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Il 10 novembre si spegneva Franca Florio: la "Regina di Palermo" che non aveva più nulla

Morta nel 1950, 73 anni fa, Donna Franca era lontana dalla Sicilia e dall’amato marito Ignazio. Il suo mondo è scomparso con lo sgretolarsi dell’impero familiare

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 10 novembre 2023

Franca Florio nel ritratto di Giovanni Boldini (foto Wikipedia)

Nell’estate del 1950 Franca Jacona della Motta di San Giuliano, moglie di Ignazio Florio, si trova in casa della figlia maggiore Igiea, a Migliarino Pisano; trascorre il suo tempo tra tranquilli pomeriggi di riposo e piccole occupazioni quotidiane: rilassanti passeggiate, letture, giochi di carte e uncinetto (una passione nata in età matura).

Sembra che il bel mondo, in cui ha sempre brillato, si sia dimenticato di lei. Franca ha 77 anni: la sua è stata una vita lunga e intensa, trascorsa tra gli agi e il lusso, le feste e gli eventi mondani, ma non per questo al riparo da grandi dolori.

La "Regina di Palermo" nel 1950 non possiede ormai più nulla, se non il calore della famiglia, l’amore delle figlie e dei nipotini: “Sono circondata d’affetto, i miei nipoti mi chiamano Granny. Amo le loro vocine". È quanto annota sul suo diario.

In questa casa di Igiea riassaporo gli agi e le riverenze che temevo perdute. I profumi di una volta, la possibilità di scegliere tra mille quel che mi va più a genio. Manca l’ebbrezza che me ne derivava. Come il tempo che passa, non tornerà più". (S. Requirez, Con gli occhi di Franca).
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La grande casa dell’Olivuzza, Villa Igiea, l’isola di Favignana, i ricevimenti con i reali inglesi o con il Kaiser Guglielmo a casa dei cognati Giulia e Pietro Lanza di Trabia, il suo amato yacth Aegusa, il ritratto di Boldini, i suoi favolosi gioielli e la sua lunghissima collana di perle Cartier…. nulla di tutto questo esiste più.

Il mondo di Franca Florio è scomparso per sempre con lo sgretolarsi dell’impero familiare; si è dissolto insieme alle navi della Navigazione Generale Italiana, alle tonnare, agli stabilimenti di Marsala, alla fabbrica di ceramiche, alle miniere di zolfo, alla Fonderia Orotea, ai Cantieri Navali, al giornale L’ORA… I coniugi Florio, i “Regnanti senza corona” non possiedono più neppure un tetto sotto cui dormire!

Nella Capitale Franca e Ignazio negli ultimi decenni hanno vissuto in alberghi dignitosi (ma non lussuosi) come l’Eliseo a Porta Pinciana o il Savoia in via Ludovisi.

Franca ha attraversato l’ultimo mezzo secolo come ubriaca, stordita dalla vita agiata, dai sogni di gloria, dal denaro che scorreva a fiumi, dall’ammirazione e dall’invidia negli occhi degli intellettuali, degli artisti, del mondo che contava, nonostante i debiti aumentassero e i creditori si presentassero sempre più spesso alla porta, da Worth al gioielliere Fecarotta.

Scriveva ancora Franca: “4 aprile 1948: Spesso in questi anni mi sono chiesta qual è il valore della vanità, un altare a cui spesso mi sono inchinata, indugiando senza piena coscienza né dell’atto né del senso (…)Oggi purtroppo lo so. Corrisponde all’esatto ammontare dell’eredità di un impero economico che pareva infinito e ora del tutto sfumato. (…) Il valore è nulla.

Eppure, dentro me, so che abbiamo indicato una strada, additato un fine, segnato uno stile non solo nella crescita della città. Spero solo, allora, che questa impronta non si perda.” (S. Requirez, Con gli occhi di Franca ).

Il tempo di Franca è finito; ha seppellito nel giro di due anni tre dei suoi figli ancora bambini; è sopravvissuta a due guerre mondiali e tante persone a cui ha voluto bene ormai non ci sono più: in particolare dopo la morte della madre Costanza Villarosa ormai ottantenne, nel 1926, ha capito che nulla più la lega alla Sicilia e ha confidato alla figlia: "Tornerò a Palermo solo da morta". La signora Florio da allora vive tra Roma e la Toscana, dividendosi tra le figlie Igiea e Giulia.

Terminati i tempi dello sfarzo spensierato, per molti anni ha trovato al tavolo da gioco una valvola di sfogo per rabbia e tensioni; ha frequentato abitualmente i casinò di tutta Europa, alternando grosse perdite e grandi vincite (che costituivano una fonte di liquidità di cui disporre per permettersi alberghi, ristoranti e abiti).

Scriveva Franca "15 agosto 1933: Il gioco è diventato per me ciò che un tempo era il ballo: la conferma che sono via". E poi: “Nizza, 13 Luglio 1929: Io salgo e scendo dai treni in cerca di fortuna". E il "9 settembre del 1937: Ho vinto 90 mila lire. Fortuna? Non so.

È una parola che manca dal mio vocabolario di vita da tanti anni oramai…Ho 64 anni e mi sostengo col gioco.” Dal 1942, stanchi e pieni di acciacchi i Florio hanno accettato di trasferirsi a casa di Igiea.

Nell’estate del 1950 però Ignazio non è con a Migliarino con Franca, è rimasto a Roma; malgrado la moglie gli abbia scritto più volte di raggiungerla, il commendatore Florio non si è mosso dalla capitale; del resto Franca lo sa che Ignazio non c’è mai stato veramente.

Sempre troppo impegnato, preso dagli affari, dagli amici, dalle nuove sfide imprenditoriali che avrebbero dovuto renderlo degno del grande nome dei Florio, dalle tante donne (da Lina Cavalieri alla Bella Otero solo per fare i nomi più famosi) che entravano e uscivano dalla sua vita.

