Il mondo è "di cu lu sapi abbuffuniari": c'è un motivo se in Sicilia diciamo così
Avete presente quando a scuola si ripeteva la lezione a memoria e seguiva uno dei rimproveri più triti della storia: “non ripetere a pappagallo”? Ve lo spieghiamo

Ficarra e Picone
Solo che, quando al posto di storia, geografia o italiano si ripetono vocaboli ed espressioni detti da chi ci sta di fronte, allora in Sicilia si usa “abbuffiniare”.
Abbuffiniari o bbuffuniari è un verbo che vuol dire prendere in giro o deridere ed è formato dal prefisso rafforzativo -AB e dal suffisso -INIARI e dalla voce onomatopeica BUFF = gonfiare (le gote) per fare ridere.
BUFF, a sua volta, è formata da BU indicante un mugolio e da FF che rappresenta un soffio prolungato.
In italiano un suo simile sarebbe buffonare, cioè fare il buffone (in siciliano buffuni); termine a sua volta derivato dall’antico buffa, oggi beffa.
In uso soprattutto nella Sicilia orientale la presa in giro sottolineata dal verbo avviene in maniera bonaria imitando e facendo emergere, in modo appunto buffo, quelli che sono tratti caratteriali, vocali e anche unicità fisiche di chi ha rivolto un rimprovero.
Ma se contesto ludico e infantile inglobano questa espressione, quello serio degli adulti non rimane indifferente.
La variante buffuniari, infatti, la troviamo in alcuni detti e proverbi siciliani riportati dallo scrittore palermitano Giuseppe Pitrè: "Cui buffunia a li vecchi, duna ‘na timpulata a Gesù Cristo" - Chi deride gli anziani, dà uno schiaffo a Gesù Cristo; a indicare che gli anziani sono pietre miliari da proteggere e non deridere.
Oppure "Lu munnu è di cui lu sapi buffuniari" - Il mondo è di chi sa prenderlo in giro. Di chi sa vivere ogni suo aspetto con una visione altra, senza troppi problemi e facendo prevalere la spensieratezza.
Se buffuniari quindi è protagonista in lu munnu dei detti popolari, lo è altrettanto in quello della scena con lo sceneggiatore di Belpasso Nino Martoglio.
Lui lo inserisce nella commedia in tre atti “Sua eccellenza”, dove il protagonista sua eccellenza il Principe Don Raimondo di Falcomarzano a detta del nobile Memmo Resta si fa abbuffiniari e pistari di tutti senza un solo atto di ribellione.
Un verbo replicante di specie umane e contesti particolari che, ancora oggi, vive nei ricordi di quei piccoli ormai adulti come quasi una performance, in cui nel peggiore dei casi ci si abbuffiniava a vicenda con il risultato poi di farsi una risata per la buona riuscita imitativa.
Fonte: "Parole siracusane" di Antonio Randazzo.
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