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Il periodo dell'Avvento in Sicilia: un viaggio tra la storia più antica e i dolci tradizionali

Dalle Novene dell'Immacolata alle esibizioni dei "ciaramiddari"davanti alle cappelle votive. L'Isola si anima con suoni e sapori tradizionali nel periodo delle festività natalizie

Balarm
La redazione
  • 8 dicembre 2020

le tradizionali "ciaramedde" siciliane

Dalla fine del mese di novembre l’atmosfera e i preparativi del Natale cominciano a fare capolino nelle famiglie, rispondendo al richiamo di quel preciso periodo che viene definito “Avvento”, dal latino “adventus” cioè venuta.

Per i più fedeli della tradizione, principalmente religiosa, il Natale, infatti, non è circoscritto semplicemente ad una manciata di date sparse a cavallo tra i mesi di dicembre e gennaio ma inizia ben prima con attività che, giorno dopo giorno, preparano alla celebrazione della nascita di Gesù.

Anche la Sicilia, ovviamente, ha sempre celebrato questo momento con attività solenni, come i messaggi dell’Avvento, diffusi dalle arcidiocesi, e con attività culturali tradizionali che attingono alla storia folcloristica dell’Isola.

Tutto ha inizio il 29 novembre, con la Novena dell’Immacolata, e si conclude il 6 gennaio.

Tra tavolate preparate per i poveri del paese, realizzazioni di dolci tipici del periodo, messe in scena dei presepi viventi e rappresentazioni drammatico-musicali della Natività davanti le cappelle votive, ogni angolo della Sicilia, nei secoli, si è sempre animato in questo periodo.
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A causa della pandemia, va da sé, quest’anno molte manifestazioni non potranno essere riproposte ma, nel voler continuare a tenerne viva la memoria storica vogliamo rispolverarne qualcuna.

A cominciare dalle Novene dell’Avvento, che animavano con canti e antichi drammi sacri vicoli e quartieri interi.

La loro sequenza narrativa era, così come per i Misteri Pasquali trapanesi ad esempio, sempre la stessa, in sequenza: Annunciazione, Natività e Fuga in Egitto; sequenza già nota nel medioevo con il nome di “officium pastorum”.

Queste rappresentazioni trovavano il loro completamento con note e sonorità prodotte da strumenti musicali molto antichi, alcuni oggi quasi introvabili.

A tal proposito famosissimi già dalla seconda metà del ‘600 erano gli “Orbi di Palermo”, suonatori e cantori ambulanti ciechi, appunto.

Riuniti in congregazione dai padri Gesuiti diffondevano presso il popolo un grande numero di testi in siciliano con temi religiosi.

Dai canti di Natale alle storie dei Santi, con un repertorio che spaziava anche tra le diverse ricorrenze annuali della Chiesa: così si diffondeva nei ceti più popolari la tradizione cattolico cristiana.

Le così dette “orchestrine degli Orbi” - di cui si trovano testimonianze fino alla fine degli anni ’70 - erano formate da una coppia o da un trio di suonatori di strumenti a corda, principalmente chitarra e violino o due chitarre e un violino. Il testo veniva cantato da uno dei suonatori mentre gli altri eseguivano le parti corali.

La Novena era aperta da un brano strumentale denominato “Musichetta”, dopo il quale si eseguiva il canto, per chiudere infine con una “Musica a cumplimento”, durante l’esecuzione della quale si usava danzare.

Echi di questa tradizione sono ancora presenti a Monreale dove si esibiscono i suonatori di “zampogna a chiave”, nel dialetto nota come “ciaramedda”, tipica di questo paesino del Palermitano (in altre località si usava la zampogna a paio, detta così per l’uguale misura della lunghezza delle canne).

I “ciaramiddari di Monreale” si esibiscono, ancora oggi, nel periodo dell'Avvento, chiamati dalle famiglie o dai proprietari delle botteghe più antiche, dalla mattina alle sette fino al tramonto.

Ogni performance di solito si articola di tre brani, detti “caddozzi”, attinti da un repertorio che comprende canti narrativi riguardanti la Natività, la Passione e le storie miracolose di alcuni di Santi.

Tra i brani più antichi, totalmente strumentali, ci sono “a Pasturali” e la “Litania”.

Anche a Licata, nell’Agrigentino, è ancora presente la tradizione musicale legata al Natale e alle zampogne, con esecuzioni svolte davanti le edicole votive, dette “fiureddi”, addobbate con agrumi.

In quest’angolo della Sicilia lo zampognaro è accompagnato da un suonatore di cìmmulu, un cerchietto di sonagli. Spesso l'esibizione si conclude con l’esecuzione di un ballittu.

La tradizione dei ciaramiddari è, tuttavia, presente ancora oggi in altre località siciliane, da Erice a Castelmola per citarne alcune. In queste celebrazioni, ieri come oggi, quasi come un rito collettivo, arriva sempre il momento gastronomico dove si consumano i dolci tipici del periodo dell’Avvento.

E la tradizione siciliana, sempre molto ricca, offre un ampio ventaglio di offerte.

Dall’Aranciata modicana - citata dal Pitrè alla fine dell’800 insieme alla Cedrata - al "cuore di Natale", ancora presente nella storica pasticceria ericina di Maria Grammatico e che si pone al centro della tavola imbastita per il 25 dicembre; dai buccellati, nella forma anche dei "buccellatini", alla pignolata, nelle varianti con glassa al miele o al cioccolato, ricoperte da quelle codine colorate che attirano grandi e piccini.

Per non parlare, infine, della cuccìa: regina delle pasticcerie il 13 dicembre, in onore di santa Lucia, e del tirrimulliru di Randazzo, tipico biscotto di Natale preparato con il vino cotto.

Insomma tra suoni e sapori della tradizione il Natale in Siciilia è un'esperienza tutta da scoprire.
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