ECCELLENZE
Il nome è "pungente", un duca li adorava: la delizia (siciliana) al pistacchio di Raffadali
Erano i preferiti del Duca di Cesarò. Nella loro ricetta (segreta) custodiscono un'antica storia che si intreccia con quella del duca e un garzone del posto
I ricci al pistacchio di Raffadali
Questi buonissimi dolcetti custodiscono nella loro ricetta un'antica storia che si intreccia con quella del Duca di Cesarò, Giovanni Antonio Colonna, ministro delle poste e telecomunicazioni del primo Novecento.
Botanico per passione, il Duca possedeva un feudo nelle campagne di Joppolo Giancaxio, a dieci minuti da Raffadali. Lì fece piantare centinaia di alberi di pistacchi. La sua residenza primaria si trovava a Palermo, dei feudi si occupava infatti un garzone del posto, Girolamo Virzì insieme alla moglie, Caterina, che curava la villa del duca.
I due erano i bisnonni di Francesco Nocera, oggi vicepresidente del consorzio pistacchio di Raffadali DOP, che racconta: «Bisnonna Caterina curava il castello e quando il duca ritornava, due, tre volte l'anno, lo andavano a prendere alla stazione dei treni con le carrozze e i cavalli. Lo accompagnavano al castello e poi la sera si inbandiva una grande tavola dove si festeggiava il suo arrivo. Si invitava il sindaco, il notaio e così via, i personaggi più autorevoli di Raffadali».
La bisnonna Caterina si metteva quindi ai fornelli: «Era lei che si occupava della cena, preparava anche i dolcetti per gli ospiti, con i frutti della terra che coltivava il marito nella tenuta del duca, quindi: mandorle, pistacchio e ricotta fresca».
Dolcetti che il duca apprezzava particolarmente «Addirittura li voleva spediti a Palermo - racconta Nocera - si dilettava ad offrire questi dolcini, frutto della sua terra nel Circolo nobiliare della città».
Il duca era un appassionato di botanica e spesso invitava nei suoi terreni specialisti da tutta Europa. Da Londra e Parigi nobili ed esperti venivano a Raffadali per ammirare gli alberi di pistacchio secolari del duca. «Erano così grandi che rimanevano a bocca aperta - spiega il vicepresidente del consorzio - Mio nonno era piccolino, mi raccontava che erano altissimi: raggiungevano e superavano i 12 metri».
Ogni visita si concludeva con un dolce assaggio: ricci, al pistacchio e mandorle.
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