Il loro è sempre stato un matrimonio troppo affollato, eppure Franca, che ha collezionato umiliazioni su umiliazioni, non ha mai rinfacciato a Ignazio errori, speculazioni sbagliate, affari azzardati come l’avventura delle tonnare africane.

Gli è sempre stato accanto anche quando avrebbe potuto tirarsi indietro: come quella volta ad esempio in cui è stato sfidato a duello dal principe Potenziani, marito della storica amante Vera, ed è stato ferito al naso.

Oppure quando nel 1942 è stato in fin di vita a causa di un ascesso, ed è stato salvato da preziose fiale medicinali in dotazione all’esercito tedesco, ottenute grazie alla lunga amicizia di Franca con la Regina Elena.

Per amore di Ignazio la signora Florio ha anche messo all’asta i suoi meravigliosi gioielli, senza fare mai riferimento a questo doloroso episodio con nipoti e amici: per anni ha raccontato di averli perduti nel furto subito nel novembre del 1922 al Palace Hotel di Viareggio, ma in realtà all’epoca i due ladri vennero arrestati venti giorni dopo il colpo, al confine tra Austria e Francia.

Le preziose gioie sono finite all’asta, per pagare i debiti. Qualche mese prima di morire Franca scriveva sul suo diario: “Io ho amato quest’uomo. Ho amato il suo ridere di tutti, dei nemici che alla fine hanno vinto, il suo affetto viscerale per i nostri figli, la sua puntigliosità nel rimettere i debiti anche a chi se li era scordati, il suo essere tenero con me nei posti più belli del mondo”.

Il 20 agosto 1950 Franca inciampa involontariamente nel setter di famiglia, steso ai suoi piedi, incespica e cade, fratturandosi una caviglia. Il piede viene ingessato e l’anziana signora è costretta a stare a letto, immobile.

Una volta guarita la frattura, Donna Franca si rifiuta comunque di alzarsi e mettersi a camminare. E’ sempre stata una fumatrice incallita e rimanere a letto le causa problemi respiratori: una polmonite da decubito.

Arriva l’autunno e Franca è ancora a Migliarino; il medico insiste perché non subisca spostamenti e le sue condizioni di salute non sembrano buone. La famiglia si preoccupa: arriva anche Giulia, da Roma, e si ferma alcuni giorni per assistere la madre.

Donna Franca è orgogliosa delle sue figlie, Igiea ha sposato Averardo Salviati nel 1921 e la piccola Giulia nel 1939 Achille Belloso Afan de Rivera. Sapere che le sue ragazze sono felici e che non hanno i suoi drammatici problemi economici la rende serena.

"Lei e Ignazio hanno goduto di tanta ricchezza in gioventù, che possono anche rassegnarsi a non avere nulla in vecchiaia…Di tutto quello che ha sofferto, delle privazioni degli ultimi anni della sua vita non si lamenterà mai, non recriminerà, non si lascerà prendere da rimpianti.

Se ai nipoti narrerà qualche episodio del passato lo farà con assoluto distacco, come se si trattasse di una bella favola di cui è stata protagonista”. (A. Pomar, Franca Florio) Franca un giorno a Migliarino comincia a parlare in tedesco: è una lingua che conosce molto bene, l’ha imparata dalla sua governante quando era piccola. Racconta alle figlie, un po’ in italiano e un po’ in tedesco, tante cose del suo passato che esse non hanno mai saputo.

Spesso descrive con dovizia di particolari anche un giardino, un luogo bellissimo – con tanti viali, alberi, fiori, un muro bianco…- dove dice di esser stata con Giulia e Igiea, ma si tratta di un posto che le figlie non ricordano. La mattina del 10 Novembre Franca si sveglia molto presto e sembra più attiva del solito.

Si intrattiene con le figlie fino a dopo pranzo, poi chiude gli occhi per riposare e si assopisce. Sarà inutile più tardi cercare di svegliarla… Ignazio si rifiuta di vederla morta, preferisce ricordarla bella come un tempo. Lui spirerà a Palermo sette anni dopo, nel 1957, a 89 anni, a casa dei nipoti Francesco Scalea e Arabella Salviati.

Uno stringato necrologio sul giornale L’ORA annuncia la morte di Franca e l’ora dei funerali a Palermo. Sulla rivista Epoca si legge invece: “In una villetta vicino a Pisa, venerdì 10 novembre si è spenta una piccola signora dal volto di foglia secca, una piccola signora tutta rughe, le tempie d’avorio, gli occhi color dell’acqua.

Aveva settantasette anni ed era stata una delle più belle donne d’Italia.”Donna Franca verrà sepolta nella cappella della famiglia Florio, nel cimitero di Santa Maria di Gesù.

Il 15 settembre del 1950, Franca aveva scritto per l’ultima volta sul suo diario: "Se potessi rifarei tutto, ogni cosa. Tutto il bene e tutto il male, come disse qualcuno. Perchè no? Le gioie le ho vissutele ho scontate come fossero peccati. Le ho pagate a caro prezzo. Quasi tutte perdute. Non ho saputo tenermele strette.

C’è voluto tempo per capire che dal passato non torna niente. Mi resta il rimpianto, mio fedele compagno degli ultimi trent’anni. Ho anche sbagliato, forse spesso, lo so. Ho creduto nell’incredibile…Chissà chi si ricorderà di me" (S. Requirez).

Si spegneva così, sotto il cielo della Toscana “la stella d’Italia”: ma oltre settant’anni dopo la sua luce continua a rifulgere e il suo mito continua ad incantare e affascinare, a scatenare lodi e immancabili critiche.
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