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Fu così amato che quando morì tutti vollero una sua reliquia: Bernardo, il santo di Corleone

Quella di Bernardo, nato come Filippo Latino, è una bella storia che scopriamo attraverso gli studi di un ricercatore e collezionista, che si occupa di Antropologia e Tradizioni popolari

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 8 febbraio 2022

San Bernardo

Quando si dice che gli incontri avvengono per caso, diffidate: sono appuntamenti che il destino ci pone lungo la vita. Premessa necessaria per parlare di un incontro collegato a un altro: Leoluca Cascio e San Bernardo da Corleone. Luca è un ricercatore e collezionista, si occupa di Antropologia e Tradizioni popolari compiendo ricerca sul campo. Nelle sue collezioni ha un po' tutto, dalla ceroplastica alle pitture su vetro, agli attrezzi etnoantropologici a tutto ciò che è inerente alla sua Corleone.

Il suo è un collezionismo “dinamico e comunicativo” quello che scopre diventa oggetto di studio. I 19 anni presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo ne hanno plasmato rigore e sensibilità.

Sfoglio il suo bel libro “Tra le righe e le corde” dove scrive di San Bernardo e del convento dei Francescani. Rigoroso come ricercatore, provo a inserirmi nel fiume d’informazioni con un “Sarebbe bello vedere tutto questo”. Pochi minuti e sono accontentata.
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Sono alla Chiesa di San Martino di Corleone, al cospetto di Don Vincenzo Pizzitola Arciprete Decano della Parrocchia, che abbiamo strappato al suo pranzo. Luca ha allestito una mostra che raccoglie documenti, libri immagini, foto, reliquie, incisioni del Santo. Quella di Bernardo, nato come Filippo Latino, è una bella storia.

Nasce a Corleone nel 1631, da una famiglia devota, la madre è Terziaria Francescana, il padre ciabattino, aiuta il prossimo. Filippo lavora nella bottega del padre, d’inverno chiede l’elemosina per i carcerati della prigione del Castello. Oltre la carità, la sua passione è la spada che con "tradizionale fierezza" mette al servizio dei concittadini, vessati da abusi, mostrando lo spirito che connota una città in perenne fermento, tanto da essere chiamata “Animosa Civitas”.

È bravo tanto da esser considerato “prima spada di Sicilia”. Ma come nelle più belle storie, anche di manzoniana memoria, sarà proprio tramite l’arma che troverà la vocazione. Tutto inizia con il ferimento di “Vinuacitu”, poi con il duello con Vito Canino, forse sicario del ferito. Nello scontro Canino avrà il braccio amputato da Filippo, rimanendo disabile. Da qui la crisi religiosa che porterà Filippo prima al convento dei Cappuccini dove sarà addetto ai lavori più umili: dalla cucina alla lavanderia; poi nel 631 come novizio nel Convento di Caltanisetta.

Solo all’età di 27 anni, dopo un lungo esame,riuscirà a indossare il saio dell’ordine e a diventare Bernardo. È un frate laico perché analfabeta, a chi gli diceva di imparare a leggere, rispondeva che lui studiava le piaghe del Signore.

Dedito a penitenze corporali, digiuni, privazioni, tornerà per l’ultima volta a Corleone nel 1663, si racconta che saluterà la sua terra inginocchiandosi per un bacio. Quattro anni dopo morirà nell’infermeria dei Cappuccini al Cassaro. A un suo concittadino donerà "3 discipline conficcate nella cera", delle punte di vetro con cui si flagellava. Le sue ultime parole furono: "Andiamo, andiamo" sussurrate con il sorriso sulle labbra. Finita la storia terrena di Bernardo da Corleone, si apre quella della "divisione" dei suoi resti, e del lungo periodo che ci vorrà per la canonizzazione.

La spartizione delle reliquie dopo la morte, benché possa sembrare macabra, è sempre stata una pratica diffusa. E infatti, dopo la morte di Bernardo si racconta che un principe chiese di poter avere un suo dente. Chiamato un dentista, questo non riuscirà a estrarlo. Non potendo scontentare un così illustre personaggio, il Padre Guardiano si rivolgerà direttamente al morto, appellandosi all’obbedienza che lo aveva sempre contraddistinto. A queste parole, il dente cadde naturalmente e fu donato al nobile. La notizia della morte del cappuccino farà accorrere tanta gente, molti alla ricerca di una reliquia del Santo.

Luca racconta che gli furono praticati dei salassi per avere delle boccettine, dove intingere i fazzoletti di chi voleva portare a casa non solo un ricordo, ma anche quei poteri taumaturgici e di protezione che gli venivano riconosciuti. Varie tuniche del Santo saranno tagliate e distribuite. Per le donne che volevano vederlo, il cui ingresso era vietato al Convento, il corpo sarà spostato all’Ospedale. Un corteo lo riporterà in chiesa, tra ali di folla e ceri accesi, persino il Viceré assisterà al passaggio. Dopo qualche tempo fu fatta la ricognizione dei resti, il cranio e le ossa risultarono “disgregate e slegate” dopo aver prelevato alcune reliquie, saranno custoditi in una cassa.

Con Luca guardo i pezzi esposti, mi dice che ne mancano alcuni “curiosi”, come un libro scritto in francese su Bernardo nel '600, e persino un fumetto messicano che racconta la sua storia. Aggiunge che la spada, reliquie e il cuscino di legno, sono stabilmente nella casa del Santo diventata chiesa. Tra le foto è incredibile quella dove sono mostrati cranio e ossa ricomposti.

Il processo di Beatificazione, inizierà 6 anni dopo la morte e nel 1699 sarà dichiararto Venerabile. A questo punto per decenni il processo s’interromperà. Sarà nel 1768 con il riconoscimento di due miracoli, che sarà proclamato Beato. È così resterà per 233 anni. Con la rivoluzione Francese, Napoleone, i moti rivoluzionari, le soppressioni delle Corporazioni Religiose, il processo fu dimenticato. Nel 1994 un Cappuccino, facendo delle ricerche, troverà gli atti del processo interrotto, riaprendo l’iter.

Sarà Giovanni Paolo II a iscriverlo nell’albo dei Santi. Nell’omelia dirà che destava meraviglia come un umile frate laico potesse discorrere, con così tanta competenza, della Santissima Trinità, aggiungendo che fu possibile grazie all’ascesi, preghiera e penitenza.

Luca è straordinario, mi dice come ci sia ancora tanto da scoprire su S. Bernardo. Il Decano ci osserva,mentre parliamo, mi rendo conto che lo stiamo trattenendo oltre l’opportuno, usciamo, è tempo di lasciarlo al suo pranzo.
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