PERSONAGGI
Gaetano Basile, la sua casa e le sue storie: "Tinta e Armalo" e "l'altra acchianata"
Di solito è lui che racconta storie rendendo incredibile anche quelle che sembrano più insignificanti. Questa volta lo raccontiamo noi dopo essere stati accolti nella sua casa
Gaetano Basile nella sua casa
Ascoltare Gaetano Basile è avventurarsi per territori inesplorati pur sapendo che ripercorrerai luoghi già conosciuti, mari già attraversati, dove però tutto sembrerà diverso. È questa la seconda dimora privata, dove la mia guida, la musa bionda, m’introduce grazie alla reciproca amicizia che li lega. È una giornata luminosa a Palermo e lungo la strada, Antonella mi prepara all’incontro, con Gaetano Basile, con noi c’è un altro collezionista e appassionato di storia siciliana, un “Hidalgo” nei tratti e nei modi. Lo Scrittore non tradisce le attese, dall’ingresso conquista la scena, per nulla peripatetico, lascia che siano gli altri ad andare avanti e indietro, inseguendolo.
Uno più di tutti ci stupisce, pregustando divertito la sorpresa che provocherà, cattura il nostro interesse parlando dell’attenzione che Franca Florio, aveva per la sua invidiabile linea; una delle caratteristiche di quella bellezza decantata da artisti, poeti, e reali.
Mentre parla, ha tre le mani, un piccolo oggetto in argento allungato e sottile, con una molla; con un piccolo movimento l’aziona e da un foro invisibile fuoriescono tre sottilissimi braccetti. Impossibile capirne l’uso senza una spiegazione. Racconta che la Nobildonna aveva quest’oggetto con sé alle feste, usandolo per “sgasare” le coppe di champagne, evitando così antiestetici “gonfiori”. Chiedo di poterlo toccare, è veramente geniale oltre che bellissimo.
Invitati a prendere posto sul divano, arriva il caffè. Approfitto della breve pausa per imprimere nella memoria parole e immagini. Sono attratta da due sculture su due alzate lignee poste ai due angoli della stanza. Seguendo le indicazioni della mia amica non mi azzardo a chiedere, mi viene in aiuto il nostro “ compagno di viaggio”, che incuriosito chiede informazioni. È lo spunto per un altro incredibile “ cunto”, questa volta accompagnato da una straordinaria recitazione in siciliano.
Ci racconta che con la moglie, dovendo chiedere un’informazione e a Bagheria entrò in un magazzino. L’ambiente era occupato da strane sculture realizzate in tufo. Chiese a una donna che lì si trovava, informazioni sulle opere e sullo scultore. Questa rispose che l’autore era un malato di mente che intervallava i ricoveri negli ospedali psichiatrici con il lavoro di stagnaro e con la scultura.
Raggiunto dall’artista, fu chiaro dalle sue parole, che le opere, il cui materiale era stato prelevato dalle case demolite, erano frutto di stati allucinatori. Basile colpito da due opere chiese se erano in vendita, la risposta fu alquanto bizzarra: prendendone le distanze quasi con terrore, il folle chiese perché volesse comprare una “Tinta” e un “ Armalo”. Effettivamente le due sculture rappresentano un’orrida donna accovacciata dal cui corpo fuoriescono sette piccole teste; facile immaginare la creatura come una madre che divora i propri figli.
L’altro, un uomo mostruoso con una barbetta sul mento a cono rovesciato, è un uomo-bestia. Inevitabile la domanda sull’affinità con i mostri di Villa Palagonia. Risponde lo scrittore che “l’artista” ignorante non ne conosceva l’esistenza. A conclusione aggiunge che dopo il suo acquisto, il folle visse un periodo di gloria vedendo esposte le sue opere pur rimanendo inconsapevole di quanto avesse realizzato.
L’incontro prosegue con altre storie su oggetti, mobili e quadri, è piacevolissimo sentirlo parlare, emana un grande fascino.
Una deliziosa statuina di una divinità birmana, diventa l’ultimo spunto per un racconto. La storia parte dalla posa della statuina, simile a quella della Santuzza, ma non solo. Entrambe sdraiate,condividono la dimora in una grotta. Queste convergenze hanno favorito un’adozione da parte della comunità Indiana di Palermo che ha visto in Santa Rosalia, una rappresentazione della loro dea.
Termina dicendo che in un certo periodo dell’anno si possono notare Indiani devoti che s’inerpicano a piedi verso la grotta, (rito che compivano nel loro paese d’origine per venerare la divinità), è un’altra "acchianata".
Gaetano Basile, ci congeda dopo quest’affascinante viaggio tra un divano, una vetrina, una stampa. Ringrazio riconoscente per l’opportunità. Salutati gli amici, passeggio da sola per via Ruggero Settimo, questi erano i luoghi della mia infanzia e adolescenza.
Ricordo Hugony, Harper con la guardia inglese alla porta, ripenso ai tanti ricordi, alle memorie famigliari. Non c’è più nulla, i negozi sembrano tutti uguali, e qui non c’è più la mia famiglia. Malinconica mi siedo su una panchina a Piazza Castelnuovo, socchiudo gli occhi e ripenso all'incontro da poco concluso.
Ritornano le espressioni del viso, le intonazioni di voce in siciliano “del Cuntastorie” che invitava in un libro a non dimenticare “la lingua d’origine, con quell’esprit de finesse che ci ha sempre distinti”. Consapevole dell’intrigo affabulatorio dello scrittore, divertita, torno a sorridere a questa città, ancora piena di sorprese per me.
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