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I borghi (scordati) nel film di Papaleo: "La Sicilia e la Basilicata, raffinate e imperfette"

Rocco Papaleo si racconta a Balarm e svela le similitudini tra la sua regione e la nostra terra. A luglio l'attore arriva a Castelvetrano per un'intervista-spettacolo

Jana Cardinale
Giornalista
  • 25 maggio 2023

Rocco Papaleo

Una voce suadente, pulita, dal timbro energico, che esprime parole precise, e colte.

Risponde così al telefono Rocco Papaleo, puntuale ed essenziale, mentre è al lavoro in Calabria per le riprese del nuovo film dei fratelli Manetti, in cui lo si vedrà protagonista.

E conferma subito la sua data siciliana: il 23 luglio, a Triscina di Selinunte, ospite della struttura teatrale all'aperto denominata "Franco Franchi e Ciccio Ingrassia", realizzata su area di proprietà comunale, in piazza Giovanni Paolo III, e gestita da diversi anni dalla LD communication.

Arriva, dunque, nel cuore dell’estate, per un’intervista-spettacolo condotta da Bia Cusumano, presidente dell’associazione culturale PalmosaKore di Castelvetrano, che con lo splendido teatro intestato ai famosi attori siciliani, coordinato da Alessandro Quarrato e il suo staff, ha siglato una collaborazione.

E lì, in quest’arena che può ospitare fino a mille spettatori, con palco e retropalco, camerini, cabina di regia, biglietteria e servizi, in grado di offrire importanti occasioni di intrattenimento in un ambiente molto confortevole, risponderà ad ogni domanda, che come sempre è un pretesto per raccontarsi, come attore e artista, cogliendo e dando spunti per sviscerare la propria biografia, con il supporto di un chitarrista siciliano, Ciccio Accardo, con cui ha collaborato a lungo e che ritroverà dopo un affezionato percorso insieme.
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«Lui vive in Sicilia, tra Triscina e Castelvetrano – dice - e così dopo essere stato contattato dagli organizzatori ho colto l’occasione per rivederlo. Abbiamo lavorato insieme per una decina d’anni».

Il teatro di Castelvetrano dedicato ai due amati attori che, proprio da quella città, e dal cineteatro Capitol nel lontano 1954 avviarono il loro sodalizio professionale, lo attende a braccia aperte.

Nel corso della sua presenza si parlerà inevitabilmente anche del suo ultimo film, “Scordato”, un lavoro sulla malinconia, sulle vite che s’inceppano, sulle cose che non si compiono. Il protagonista è Orlando, che accorda pianoforti.

Un giorno incontra Olga, fisioterapista appassionata di canto che gli chiede di vedere una sua foto da giovane per poter risolvere la sua contrattura "emotiva". Il risultato sarà un viaggio nel passato, carico di ferite e rapporti rimasti sospesi, incentrato su un sessantenne non accordato con il contesto in cui vive, dolente, poco entusiasta del presente.

Sempre più radicale nel racconto di esistenze sospese sull'orlo della mestizia, Papaleo ha messo in scena questa volta il viaggio “sentimentale” che compie un uomo quando, un giorno per caso incontra una donna che gli cambierà la vita.

Nostalgico, ironico, a tratti poetico, il suo nuovo film è più amaro e disincantato dei suoi precedenti, “Basilicata Coast to Coast”, “Una piccola impresa meridionale” e “Onda su onda”, ma ugualmente radicato nella sua terra, che guarda con affetto non scevro di una punta polemica.

Nel film appare il pezzo di costa tra Sapri e Maratea, «uno dei più belli del mondo», come lo ha definito il poeta e paesologo Franco Arminio, amico di Papaleo, che gli ha scritto: «Il tuo film è bellissimo perché non riguarda solo la Lucania, l’assenza oggi è l’orizzonte e l’essenza di ogni luogo. Tu hai toccato il cuore della nostra solitudine di massa, ossimoro di un mondo tutto proteso a dirsi e ormai sempre più incapace di darsi.

