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Ha un nome nobile che sembra in siciliano: i tesori di Contrada "Tornamilla"

Questa contrada è storia. Tutta da narrare. Improvvisamente gli occhi si spalancano di fronte a quelle che un tempo erano delle meraviglie. Vi ci portiamo

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 23 marzo 2025

La Contrada Tornamilla

Ricordate di Grisì e il mesto ritorno a casa? Per un attimo, solamente uno… forse due e anche tre… dimenticate la strada di ritorno e lasciatevi accarezzare dalle distese verdi. La provinciale per Camporeale è un intreccio di racconti, ambienti e panorami da gustare tutto d’un soffio.

Ecco, la storia continua, come sempre del resto (in Sicilia). A circa un paio di km dal centro cittadino, il percorso ci proietta dentro un capolavoro di colori.

Uliveti e vigneti dipingono fertilità, mentre i fichi d’India "fannu ciavuru di cosi boni". Siamo a Tornamilla, il luogo prediletto dai grisiesi. Lo sterrato sembra antico, ogni tanto manca di "pezzetti".

È la bellezza dell’entroterra palermitano, dove in lontananza "ciuscia" un vento sottilissimo. Le montagne non sono distanti, hanno lasciato spazio alle forme collinari.

Il silenzio è d’obbligo, perché la contrada è storia. Tutta da narrare. Improvvisamente gli occhi si spalancano di fronte a quelle che un tempo erano delle meraviglie. Siamo dentro la masseria e la Chiesa di Tornamilla.
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Come spesso accade, gli storici “violano” la perfezione sulle date: 1639 o 1644? Conta poco ai fini della visita, meglio concentrarsi sugli aspetti tecnici presenti e, purtroppo, assenti per noncuranza.

Vestire i panni del barone Joannem Vincentium Tornamira (per altri Joannis Vine Tornamira) è compito arduo. Proviamo a scardinare le difese storiche e immergiamoci nei momenti topici della gloria. Ritornare indietro di tanti secoli è pura immaginazione, pensare alla baronessa che visse - anni dopo il barone - in quel luogo sperduto sembra utopia.

Non lo era affatto, anzi le ricerche parlano di una masseria "piena" di contadini.

Entrano in gioco i particolari, quelli che fanno la differenza. In una volta in pietra di un antico portone di accesso (il tetto è crollato da un paio di decenni) è scolpita una data: “1644!” Svelato il primo mistero, è possibile vedere il fregio di famiglia. Si trova in alto alla finestra che sovrasta il portone.

Grandezza e ampiezza sono i dettagli da non sottovalutare, a partire dalle possenti mura. Sono testimoni di un caseggiato dalla lunga vita e resistenti alle intemperie (terremoto del 1968).

Gli accessi al baglio erano due: quello principale è definito da un portico dalle linee graduate e perfette.

Di forma squadrata, la pensilina è certezza di un balcone crollato che poggiava su una base in marmo che costituiva il calpestio. La seconda entrata - di cui è rimasto il rudere (pilastro portante il portico), provoca malinconia. Perché si è arrivati a tutto questo? È un sentimento che aumenta dopo la "breve" ma intensa visita della chiesetta.

Era un luogo di culto (nel giorno dell’Ascensione era meta di pellegrinaggio per i grisiesi), dove nell’altare centrale - racconti di popolo - si trovava un capolavoro.

Era un dipinto dedicato alla Madonna che, purtroppo, causa incuria, fu derubato da ignoti. In un contesto che predilige la vivacità della natura, i fatti di cronaca non mancano.

Come quello accaduto l’8 luglio del 1949. Il possidente Leonardo Renda venne assassinato. Pagò la partecipazione politica (abbastanza attiva). Figurava come consigliere comunale e segretario della DC.

Fu vittima di un agguato mafioso, i cui assassini si finsero carabinieri. L’inchiesta venne archiviata come omicidio per motivi di confine/i. Questa volta il ritorno si concretizza. Un altro pezzetto di Grisì è stato "conquistato".

Tanto dovrà essere rivalutato e tanto potrebbe essere fatto - per sentirsi dire ancora una volta “iti a Tornamilla, unni lu scurdati!”.
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