STORIE
Fu cullato "'nta cufina appesa a un ramo": Enzo e la sua vita tra le nocciole siciliane
Enzo Ioppolo è stato da sempre bracciante agricolo nell’animo. Quarto di sette figli, ha respirato con tutti i suoi familiari la vivacità e la fatica di quelle coltivazioni sui Nebrodi
Enzo Ioppolo e la cufina
dove il pargolo messinese veniva sistemato già a dieci giorni di vita nel noccioleto di famiglia. Enzo Ioppolo, uno degli storici Corilicoltori (da “Corylus avellana” ossia nocciolo o nocciolocoltori) del comprensorio dei Nebrodi, nasce il 9 luglio del 1955 e cresce nella tenuta del padre Leone.
La madre usava portarlo con sé durante lo sfalcio degli alberi di nocciolo in questo cesto intrecciato con rami di nocciolo e castagno (A’ cufina appunto) e rivestito di lenzuolino e copertina, appeso a qualche frasca o tra due frasche (come un’amaca) per averlo vicino durante l’allattamento e per evitare l’assalto degli animali. Giusto per curiosità: “a’ cufina” è pure una Unità di Misura che equivale a “due tummuli” cioè 25 chili di nocciole.
La struttura ricettiva è passata a sua figlia Concetta Ioppolo ed Enzo è un nonno che ha regalato al primo nipotino Leonardo per la sua nascita (ora 3 anni) un Noccioleto di 100 alberi, con cultivar la “Donna di Giffoni - pianta doc” che si adatta al nostro clima. E ci sono pure le gemelline di un anno da accudire. L’appezzamento di due ettari che il padre di Enzo aveva ereditato nel ‘45 a sua volta da suo padre e quello donato alla madre Concetta Salleo dal nonno materno per il matrimonio sono i terreni del nostro protagonista.
Il signor Leone Ioppolo curava in locazione anche 15 ettari a Roccella Valdemone come mezzadro dal 1939. La moglie di Enzo che è di Avola si trasferì a 4 anni con suo padre che era maestro elementare. Sinagra non aveva alberghi e la madre di Enzo affittava camere ed era la fiduciaria della scuola elementare, dove lavorava il maestro forestiero.
Dopo anni scoccò l’amore tra Enzo e Mariaf, dopo gli anni di ex seminarista del “discolo” ragazzo a Catania. Ioppolo ha potuto portare avanti la tutela della nocciola in modo più battagliero, da quando ha occupato la poltrona di Primo Cittadino di Sinagra nel 1997.
È stato il Primo Sindaco in Italia eletto da dipendente al Comune di Sinagra, inserito dal 1979 per oltre 42 anni, assumendo la carica più alta dal ‘97 al 2007 e poi ancora impiegato fino al 14 ottobre 2021. Ma Enzo da schietto politico non abbandona mai la terra che è una delle poche cose che conta, insieme ai suoi congiunti.
Il semplice uomo degli alberi e della frutta secca ha promosso convegni ad Ucria sulla nocciola e, in una riunione dell’Anci nel 2004 sul Lago di Garda, ha avuto l’idea di costituire l’Associazione Nazionale “La Città della Nocciola” (con 215 comuni), insieme all’ex Sindaco di Giffoni Sei Casali (uno dei comuni campani più famosi per produzione di nocciole) Rosario D’Acunto, nonché sociologo del turismo: rispettivamente i due sono vicepresidente e presidente.
A quel tempo, si cominciava a discutere di Città del Vino e dell’Olio. Di conseguenza, Ioppolo appare il riferimento naturale per tutta “La Città della Nocciola in Sicilia”, dove qui prende il ruolo di Presidente, a coordinare ben 11 comuni eccellenti per l’agricoltura delle nocciole, di cui 10 sono stanziati sui Nebrodi ed uno palermitano - Polizzi Generosa che è il più grande.
Tra i messinesi quelli più densamente popolati sono: Tortorici (il più vasto dei dieci) molto rinomato per le “Paste Reali” alla nocciola, Castell’Umberto e Sant’Angelo di Brolo, poi in ordine alfabetico Montalbano Elicona (il secondo per superficie), San Piero Patti, San Salvatore di Fitalia, Sant’Angelo di Brolo, Santa Domenica Vittoria, Sinagra e infine Ucria.
