ITINERARI E LUOGHI
Il borgo nella valle del Paradiso in Sicilia, tra storia e mito: terra di Giganti con una "porta d’oro"
Se in Sicilia la storia si sposa con la leggenda, in questi luoghi è un matrimonio indissolubile. Sul pendio di un colle c'è uno dei belvedere dell'Isola di rara bellezza
La città di Naro
Così il poeta e scrittore Tito Cimino descriveva la sua Naro, un piccolo borgo teatro della storia millenaria della Sicilia, dove le tracce di un passato antico convivono con la leggenda. Racconti che parlano di giganti e di un fantasma legato a un castello costruito dagli arabi prima e abitato dai normanni e dai Chiaramonte dopo. Una terra dove una Porta d’oro è l’ultima testimonianza visibile di un tempo ricco e prospero, che ancora oggi si percepisce camminando per le sue strade.
In provincia di Agrigento, crocevia di popoli e di civiltà, la storia di Naro è inserita profondamente nel contesto della Sicilia, è un centro storico minore, ricco non solo di un pregevole patrimonio artistico, ma anche di tradizioni popolari, le cui radici affondano nel tessuto culturale dei suoi abitanti. Inoltre è un punto di riferimento di tutto ciò che è arte e cultura.
Se in Sicilia la storia si sposa con la leggenda, a Naro è un matrimonio indissolubile. Situata in una posizione scenograficamente attraente, sul pendio di un colle ameno, a quota prossima ai 600 metri sul livello del mare, Naro è uno dei belvedere di Sicilia di rara bellezza. Un luogo dove l'orizzonte si estende fino all'Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata, naturalmente protetta, l'hanno resa un luogo particolarmente ambito.
Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda ed al mito. Il suo territorio presenta l'esistenza di insediamenti umani in epoca remotissima, riferibile al periodo neolitico (4.500/3.500 a.C.).
Le tracce storiche a Naro, si diceva, si possono ricondurre a tempi remoti, fino alla preistoria. Con distinti e documentati riferimenti, come i resti di basamenti di antiche capanne e numerose tombe a forno ed ad anticella in contrada Furore, Ragamé, Dainomeli, Siritino e Castellaccio. Proprio qui sono presenti antichissime vestigia di una misteriosa città dalle mura ciclopiche, che secondo alcune leggende sarebbero state costruite dai Giganti. mentre altri (Fazello, Picone, Riolo, Raccuglia) amano identificarla con Camico, la leggendaria città, capitale del regno di Cocalo, il mitico re dei Sicani, edificata (1240 a. C. circa) da Dedalo, il grande architetto del labirinto di Creta.
Secondo un'altra antica leggenda siciliana, Giove che era adorato come divinità di montagna (Giove Etneo) unendosi con una oceanina, Asterope, ebbe un figlio chiamato Acrάgaς ed una figlia chiamata, appunto, Naro (Ναίς =ninfa di fonte o di fiume o anche Nαρόn in greco scorrente-fiume).
Naro, come tutti i comuni del periodo medievale, era chiuso da una cinta di solide mura merlate, la cui costruzione risale al 1263. Nel suo perimetro c'erano valide opere di difesa militare, la torre della collegiata (Duomo), la torre di San Secondo, la torre della Fenice (in corrispondenza dell'odierna Via Madonna della Rocca) e la Torretta.
L'unico reperto ben visibile delle mura è la porta Vecchia, che testimonia il sistema costruttivo realizzato in pietra con eleganti merlature. La cinta muraria, di cui il tracciato originale si trova da un dipinto del XIV secolo conservato nel Santuario di san Calogero, era controllato da sette Porte, simili alla Porta Vecchia che era detta Porta d'Oro, per il colore delle monete circolanti nel vicino ghetto degli Ebrei e per il frumento che ne entrava e che proveniva dalle ricche terre sottostanti, attraverso la reggia trazzera dei Molini, che collegava Naro e la parte nord-orientale della Comarca.
Il castello invece è forse il monumento più famoso di Naro. Il sito fu scelto non solo per le sue caratteristiche di difendibilità, ma per quelle connesse con il controllo dell'ampia vallata. Per cui, sotto gli Arabi prima e sotto i Normanni ed i Chiaramonte dopo, il Castello assunse non solo la difesa militare limitata alle esigenze locali, ma anche quello d'elemento fondamentale per la struttura e l'organizzazione territoriale di un vasto comprensorio. Tale posizione, mantenuta ed accresciuta nei secoli, fece sì che Naro ed il suo castello diventassero teatro d'importanti avvenimenti, alcuni dei quali hanno perfino inciso sulla storia dell'Isola.
Imponente nel suo profilo di pietra gialla, il Castello sembra vigilare ancora oggi sia sulle vecchie case dell'antico borgo, protette dalle ampie ali del vecchio Maniero, sia sugli edifici della parte nuova della città.
Come ogni castello che si rispetti anche questo di Naro ha i suoi ricordi di sangue e di delitti. Un'antica leggenda narra di madonna Giselda, la castellana dalle chiome nere e dagli occhi azzurri, che innamoratasi del proprio paggio Beltrando ebbe un tragico destino.
In una notte di luna piena, mentre Beltrando le cantava sulla terrazza il suo amore, accompagnandosi con le dolci note del liuto, furono sorpresi dal geloso marito, Pietro Giovanni Calvello, Signore di Naro. Il giovane paggio fu ucciso e gettato dall'alto della torre. Giselda, richiusa in una fredda e buia cella, si lasciò morire di fame e di dolore.
La leggenda vuole che ancora oggi, nelle notti chiare d'autunno un bianco fantasma di donna vaghi sulla terrazza del castello: è madonna Giselda alla ricerca dell'amato.
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