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I siciliani d'America "pionieri" dell'edilizia: lo stile Liberty in un borgo nel Siracusano

La presenza dello stile Liberty non ricopre solo un ruolo artistico che ha arricchito questo piccolo borgo, ma racconta anche una suggestiva pagina della storia cittadina

  • 16 gennaio 2021

Canicattini Bagni

Canicattini Bagni sorge sulle estreme propaggini dei monti Iblei a circa 20 km da Siracusa, poco distante dal corso del fiume Cardinale.

L’origine del borgo è simile a quella di molti centri siciliani sorti nella stessa epoca: ufficialmente fu fondata nel 1682 dal barone Mario Daniele che chiese ed ottenne dai Viceré di Sicilia la concessione della licentia populandi, decreto che permetteva la fondazione ex-novo di borghi.

In realtà Canicattini ha origini ben più lontane ed esisteva ancora prima di tale concessione. L’elemento acqua, presente in grande abbondanza in tutto il suo territorio, aveva infatti favorito sin dall’antichità la formazione di insediamenti rupestri le cui testimonianze più remote risalgono al paleolitico.

Alla dominazione araba sembra risalire invece l’origine del toponimo, anch’esso indissolubilmente legato all’acqua: secondo alcuni studiosi Canicattini infatti sarebbe la trascrizione dall’arabo di Khanday at–in, ovvero il “fossato del fango”, secondo altri invece il nome deriverebbe dall’arabo Yhan o Ayn e dal latino neatinum o netinum cioè “fontana che scorre nel territorio di Noto”.
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L'appositivo "Bagni", invece, non indica la presenza di terme (come spesso si crede) ma l'appartenenza del territorio ai marchesi Daniele, signori del feudo di Bagni. Oggi è un paese in espansione che, oltre a distinguersi per il suo Festival Internazionale di Jazz, mostra con orgoglio per le vie del centro i suoi bellissimi edifici liberty.

Quest’ultimo, come è noto, è uno stile che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento nacque e si diffuse rapidamente nelle più progredite città europee, fu però nei piccoli centri, nelle costruzioni di piccole e medie dimensioni quali ville e abitazioni unifamiliari, e nelle arti applicate che riuscì a sviluppare più compiutamente la sua intima vocazione di fenomeno estetico di natura squisitamente artigianale minore.

L'artigianato locale, influenzato dallo stile nuovo attraverso le riviste d'arte e moda e nello spirito di un rinnovamento artistico, si propose di rispondere alle esigenze di decoro e di raffinatezza che venivano dalle classi borghesi ma anche dai ceti popolari. Mobili, argenti, quadri, oggetti vari si animarono di temi naturalistici, soprattutto animali e fiori le cui forme curvilinee si prestavano ad essere sfruttate dagli artisti impegnati a raggiungere effetti ondulati e sinuosi.

Bisogna tuttavia tener presente che gli artigiani, pur attenendosi a certi caratteri costanti e tipici del Liberty, attinsero non soltanto ai temi presi dal vivo, ma al vivo delle tradizioni locali, nonché alle conoscenze e alle esperienze personali; ed è proprio l'elemento locale a dare spesso la nota distintiva e originale a quest'arte per lo più omogenea e uniforme.

In virtù di questo vediamo come alcuni artigiani locali, i cosiddetti “scalpellini" che operarono a Canicattini Bagni, lasciarono esempi significativi del loro gusto artistico, lungo un arco di tempo che arriva fino agli anni Cinquanta del Novecento quando la diffusione del cemento, di marmi e di travertini decretò la fine della loro gloriosa e prestigiosa attività.

I primi segni del risveglio edilizio a Canicattini risalgono a fine Ottocento quando si hanno costruzioni di una certa importanza come il palazzo D'Amico in via dei Vespri (Farmacia Firrincieli), il Palazzo Cassarino e il Palazzo Carpinteri Lombardo di via XX Settembre. Per mancanza di documenti si ignorano i nomi dei costruttori e i decoratori, ma è probabile che siano stati artigiani del luogo a realizzare questi meravigliosi edifici.

Questi pionieri dell'edilizia canicattinese erano per lo più analfabeti, di conseguenza apprendevano empiricamente le tecniche e i segreti del mestiere. Chi si rese conto delle limitate conoscenze di questi artigiani, ma con un notevole potenziale, fu un il giovane insegnante Giovanni Privitera di Catania che nel 1884 ottenne l'incarico di insegnamento nelle scuole elementari di Canicattini e riuscì ad aprire una scuola serale di disegno, alla quale presero parte con entusiasmo i giovani muratori canicattinesi.

