CULTURA
In Sicilia le trovi nei nomi di fiumi, strade e piante: tracce (arabe) nella Città delle Terme
Gli arabi, si sa, hanno lasciato un segno indelebile sull'isola. Sulla sua storia, i suoi edifici, sulla sua cucina. In questa città in particolare la loro eredità è ben visibile
La via Gisira a Termini Imerese
Ad esempio il torrente “Barratina”, piccolo corso d’acqua che l’ambisce il centro storico, proviene dall’arabo “bahr al-tin” e si riferisce al corso torrentizio che nelle stagioni dell’anno si modificava in un lago o in una pozza di fango.
Ed ancora via "Bevuto" dall’arabo “buyut” che significa acqua salutifera; via Cuba dall’arabo “Qubbah” a causa della presenza di una torre piezometrica sormontata da una cupola.
Ed infine via "Gisira" dall’arabo "gazirah" o "jazira" che significa isola e via “Selva Bagni” dall’arabo “hirbak” che indicava la presenza di un edificio diruto.
La conquista da parte degli arabi permise l’introduzione di diverse coltivazioni, come il carrubo, il gelso e gli agrumi. In città, ad esempio, era molto diffuso il sommacco, in siciliano "summaccu" dall’arabo "summàq".
Una di queste è il torrione dell’attuale campanile di Sant’Orsola sito nel quartiere storico denominato “Rocchicelle”, un tempo chiamato delle “Balate” dall’arabo “Balāt”, "lastra di pietra".
Questa torre venne realizzata su preesistenze di epoca romana ed era chiamata “torre dei Saccari” dall’arabo “Saqqarah” che significa “edificio adagiato sulla rocca”. L’arrivo degli arabi a Termini Imerese risale all’832 e precisamente dopo un anno dalla caduta di Palermo.
Le cronache riferiscono che il compito di conquistare la città fu affidato al condottiero Aausman Mohammed che con un esercito di 10.000 soldati, si mise in marcia da Palermo in direzione Termini. I termitani, grazie alle possenti mura difensive di cui era munita la città, resistettero a diversi attacchi al punto che gli invasori dovettero ripiegare nei pressi dell’attuale Trabia.
Ma considerato che la potente armata di Mohammed, prima o poi, avrebbe conquistato la città, i termitani decisero di trattare pur di evitare inutili perdite di vite umane.
Avviata la negoziazione le parti trovarono facilmente un accordo e l’esercito arabo entrò in città ottenendo il comando, organizzando il suo quartier generale nel castello. Il primo provvedimento del condottiero arabo fu quello di riparare le mura della città, decisamente danneggiate durante i ripetuti attacchi.
Così dopo aver insediato in città una guarnigione di circa mille uomini il comandante lasciò Termini verso altre conquiste nell’isola. Durante la dominazione araba numerosi viaggiatori si soffermarono nella città delle Terme.
Tra questi citiamo il geografo Idrisi, quando nel 1138, ospite della corte di Ruggero II, passò da Termini e annotò nei suoi appunti una minuziosa descrizione della città dove si potevano ammirare una cinta muraria, la rocca che sovrasta il mare e la presenza di due bagni termali.
Nella descrizione viene, inoltre, segnalato la presenza di una imponente struttura: l’anfiteatro romano, un’opera architettonica costruita nel I secolo d.C., e sito nei pressi dell’attuale "Villa Palmeri".
Nei due secoli e mezzo di dominazione araba in città furono eretti numerosi edifici e mosche che con l’avvento dei Normanni furono trasformati secondo i loro gusti e le loro esigenze, usufruendo però della bravura delle maestranze arabe.
La presenza, in città, di alcuni edifici religiosi viene confermata da Ibn Giubayr, un altro viaggiatore arabo, che nel 1184, quando già la Sicilia era normanna da oltre un secolo, così scriveva a proposito di Tarmah (Termini): “I musulmani vi hanno un sobborgo grande dove trovansi le loro moschee.
Ha una rocca eccelsa, inespugnabile. Nella parte bassa della Rocca scaturisce un’acqua termale che rende superfluo ai cittadini la costruzione di un bagno”.
La presenza degli arabi è anche manifestata attraverso la scrittura incisa nella pietra. Di particolare interesse è un’epigrafe, oggi conservate al Museo Civico di Città, che con molta provabilità rappresenta una delle più antiche testimonianze arabe in Sicilia.
Realizzata in blocchi in pietra la scritta è scolpita in leggero rilievo e si doveva trovare, almeno fino al 1860, ben visibile nel muro contiguo della porta meridionale del castello.
Il testo commemora la costruzione di un edificio, non identificato, realizzato durante il periodo quando al potere c’era il califfo al-Mu’izz.
Nella scritta si leggono anche due nomi. Il primo è quasi certamente quello del committente: Gawhar al-Siqilli, forse si tratterebbe di un famoso condottiero militare. Il secondo è da attribuire al costruttore dell’edificio individuabile con il nome di Ahmad figlio di al-Hasan.
Secondo alcuni studiosi, alla luce di quanto riferito da Idrisi, in merito all’esistenza in città di un “nuovo” castello e di due edifici termali, non è da escludere che questa epigrafe aveva lo scopo di celebre la costruzione di uno di questi edifici.
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