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Giace sui fondali di Isola delle Femmine: il piroscafo Loreto e la traversata della morte

Vi raccontiamo la storia del piroscafo Loreto e della tragedia avvenuta 79 anni fa. Una storia in cui l'umanità e l'altruismo dei siciliani furono più forti della paura

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 19 ottobre 2021

Navigava lentamente la Loreto, era una vecchia imbarcazione, su una rotta definita “la traversata della morte”. I marinai a bordo astiosi e impauriti dalla missione, dopo l’attraversamento del Canale di Sicilia, avevano incominciato a rilassarsi facendo vedere ai compagni le foto di fidanzate e mogli. Nella stiva circa 400 prigionieri indiani s’interrogavano sul loro futuro una volta scesi a terra, era il 1942.

Astrée, nome originale dell’imbarcazione, era stata costruita nel 1916 nei cantieri inglesi; passando da varie proprietà, era arrivata ad Achille Lauro armatore napoletano nel 1934, cambiando il nome in Loreto. Nel 1942 requisita dalla Regia Marina Militare, il Piroscafo fu impiegato per il trasporto di vettovaglie e carburante dall’Italia alla colonia Libica.

A Tripoli arrivò il 17 settembre carico di fusti di benzina, ripartendo l'8 ottobre per Palermo, con i fusti vuoti, 26 uomini di equipaggio, e prigionieri di guerra della British Indian Army che una volta arrivati in Italia sarebbero stati impiegati in agricoltura, oltre a tre feriti raccolti in mare da una nave ospedale.
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La rotta come abbiamo detto era infida, ma il piroscafo navigava senza scorta.

Nelle profondità del Mediterraneo come squali famelici si aggiravano sommergibili pronti a cacciare qualunque imbarcazione. Benché avesse un modesto armamento, la Loreto era sprovvista dell’unico indispensabile apparecchio che poteva metterla a riparo, il Radar, allora in dotazione alla Marina Inglese. Ma il viaggio della Loreto era stato scoperto prima ancora della partenza.

Londra aveva informato la Royal Navy non solo del viaggio ma anche del carico umano nella stiva. “Ultra”, il sistema di decodificazione aveva decrepitato il messaggio di Enigma (macchinario in dotazione dei nazifascisti). Erano a conoscenza di tutto, ma ignorarono.

Strategia, opportunismo, cinismo militare, decise che la Loreto fosse sacrificata, benché carichi di alleati; salvarli, con un'azione militare, avrebbe fatto scoprire ai nemici che i messaggi segreti erano decifrati.

Così il Sommergibile della Marina Inglese P46 al comando del Tenete Steven avvistò con il periscopio il fumaiolo della Loreto alle 17.32 a 280° da Capo Gallo. Fu ordinato di armare e lanciare i siluri, ne furono sparati 3: uno si perse in mare, il secondo esplose sugli scogli dell’isolotto di Isola delle Femmine, il terzo centrò la Loreto provocando l’inabissamento in soli 12 minuti.

Un sottotenente della Marina Regia Italiana ricorderà che nella “vecchia carretta del mare” si sentivano le urla dei prigionieri intrappolati nella stiva, mentre la nave “ si appoppava”, con le barche di salvataggio fracassate dall’esplosione dei siluri, e le poche rimaste prese d’assalto.

Di quelli che si gettarono in mare, molti furono risucchiati dal vortice durante l’inabissamento. Ma cosa succedeva contemporaneamente a terra? I siluri allertarono gli Isolani. Corsi tutti in spiaggia videro la prua alzata del piroscafo. Non ebbero motivo e tempo di porsi domande, presero tutte le imbarcazioni a remi per correre in aiuto dei naufraghi. Fu una reazione ancestraleinsita nell’uomo: salvare a chi dal mare chiede aiuto.

Un miglio e mezzo li separava dal luogo dell’evento, 3 miglia per quelli si Sferracavallo anche loro accorsi con le loro imbarcazioni. Il salvataggio in mare di naufraghi, non è un obbligo da parte delle imbarcazioni, ma qui fu fatto qualcosa di diverso, il soccorso venne da terra, senza che fosse chiaro a chi sarebbe stato dato un aiuto.

Salvatore con i suoi figli, Vincenzo Riso, Piero Riso, Salvatore d’Ippolito, Salvatore Di Maggio - cardiopatico che ebbe una crisi in mare e morirà 4 mesi dopo in ospedale -, Erasmo Lucido, Giuseppe Lucido, Giovanni e Cosimo Polizzi, Angelo Randazzo e tanti altri, furono i pescatori accorsi che troveranno il mare disseminato di braccia alzate in richiesta di aiuto. Uno di loro ricorderà “era un mare tuttu chino di sta genti”.

La marina Militare giungerà dopo di loro. Ritorneranno a riva con il sopraggiungere della notte.

Questa storia di generosità e valore è stata ricordata il 13 ottobre dal Comune di Isola delle Femmine, con una nuova targa posta rispetto a una in precedenza vandalizzata; oltre ai nomi dei caduti, fa bene al cuore, leggere la dedica che ricorda tutti i migranti morti in mare.

Dei 450 sul piroscafo, perirono 129 Indiani e un numero imprecisato d’italiani. I naufraghi portati a terra furono accolti e rifocillati dagli Isolani che rimarranno incuriositi dalla carnagione olivastra e dai capelli, che senza il turbante, scendevano lunghi raccolti in treccine. Tra questi anche il Tenente Colonnello Chanan Singh Dhillon dei BengalSappers che ricorderà il naufragio ed il salavataggio.

I prigionieri si presenteranno alla popolazione come “Indian Pow”, ma questa gente non avendo ben chiara la differenza tra Indiani e Indiani d’America, interpreteranno pow o poe come il nome di una tribù di nativi americani, arrivando alla conclusione che fossero schiavi trasportati sul piroscafo, da qui il nome che entrò nella memoria della popolazione “Loreto la nave degli schiavi".

Oggi il Piroscafo Loreto lungo 70 metri, giace a 90 metri di profondità nel mare di Isola delle Femmine, ripreso dai sub, non ha rivelato la presenza di corpi. Molti di questi qualche giorno dopo, a seguito di una burrasca, galleggeranno sfigurati, alcuni senza testa. Recuperati, saranno sepolti nel cimitero del Comune.

C’è da riflettere su questo gesto di accoglienza e altruismo, dove ritroviamo la grandezza dei siciliani, abituati dalla storia a misurare con il mare, elemento infido e pericoloso che e a volte priva di affetti e beni. Quelli di Isola delle Femmine sono stati uomini valorosi cui dovremmo pensare, quando dai nostri comodi divani commenteremo con sufficienza, e quasi con qualche irritazione, l’ennesimo soccorso in mare.
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