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Ha duemila anni, era amato da Giulio Cesare: il vino (siciliano) dalla storia nobile

Un vino dalle grandi caratteristiche, cugino stretto del "faro", motivo di vanto per tutto il territorio messinese nel suo recente cammino di riscoperta

  • 20 marzo 2024

Un vigneto di Mamertino (Foto di Vigne, Vini e qualità)

Il Nero d’Avola messinese, cugino stretto del Faro, ha una storia millenaria. Una storia che finisce rovinosamente nell’assedio inglese del Castello di Milazzo, nel 1718, quando vengono distrutte e rase al suolo tutte le porzioni di vitigni riconducibili al mamertino (Nocera e nero d’avola appunto).

Fino a quel momento, uno dei vini più esportati dalla Sicilia in Italia. Poi l’oblio e la rinascita, la riscoperta di questa doc messinese - che si aggiunge alla Malvasia e al Faro - di recente apprezzata anche da Joe Bastianic.

Il Mamertino secondo la disciplinare istituita nel settembre 2004 comprende una falce di territorio molto estesa, dalla parte nord della ionica in provincia di Messina fino al golfo di Patti.

Sono 31 i Comuni ricadenti in questa grande comunità viticola tra cui, capostipite, Milazzo a cui deve il nome.

I mamertini, nello specifico, erano dei soldati mercenari che si stanziarono nel messinese intorno al 300 a.C. Non a caso, il loro nome significa "figli di Mamerte" che, per gli Oschi, un'antica popolazione campana, era il dio della guerra, il Marte dei Romani.
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Arruolati e pagati da Agatocle, tiranno di Siracusa, i Mamertini assediarono e occuparono la città di Messina, intorno al 312 a.C. Qui, ebbero modo di scoprire la millenaria tradizione vitivinicola locale e di apprezzare i vini messinesi, che presero il nome di "Mamertino".

Questo vino crebbe di popolarità e fu spesso affiancato a grandi banchetti per occasioni speciali. A tal proposito, si dice fosse il vino prediletto da Giulio Cesare, tanto che fu servito nel corso dei festeggiamenti per celebrare il suo terzo consolato e, poi, fu citato nel "De Bello Gallico".

Ma come si prepara? Per i vini bianchi o bianchi riserva i vitigni di riferimento sono: grillo o inzolia (Ansonica), congiuntamente con una percentuale minima del 35% e con un minimo del 10% di ogni vitigno; Catarratti con una percentuale minima del 45% .

Possono concorrere anche altri vitigni, sempre a bacca bianca, coltivabili nella regione Sicilia. Per i vini rossi o rossi riserva: Nero d'Avola per almeno il 60%, Nocera per almeno il 10%. Per un massimo del 30% si possono utilizzare le uve di altri i vitigni a bacca rossa coltivabili nella regione Sicilia.

Il suo profumo fruttato, il carattere forte, il terroir che deve molto all’argillosità dei terreni e all’umidità, lo rendono un vino ben accoppiabile alla carne rossa e ai piatti di primi con sughi corposi.

Un vino dalle grandi caratteristiche e dalla storia nobile, motivo di vanto per tutto il territorio messinese nel suo recente cammino e nella riscoperta grazie alle cantine milazzesi e non solo.

Un patrimonio storico e agroalimentare che attraversa in un calice gli ultimi duemila anni dell’identità siciliana.
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