STORIA E TRADIZIONI
Forse non sai che nel cuore di Palermo c'è il "Piede fenicio": che cos'è e dove si trova
Nel piede fenicio esisteva un tessuto stradale ancora oggi in parte riconoscibile, formato da una lunga bisettrice (plateia) nella parte antica della nostra città
Piede Fenicio
Tali presenze si registrano sparse nel territorio palermitano senza, però, costituire da nessuna parte un vero e proprio insediamento stanziale. La prima fondazione storica di Palermo risulta essere avvenuta tra l'VIII e il VII secolo a.C. ad opera dei Fenici, un antichissimo popolo del Mediterraneo originario del Libano e considerato fondatore sia della città di Palermo che di Solunto e Mozia.
Oltre ad una più o meno esatta periodizzazione della fondazione della città, sulla quale gli studiosi non sono sempre d'accordo, è notizia largamente diffusa e accettata che l'abitato embrionale fenicio su suolo palermitano non fosse nulla di più che un «emporio [...] localizzato nel territorio per l'instaurazione di rapporti di commercio con le locali popolazioni pseudoindigene, i Sicani, e con quelle delle vicine aree d'insediamento èlimo, e come scalo per la navigazione verso l'Iberia: mancò, insomma, al gruppo di Fenici stanziatisi nel territorio palermitano quella intenzione colonizzatrice che altrove - nelle coste africane e nella stessa Iberia - dava luogo al sorgere di nuove città».
Tale penisola era fiancheggiata a sud e a nord dal mare, il quale penetrava nell'entroterra da sud, con una notevole rientranza che dimezzava l'attuale piazza Marina, approssimativamente sino a piazza Sant'Anna; da nord, invece, il mare penetrava pressappoco sino l'odierna piazza Caracciolo, ove è il mercato della Vucciria; il porticciolo della Cala non esisteva ancora.
Da monte scorrevano i due noti fiumi di Palermo: il Kemonia, o Cannizzaro, un fiume a carattere torrentizio, detto anche fiume del maltempo, che si originava dalla cosiddetta Fossa della Garofala (odierno parco d'Orleans), e il Papireto che nasceva dalla depressione dei Danisinni. Entrambi i fiumi sfociavano al mare.
I Fenici chiamarono in un primo tempo la città Macchanat (campo fortificato) e poi Zyz (fiore), mentre i Greci la chiamarono Panormos, "tutto porto", proprio per la sua conformazione e per la facilità di attracco che avevano le navi una volta arrivate nei suoi porti.
«Il nucleo di fondazione della città ebbe tuttavia sede solo in una parte della penisoletta, quella che abbraccia le aree di piazza della Vittoria, della caserma della Legione dei carabinieri e del palazzo arcivescovile, interclusa cioè tra la piazza indipendenza, la via del Bastione, la linea degli edifici della Questura e dell'arcivescovado, la piazza Domenico Peranni e il corso Alberto Amedeo: circoscritta da una solida muraglia di cui sono significativo avanzo i resti pseudoisodomi lungo il corso Alberto Amedeo, aveva perimetro di circa 1300 metri e inglobava una superficie di 13 ettari».
È questa l'area intesa dallo storico greco Polibio come paleopolis, "città vecchia", posta a 30 metri sul livello del mare e perciò un ottimo punto di osservazione per il controllo del territorio.
Ad est della paleopolis, da piazza Indipendenza sino alla parte bassa dell'odierno corso Calatafimi, era situata la necropoli, rinvenuta nel 1746 in occasione della costruzione del Real Albergo dei Poveri, durante la quale furono riportate alla luce varie tombe a camera.
Probabilmente in seguito ad un aumento della popolazione, i Fenici si andarono stanziando oltre la paleopolis, circondata da mura, torri e varie porte d'ingresso.
Pertanto, i Fenici si andavano spostando ad est, verso il mare, generando quella che gli storici chiamarono la neapolis, "città nuova", il cui perimetro dell'area si delineava lungo «via del Bastione, piazza Vittoria le vie dei Biscottari, Mario di Puglia e Giuseppe d'Alessi, piazza Pretoria e via Schioppettieri, per risalire dalla parte opposta all'asse centrale con le salite S. Antonio e Catellana, le vie del Celso e S.Agata alla Guilla, piazza Peranni e ,infine, il corso Alberto Amedeo».
La paleopolis e la neapolis insieme vengono definite dagli studiosi come il "piede fenicio", quello che per gli arabi diventerà il famoso Cassaro. Nel piede fenicio esisteva un tessuto stradale ancora oggi in parte riconoscibile, formato da una lunga bisettrice (plateia) che andava dritta dall'odierno Palazzo Reale a via Roma, come oggi la via Vittorio Emanuele, ma la plateia, rispetto a questa, presentava un maggiore sfasamento verso Nord-Ovest.
Alla plateia, si intersecavano, a lisca di pesce, varie viuzze più piccole (stenopoi) che creavano diversi isolati. Quella finora descritta è l'idea generale della topografia antica della città di Palermo, redatta da G.M. Columba nei primi anni del Novecento e accettata dalla maggior parte degli studiosi.
Tuttavia già nel XVI-XVII secolo alcuni storici come il Pugnatore e il Valguarnera sposarono l'idea di collocare la neapolis non come propaggine della paleopolis, ma come città "indipendente", cioè non congiunta a questa, collocata al di là del fiume Kemonia e, secondo Salvatore Morso, storico del XIX secolo, con un'estensione verso sud addirittura fino ad arrivare alle sponde del fiume Oreto.
Da una guida sulla Palermo punica del 1996 si può leggere: «Oggi nuovi rinvenimenti fanno ritenere l'occupazione del IV sec. a.C., di un'area esterna al Cassaro, compresa tra le odierne Casa Professa e Piazza Marina».
Francesca Spatafora, già qualche anno fa, suggeriva che proprio in quest'area, situata a ridosso della zona portuaria della città antica, sostanzialmente in buona parte dell'odierna piazza Marina, si riscontrava la presenza di "quartieri artigianali e commerciali", diceva infatti «lo testimoniano i numerosi scarichi di materiali, soprattutto anfore da trasporto, rinvenuti nel corso di varie indagini condotte nell'area intorno all'attuale Piazza Marina o sullo sperone che chiudeva a Sud-Est il bacino portuale dove sono stati raccolti indizi significativi che permettono di ipotizzare la presenza di una piccola area sacra connessa all'area portuale e alle attività marinare».
Si evincerebbe, inoltre, in seguito ai saggi di scavo condotti a Palazzo Steri, la presenza, sebbene in mancanza di strutture architettoniche, di «un'occupazione stabile non anteriore alla metà del III sec. a.C., connessa alle attività portuali». Concepire, dunque, e rintracciare testimonianze della neapolis al di fuori dei perimetri finora attestati, e comunemente riconosciuti, è uno degli obbiettivi delle moderne ricerche storico-archeologiche del territorio palermitano.
(Per approfondimenti confronta Storia di Palermo I, Dalle origini al periodo punico-romano; Guida breve alla Palermo Punica realizzata dal Museo archeologico Antonio Salinas di Palermo, 1995-96; Panormos di Francesca Spatafora in Memorie dalla terra, 2007; Riflessioni sulla topografia di Palermo antica trent'anni dopo di Oscar Belvedere).
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