I mandati di Enzo non finiscono: è anche Responsabile della “Condotta dei Nebrodi” di Slow Food, oltre che Membro Regionale della stessa associazione. Ioppolo racconta che i noccioleti erano una immensa ricchezza dal ‘700 in poi per tutta l’Isola nella fascia dai 700 metri sul livello del mare. Ma ne esistono anche a partire dai 250 metri fino ai 1100, con una tipicità che è data dalle diversità di 16 cultivar. Gli antenati si sono adeguati alle escursioni termiche facendo in modo che le fioriture avvenissero a gennaio, febbraio e marzo con le cosiddette prima, seconda e terza mano. A gennaio l’impollinazione.
La procedura dello sfalcio ovvero pulitura - taglio dell’erba dei noccioleti con “a’ runca” (piccola falce) si prefigge dai primi di luglio al 15 agosto, dopo si inizia il raccolto a mano che, un tempo, poteva durare fino ai primi di novembre. “Dovremmo trovare un sistema per una sola cultivar per Igp e Doc – commenta Ioppolo – che è il motivo per cui altre regioni riescono a conquistare il brand di qualità.
La professoressa Di Bella, ordinaria di Chimica degli Alimenti all’Università di Messina, ha dichiarato in occasione dell’Assise nazionale del 2019 ad Ucria che, comparando la nocciola laziale con quella siciliana, le caratteristiche organolettiche e nutritive della nostra isolana sono di qualità superiore dell’altra. Io ho sette cultivar nella mia azienda, grazie al fatto di trovarci affacciati ad una finestra sulle Isole Eolie, con uno stupendo microclima”. Fino a trent’anni fa, c’era un sano equilibrio tra il costo di manodopera e spopolamento.
Per portare un esempio, Ucria fino agli anni Ottanta contava 2800 abitanti e viveva di noccioleti, grano e qualche allevatore, ora 900 abitanti. Tortorici fino alla stessa epoca 12mila, adesso poco meno della metà. “La crisi dei noccioleti scoppia a metà degli anni Ottanta – ricorda Enzo -. Con due ettari di noccioleti una famiglia di quattro persone viveva bene e con investimenti significativi. Altre regioni detengono altre risorse, nonostante la crisi politica.
L’ultima legge è stata nell’83 con un silenzio fino al 2002”. Sui Nebrodi ci sono delle apposite aziende che trasformano le nocciole: Damiano Spa che insiste solo su una linea biologica e si sta spostando sul mandorlo e “Fratelli Caprino Srl” che sono trasformatori sia biologici che convenzionali. I coltivatori non hanno laboratori industriali e si limitano in caso ad asciugare e sgusciare.
Ioppolo è preoccupato come altri titolari di aziende dei Nebrodi per l’invasione dei ghiri che hanno mangiato tutto: dal kiwi al pomodoro. In Sicilia, si registra il rischio di una perdita produttiva del 50-60% che rende difficile lo sviluppo della piantagione. Forti discussioni sorgono su come proteggere tutte le tipologie di noccioleti e per salvare il salvabile un escamotage sarebbe custodire l’intero paesaggio del noccioleto. A spezzare una lancia su questo toccasana è il presidente di “Slow Food Sicilia” Fabio Di Francesco.
“Non si produce raccolto nel 2019 e 2021 – spiega Ioppolo -. Miracolati nel 2020, evento paragonato al 1963. Non ci sono stati ghiri nel 2020 dal punto di vista climatico - ambientale. In un ettaro, 20 quintali di nocciole; nel 2019 meno di un terzo. Nel 2020, danni minimi, cosi c’è stata ricchezza di ghiande e nocciole. E’ palpabile la presa di posizione dei sindaci. Conosco le realtà in cui c’è il noccioleto in Piemonte: stanno estirpando i vigneti che sono fonte di prosperità numero uno.
Con le politiche opportune si può ricavare tanto dalle nocciole. Basta eliminare la cimice con l’antagonista naturale detto Grion. Ricordo uno studio dell’università di Palermo - una delle migliore Biofarm a Ramacca in gestione dell’Esa, mai avviato per allevamento Grion”. L’Italia è prima in Europa e seconda nel mondo per le nocciole ma il ghiro è protetto. La filiera deve nascere sul progetto di tutela e non per i progetti milionari. L’Ispettorato Agrario di Messina tramite l’Università di Palermo ha riscontrato che un allocco agisce su 10 ettari per prendere i ghiri ma ci sono 200 ghiri/ettaro. Bisognerebbe catturarli e portarli altrove o vedere dove vanno di notte con i droni. I cinghiali vengono abbattuti.
