme».
«Siamo senza luce da 4 anni - continua Daniela - ci alimentiamo con un generatore che abbiamo dovuto acquistare e che facciamo a turno ad accedere e spegnere per oltre 10 ore al giorno per evitare che si surriscaldi». L’associazione ambientale dal 2009 opera sotto l’etichetta di centro di recupero del WWF Italia.
Daniela e gli altri angeli volontari non si vogliono arrendere e hanno tutta l’intenzione di salvaguardare la salute degli animali e anche l’opera e i sacrifici di chi dal 1990 ad oggi ha dedicato tempo, energie e tanti sorrisi ad un bene comune qual’é quello della salute degli abitanti dei nostri mari.
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