Da questa scuola vennero così fuori i primi scalpellini destinati a lasciare tracce apprezzabili nell'architettura locale. Già dagli inizi del nuovo secolo cominciarono a comparire i primi palazzi di un certo interesse artistico, ma fu soprattutto dopo la prima guerra mondiale che Canicattini conobbe un grande fervore di opere sul piano edilizio.

A Canicattini Bagni la presenza dello stile Liberty non ricopre solo un ruolo artistico che ha arricchito il paese, ma racconta anche una suggestiva pagina della storia cittadina: la maggior parte di questi edifici vennero infatti realizzati nei primi anni del XX secolo grazie all’aiuto dei canicattinesi emigrati negli Stati Uniti in cerca di fortuna, i quali mandavano periodicamente una parte dei loro guadagni alle famiglie rimaste in Sicilia, che potevano così, finalmente, permettersi delle abitazioni decenti che andarono a soppiantare gli edifici più umili e malridotti utilizzati fino a pochi anni prima.

Le rimesse dei tanti emigrati, la cui aspirazione era quella di ritornare un giorno al paese e abitare in una comoda casa caratterizzata dalle decorazioni realizzate secondo i dettami della moda del momento, fu la spinta che mise in moto tutto questo processo e che permise di edificare nuove case riccamente e finemente decorate: sorse così "un'intera città di Liberty", che costituisce un fenomeno interessante nel panorama del Liberty minore siciliano.

E di "Liberty degli emigrati" parlò l’antropologo Antonino Uccello, che fu uno dei primi studiosi ad interessarsi di queste “case di americani”. Santo Ajello (1899-1967), fu uno dei migliori scalpellini che operò a Canicattini Bagni, una delle sue opere più rappresentative è il prospetto dell’edificio al civico 251 di via Vittorio Emanuele, un piccolo gioiello architettonico: le criticità che in questo caso lo scalpellino dovette affrontare era rappresentate dalla ristrettezza del prospetto (appena quattro metri) e dalle esigenze del committente, il quale voleva che la funzionalità della casa coesistesse con la ricca decorazione.

Per conciliare queste due esigenze l'Ajello, con sapiente intuito artistico, fece in modo che la cornice sinuosa di un lato della finestra fosse la continuazione dell'architrave della porta, così riuscì a ottenere che il disegno costruttivo conferisse al prospetto l'effetto di un movimento armonico tra il portoncino d'ingresso e l'ampia finestra che lo affianca.

Un risultato molto moderno e in armonia con l'arte nuova proiettata ad identificare la funzionalità (l'utile) con l'ornamento (il bello).

Un altro "scalpellino" degno di essere ricordato è Sebastiano Bonaiuto (1864-1932), il cui lavoro più importante è quello che si trova sempre in via Vittorio Emanuele ma al civico 152.

L’edificio si presenta imponente e ricco di decorazioni: nella parte inferiore spiccano quattro teste di leoni al di sopra e al di sotto delle quali sono scolpite frutta, foglie e conchiglie. Ghirlande di fiori ornano gli angoli della porta dove un volto di donna è la chiave di volta dell'arco.

Nella parte superiore la ringhiera del balcone centrale, a differenza delle due laterali, è formata da una balaustra ai margini della quale vi sono scolpite sotto forma di cammei, figure di donne che hanno un profilo delicatamente fine, ornate di motivi floreali. L'accoppiamento donna-fiore, motivo ricorrente nello stile floreale di Canicattini, era allora un luogo comune dato che il movimento artistico del Liberty, sostenendo la lotta per l'emancipazione femminile, poneva la donna al centro della rivoluzione sociale.

Nel Liberty di Canicattini non si arrivò a tanto, gli scalpellini la ritrassero sobria perchè semplice era il loro mondo spirituale: per lo più scolpirono testine di donne ben pettinate, ornate di nastri e di fiori, e le posero come chiave di volta dei portoncini d'ingresso. Così raffigurate esse danno l'impressione, anche grazie alla loro espressione rassicurante, di accogliere con gentilezza l'ospite che sta per entrarvi.

Uno studio dettagliato sull'attività di questi intagliatori e scalpellini (anche dei fabbri e dei falegnami), veri e propri creatori di fiori di pietra, consentirebbe di valorizzare tante opere nelle quali essi diedero libero sfogo al loro estro per raggiungere quell'ideale artistico al quale aspiravano e che talvolta felicemente conseguirono.

Sono lavori nei quali emerge chiaramente il senso artistico e innovativo accompagnato da un codice di segni e di simboli, un codice ricco di fiori i quali, oltre ad essere un motivo ornamentale, rappresentano un modo di vivere e di pensare: espressione di gentilezza d'animo ma anche simboli della fugacità della bellezza e della vita.
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