Illustrando le traversie dei noccioleti, Ioppolo osserva: “Tanti team e una grande battaglia che ci porta alla Misura Ambientale 216 del 2013 per recupero dei noccioleti, sfalcio, potatura ceppaie, ripristinato muretti a secco, eliminare rami in eccesso, lasciare una sola ceppaia contro il dissesto, tutela contro gli incendi. Su 15mila ettari originari (perché la Sicilia aveva la maggiore estensione d’Italia per questa produzione) fino agli Ottanta, ne erano sopravvissuti fino al 2013 circa 4mila produttivi. 13mila sui Nebrodi da Frazzanò fino ad Antillo.
A Catania fra Castiglione di Sicilia, Linglaglossa e Milo, 1500 ettari di noccioleto. A Polizzi Generosa, 200 ettari. Qualche piccolo insediamento a Piazza Armerina. Riscattati 8mila ettari da coltivare”. È tonda e gentile e soggiorna nelle Langhe. La migliore nocciola d’Italia è attestata in Piemonte, per l’esattezza nella zona alta di Cuneo e possiede la certificazione Igp come “Nocciola Piemonte” dal lontano 1993, essendo anche introdotta in un filone dolciario di illustre coronamento che è quello del gianduia nelle sue confezioni strafamose e vesti spalmabili o da cioccolatino (rispettivamente Nutella e gianduiotti targati Torino).
L’altra regione che si batte per il primato della “Corilicoltura” e del suo frutto è la Sicilia, dove il territorio simbolico è il messinese con una coltivazione di noccioleti che ammonta al 90 per cento della superficie isolana. Poca rappresentanza sulle Madonie però convogliata nell’Arca del Gusto di Slow Food è quella della “Nocciola di Polizzi” (in provincia di Palermo) che rientra nella preparazione di ottimi torroni e di alcuni biscotti natalizi, in compagnia dell’uva passa. Nella Regione Siciliana, è stato siglato l’Accordo quadro della “Filiera della Nocciola siciliana”, sotto il mandato gli ex assessori Bandiera e Grasso.
Gli attori che hanno aderito vanno dagli agricoltori alle organizzazioni di produttori, dai siti di stoccaggio alle imprese che trasformano e vendono le nocciole; immancabili le associazioni di consumatori, università e centri di ricerca. Le province di Messina, Catania, Palermo ed Enna si identificano come presidi di fabbricazione, raccolta e stoccaggio della nocciola nostrana, con lo scopo di allargare le frontiere ad altre località siciliane. Anche la Liguria ha meritato l’inserimento nell’Arca del Gusto con la “Nocciola Tapparola”, tipica del Comune di Chiavari perché inizia ad esserne carente. Questa varietà viene convertita in pasta di nocciola e granella.
I conoscitori di fauna avanzano una illazione: visto che i roditori “conquistadores” rappresentano una specie non autoctona che ha sopraffatto la specie esistente, questa famiglia di ghiri potrebbe essere stata importata da qualcuno del luogo o da qualcuno con interessi commerciali nel Piemonte. E’ una versione riferita da alcuni produttori. È certo che il fenomeno ghiro dilaga ed ogni regione cerca di invertire la rotta “disastro agricolo e finanziario” come può: nel Lazio dove la “Nocciola Tonda Gentile Romana” ha acquisito il marchio Dop, si vuole procedere con le monoculture intensive di noccioleti a cui Slow Food è contraria perché questi criteri non salvaguardano la biodiversità.
Questo frutto non può correre il pericolo di estinguersi perché viene impiegato a largo raggio dall’arte pasticcera e panaria (quali torte, gelati, frollini e il prodotto tipico “Pangiallo” che è simile al panettone con l’aggiunta di zafferano) e nella gastronomia per insaporire alcuni secondi piatti (vedi le costolette d’agnello).
La Campania potrebbe puntare allo stesso iter forzato per prevenire deficit o recuperare l’abbondanza di un tempo a noccioleto per l’eccellenza di Giffoni Igp (suolo vulcanico nei Monti Picentini, provincia di Salerno, da cui si crea la “Sfogliatella” alla crema nocciola), del frutto dell’irpina Avella e di Avellino.
La “Mortarella” rievoca il chicco di caffè. Anche la Calabria sfoggia una produzione encomiabile della “Nocciola Tonda” sulle colline comprese tra Catanzaro e Vibo Valentia. Qui i corilicoltori si sono raggruppati in un Consorzio per monitorare l’andamento del frutto e per esaltare i prodotti che gli gravitano attorno come il Tartufo di Pizzo Igp, la sfera di gelato cosparsa esternamente da nocciole.
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