Il tuo film non propone ritorni, anche in questo è felicemente incompiuto, non propone una soluzione a Sud, nel piccolo, nel nascosto, non la propone perché non c’è, come non c’è altrove. Si tratta di abitare questo purgatorio sapendo che non saremo ringraziati per le nostre innocenze o condannati per le nostre colpe. È un mondo “scordato”, nel doppio senso di non accordato con niente e con nessuno e nel senso di dimesso, come se fosse già morto, già dimenticato».

Un po' come la Sicilia. Una terra che piace a Rocco Papaleo.

«La sua raffinatezza. La Sicilia ha delle punte, sia culturali, che di stile, di sapori, di luce, di grande bellezza in generale. E poi sento un’attrazione per un posto che è un’isola con i suoi pregi e difetti. Sono interessato anche ai difetti, alle imperfezioni, perché trovo che ci sia nell’imperfezione una ragione poetica, e qui è un condensato di raffinatezza e imperfezione».

"Scordato" è un altro passo nel suo percorso cinematografico: è il quarto film come autore e regista, ed è un’evoluzione rispetto a quello che va cercando: un racconto che sia, appunto, ironico e anche poetico, dove può mettere tutti i vari stati dell’emozione.

«Una storia deve essere in bilico tra le due pulsazioni, leggera e commovente, si deve poter ridere e turbarsi nello stesso film; allora mi trovo in una situazione ideale. La progettualità non è sempre cosciente, il percorso si delinea a seconda dello stato d’animo e le cose vengono fuori in un work in progress, come un romanzo di formazione al contrario.

C’è un uomo che torna indietro a vivere la sua vita grazie a un escamotage narrativo e deve sciogliere i nodi che lo hanno reso quello che è. Lui è un accordatore di pianoforti che accorda lo strumento per eccellenza, ma non il suo. Vive una vita depressa e poco connessa. Questo significa “scordato”, ma anche dimenticato».

Come dimenticati sono i piccoli paesi del sud Italia che si vanno spopolando. È un tema sottotraccia quello dei piccolo borghi, mentre il vero viaggio poetico è incentrato sulla necessità del perdono per gli altri e per se stessi, perché il rancore è inutile.

«Conosco la Sicilia – dice – ci sono stato tantissime volte. Per lavoro sono stato in teatro a Catania, Palermo, Messina, Trapani, ma anche in vacanza, sia alle isole Egadi che alle Eolie. Fino a 10 - 15 anni fa Ginostra era il mio posto. Conosco bene anche Levanzo. Favignana e Marettimo. Il mio ultimo spettacolo l’ho fatto a Enna».

E c’è una similitudine tra la sua Basilicata e la Sicilia. È quella che accomuna un po’ tutto il Sud.

«Sì, ce l’abbiamo davanti agli occhi la similitudine che riguarda il Sud: quel calore e una certa arretratezza nei paesi in fondo è familiare per un meridionale; ovunque si trovi, al netto dei campanilismi, che sono una delle cose più deleterie, e superati i quali c’è una sorta di idem sentire per una condizione che è simile.

Una povertà maggiore, una carenza che è anche culturale e che le classi politiche non hanno risolto. Non conosco Castelvetrano, dove andrò e non ho gli strumenti per poterla "definire".

Però posso di certo dire che le città non hanno alcuna colpa se nascondono delle derive malvagie. Quello che l’ha “caratterizzata” è stato un episodio sfortunato. Così come il virus di cui nessuno ha colpa, eppure riesce ad ammalare il contesto e lo dipinge in modo peggiore di quello che è.

Se pensiamo al Covid e al paese in cui è esploso tutto in quel momento, ad esempio, a chi possiamo addebitare la colpa? L’unica è del diavolo…».

Dopo una lunga chiacchierata torna al suo lavoro, per il film di cui ancora non sono neanche iniziate le riprese. Papaleo, cosa vuol dire ai suoi lettori, e a chi verrà a vederla, in Sicilia? «Buona fortuna, come sempre»
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