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In Sicilia c'è uno degli altari più grandi del mondo greco: qui sacrificarono 450 tori

Al centro, prestando fede a quanto tramandato, si ergeva il podio sul quale avveniva la combustione sacrificale per onorare Zeus Eleutherios, il "liberatore"

  • 14 gennaio 2023

L'Ara di Ierone II a Siracusa

Di rilevante pregio storico-culturale, L’ara di Ierone II costituisce indubbiamente una delle attrazioni più sorprendenti del patrimonio archeologico siracusano.

Secondo le fonti storiche il maestoso altare fu edificato su iniziativa dell’omonimo regnante per commemorare sia la caduta di Trasibulo, tiranno appartenente alla dinastia dei Dinomenidi, che per onorare Zeus “Eleutherios". Soprannominato il “liberatore”, la tradizione mitologica lo identifica come il re degli dèi “Olimpi”, il dio del cielo e il governatore dei fenomeni meteorologici.

Allo stato attuale, del poderoso monumento si conserva solamente la sezione basamentale. Quanto, invece, alla struttura originaria sappiamo che vantava un’estensione di circa duecento metri, una lunghezza di ventidue metri e un’altezza di quasi quindici metri.

Inoltre, siamo a conoscenza che nel XVI secolo l’antica costruzione fu destrutturata da parte degli spagnoli per ricavarne dei materiali utili all’edificazione di ville e, soprattutto, alle fortificazioni di Ortigia.
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In ogni caso, la ragguardevole notorietà del complesso edilizio si può arguire da una testimonianza rilasciata da Diodoro Siculo, storico siceliota vissuto nel I secolo a.C.. Quest’ultimo, infatti, in uno dei suoi scritti riporta che proprio lì una moltitudine di cittadini presenziò all’immolazione di ben 450 tori per rendere omaggio alla divinità.

L’episodio tramandato getta luce anche sulla fitta densità demografica di cui era espressione la “polis” di Siracusa. In più, a seguito di numerose perlustrazioni in loco, si presume che l’ingresso al monumento era caratterizzato da due rampe d’accesso situate rispettivamente presso le testate nord e sud.

Al centro, prestando fede a quanto tramandato, si ergeva il podio sul quale avveniva la combustione sacrificale. Il lato d’accesso della scalinata nord era, altresì, protetto e sorretto da due telamoni.

Ad oggi, tuttavia, è possibile scorgerne stentatamente uno solo: l’unico frammento individuabile è il basamento con i piedi scolpiti nella roccia.

Oltre a ciò, le indagini in situ hanno appurato che il grandioso “edificio cultuale” sorgeva su un’ ampia piazza circondata da un portico dotato di quattordici colonne sui lati brevi e ben sessantaquattro sui lunghi. La parte centrale è inquadrata da un propileo, probabilmente realizzato in piena età augustea, che sembra obliterare lo spazio di una precedente strada incassata nella roccia.

In mezzo alla piazza, con relativa certezza, figurava pure una grande vasca destinata a sostenere una statua. Destano altrettanta curiosità le numerose cavità di forma quadrangolare, sebbene non più perfettamente visibili, che si aprono in ogni parte dell’area sacrale.

Poste a distanza simmetrica e regolare, tuttora gli archeologi non sono riusciti a decifrarne l’esatta funzione. Non a caso, nel corso degli anni, i ricercatori hanno formulato varie ipotesi ricostruttive: alcuni presuppongono che siano delle semplici buche per alberi, mentre, altri li associano a degli alloggiamenti di cippi adoperati per legare i tori poco prima del sacrificio.

Ad ogni modo, questa incredibile opera monumentale rientra nel novero dei più grandi altari del mondo greco rappresentando, al contempo, il periodo aureo di Siracusa ai tempi di Ierone II. Sotto la sua lunga reggenza, precisamente dal 269a.C. al 215 a.C., l’urbanistica siracusana fu sottoposta ad un processo di profonda innovazione che ridisegnò il volto dell’antica città. Ciò malgrado, dopo la morte del “basileus” l’atavico splendore andò incontro ad un inesorabile declino.
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