ITINERARI E LUOGHI
Il "Santuario delle acque" a due passi da Selinunte: uno dei siti più antichi in Sicilia
In un lungo costone roccioso sito all'interno di una grande cava attiva sino agli anni Sessanta-Settanta sorge un’area dall'enorme importanza. Per molti è "Lu Strittu"
Il Santuario delle acque in Sicilia
È il sito dello Stretto (Lu Strittu) che prende il nome dalla contrada omonima. Nelle vicinanze dell'ex feudo di Donzelle (appartenuto alla città di Castelvetrano e sottratto nel 1846 a favore della città di Partanna), una volta usciti dal centro cittadino, dopo appena 3 km di strada è possibile raggiungere l’area archeologica.
Percorrendo la vecchia tratta per Corleone, l’attenzione del visitatore cade verso un ambiente che cambia colore repentinamente.
Difatti, in un lungo costone roccioso sito all'interno di una grande cava attiva sino agli anni Sessanta-Settanta sorge un’area dall'enorme importanza. Allo stesso tempo (come da consuetudine) prevale l’incuria totale. Per molti è “Lu Strittu”, ma la vera denominazione è “il Santuario delle Acque”.
Gli ultimi scavi effettuati dall'archeologo Sebastiano Tusa diedero alla luce dei riferimenti. Nonostante fossero i primi accertamenti effettuati, affermò con esattezza la datazione di quel luogo. Il sito rappresenta uno degli insediamenti più antichi presenti in Sicilia, specie nella zona occidentale della nostra regione.
È circoscritto tra la fine del VII secolo a.C. e la metà del VI secolo a.C. I “nostri” predecessori preistorici misero in atto l’ingegno e sfruttarono il territorio grazie alla presenza idrica che rendeva i luoghi fertili.
La scoperta dei sistemi redditizi di agricoltura e pastorizia dettarono un profondo cambiamento e il sito è una delle testimonianze che ha permesso lo studio di un radicale rinnovamento della vita umana.
Quando le risorse iniziarono a scarseggiare, la popolazione emigrò per la mancanza delle materie prime e si spostò verso una nuova città. Tra queste, la vicina Selinunte che iniziava il suo percorso storico. La zona Stretto deve il suo nome ad un profondo taglio nella roccia.
Oggi la strettoia è soltanto un ricordo perché la cava ha alterato i luoghi e cancellato l'originaria fisionomia. Una delle caratteristiche dell'insediamento è la presenza di un originalissimo fossato o trincea artificiale. Ha raggiunto una lunghezza pari a 13 metri e molto diversa rispetto ai soliti 2-3 metri.
È profonda 4 metri. Presenta una stratigrafia caratterizzata dall'alternanza di strati sabbiosi o limosi con lenti di cenere e carbone. Abbondanti sono i resti ossei di pasto, pertinenti quasi totalmente alla fauna di tipo domestico.
L'intero sistema di fossati - trincee potrebbe aver avuto una dinamica funzionale ripartita in due momenti principali.
La fase più antica è (ipotesi) legata a situazioni di tipo culturali o inserita in un sistema di approvvigionamento idrico. La fase più recente attesta un utilizzo del fossato-trincea come abitazione o discarica di suppellettili e resti di pasto. Sono stati rinvenuti anche una quantità innumerevole di ceramiche bi-tricromiche e quelle di meandro spiralica.
La maggior parte si trovano presso il museo sito all'interno del Castello Grifeo e altri al museo regionale Antonino Salinas. Nell’area rivolta a sud sono presenti i maggiori ritagli e un fossato facenti parte della rete idrica. Proprio in questa zona è stata scavata una galleria nella calcarenite.
Si tratta di un tunnel dal diametro poco più piccolo di due metri che scende controcorrente e obliquamente verso il piccolo ruscello (un tempo pieno d’acqua). Al suo interno alcuni gradini e superfici spianate indicavano l'arrivo delle acque a livelli ove era possibile attingere o effettuare culti lustrali.
Del sito fa parte anche una necropoli dell'antica età del bronzo datata tra il 2200 a.C. e il 1800 a.C.). Sono stati trovati degli oggetti in ceramica arditi di boccali e vasi cerimoniali a forma di clessidra. La peculiarità originale risiede nella decorazione dipinta in bruno su fondo giallo o rossiccio.
Tale decorazione si articola attraverso complicati e fantastici giochi di elementi geometrici basilari quali il triangolo, la losanga, il reticolo e altri ancora. Ci troviamo di fronte alla cultura del Bicchiere Campaniforme. Rappresenta l'elemento tipico di un consistente insieme di materiali pertinenti a una determinata etnia.
La tesi dell’archeologo Tusa è stata confermata dal ritrovamento di un cranio trapanato in una tomba a grotticella. Essa ha un arrangiamento dolmenico antistante e corredo composto anche di elementi campaniformi.
La tomba più interessante è stata registrata sul fianco sinistro del Vallone Stretto.
Si apre nella parete rocciosa con l'ingresso rivolto verso occidente. Purtroppo la tomba era stata parzialmente violata, ma l'intervento di ricerca ufficiale effettuato nel 1988 portò al recupero di numerose testimonianze importanti.
Vennero raccolti un'elevata quantità di elementi del corredo originario nonché la totalità dei resti osteologici relativi agli individui inumati. È scavata nel fianco calcarenitico a circa. 20 mt. dal fondo del vallone.
Trattasi probabilmente di una cavità naturale successivamente adattata a sepoltura. Gli aspetti archeologici dell’intera area sono innumerevoli. Il lavoro svolto dalla dottoressa Conte è stato impeccabile.
Per anni ha portato avanti un progetto di gemellaggio tra le scuole di Partanna e quelle spagnole di Alicante. Una finalità in ambito turistico e di conoscenza storica del territorio oltre a quelli sociali. Un percorso intrapreso con senso morale e poi, distrutto dalle mancanze istituzionali.
Il sito archeologico vive in uno stato di degrado profondo. Una manifestazione incresciosa dove manca la manutenzione ed è andata bruciata la passerella. Urge un intervento completo per non perdere completamente un pezzo della storia antica.
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