CURIOSITÀ
Forse non sai che a Palermo ci sono sette ponti: un tour tra le opere in giro per la città
Non deve sorprenderci che in città ci siano tutte queste opere per attraversare l'Oreto, un tempo rigoglioso e splendente, che versa in cattive acque. Quali sono
Ponte dell'Ammiraglio di Palermo
Nonostante aver rischiato la collisione con alcuni monopattini che andavano alla media dei 120 Km/h, i gas di scarico, ed il rischio di 2-3 investimenti in cui il torto, a parere dei conducenti, era mio nonostante fossi sulle strisce pedonali, l’esperienza è stata bastevolmente piacevole, soprattutto perchè mi ha consentito di poter sostare un attimo a sincerarmi personalmente sullo stato di salute del nostro amato fiume.
Io me lo ricordavo che non era proprio il Danubio blu, ma ad essere onesti, dopo attenta analisi ed anamnesi, ho convenuto che il fiume versa in condizioni di schifiu ru schifiu, assieme al suo ponte, e, tra scarichi abusivi e munnizza, l’unico essere a prosperare in questo complicato ecosistema è il "rattus norvegicus", comunemente ratto di fogna, dalle nostre parti amichevolmete detto succi i cunnutta!
Ora, per prenderli in esame tutti, (sono davvero più di quelli che immaginate), ci vorrebbe un trattato, e non essendo uno storico di ponti, (anzi non essendo uno storico proprio), rischierei di farei un serio tronzo di malafiura, oltre che probabilmente il 90% di quelli che leggono mi manderebbe a cuogghiere luppina dopo le prime tre righe, per cui prenderò in esame solo quelli più importanti; ponte Ammiraglio, ponte Corleone, ponte di mare, ponte rotto, ponte delle teste mozze, ponte Oreto, ponte Guadagna o Bailey.
Tuttavia, poichè sono pillicusu ed a volte una scocca di camurria, non posso parlare di ponti senza acecnnare, almeno in minina parte, al fiume che sovrastano.
Il nome Oreto non è proprio certissimo. Se ne sono occupati i pre-romani con il culot pagano del Dio Oreto che pareva risiedesse proprio in quelle acque, ne hanno parlato i greci, (e quannu mai), nominandolo Oros, (montagna), ma l’ipotesi più affascinante la da lo storico Rosario La Duca, ipotizzando che il nome Oreto possa derivare dal fatto che nel suo letto furono ritrovate delle pepite d’ oro di una certa rilevanza che attirarono, in tempi passati, dicersi cercatori, a tipo Paperon de Paperoni nel Klondyke!
Il gentiluomo Vincenzo di Giovanni, nella sua opera “Palermo restaurata” del 1627, scrive che il fiume ha origine a Misilgadone, ovvero il monte Matassaro a Portella di Renda, frazione di Pioppo, indi attrarversa la piana di Palermo, (la ei fu conca d’ oro), ed alla fine si getta a mare in un percorso di circa 20 Km. Scrive anche “...nelle stagioni proprie vi sogliono passare aironi, rosselli, anatre ed altri uccelli quali di volano con falcini...”,”...dietro lo stazzone”, (la foce),” vi si trova un piccolo pantano delizioso per la caccia e la pesca e vi si prendono i bagni freschi contro le infermità...”.
Altro che ratti e munnizza, l’Oreto ai bei tempi era anche terapeutico! Il marchese di Villabianca fa cenno alle sue acque ricche in anguille, cefali e tenchie, e persino piccoli storioni. Eravamo ricchi e nuddu u sapieva! Assieme a lui il canonino Antonino Mongitore nella sua opera "Sicilia ricercata", scrive che il 24 novembre 1692, “pioggie gagliarde”, fecero ingrossare il fiume facendolo arrivare fino alle mura della città, “...ove sposito nei fossati gran quantità di anguille...”, per la felicità dei poveri palermitani che, avendo un pitittu che ci stava facendo acito, non si persero l’occasione di quella bella frittura di pesce a gratis.
Senza parlare dei mulini lungo tutto il suo corso per la molinatura del grano e delle olive.
Il ponte dell’Ammiraglio
Il più famoso di tutti, nonchè uno dei più antichi. Fu fatto costruire per volontà dell’ ammiraglio,(da cui il nome), di Ruggero II, Giorgio di Antiochia, lo stesso che ebbe la bella idea di far edificare la chiesa della Martorana a piazza Bellini, da non confondere con la chiesa di San Cataldo con le sue caratteristiche cupole rosse. Ad oggi il ponte Ammiraglio, mischino, è privo del suo ruolo, ovvero è un ponte dove non passa acqua.
Nel 1938 l’allora amministrazione decise di eliminare una delle due biforzazioni che precedevano il ponte, a quanto pare per evitare possibili nuove alluvioni, cosa frequente all’ epoca, lasciandolo all’ asciutto. Nella mappa idrografica della città di Palermo del 1849 è ancora possibile vedere tale biforcazione.
Fu proprio sul luogo ove nacque il ponte Ammiraglio che Ruggero I, in preda a delirio mistico e guerrafondaio, vide l’ Arcangelo Michele, che gli ordinò di andare e sgagnare le corna aggli infedeli, cosa che fece nel 1057.
Successivamente, il 27 maggio del 1860, Garibaldi, dopo aver detto a Gibilrossa "domani a Palermo", fu proprio li che si scontrò con le sue truppe contro i Borboni, che r’ammucciouni a tutti si erano appostati sotto le arcate, nel letto ormai asciutto dell’ Oreto. Come finì lo sappiamo tutti. Piccola curiosità, le arcate originali del ponte erano solo 11.
La dodicesima fu un’aggiunta dal marchese Tommaso Natale nel 1800, per sovrastare il canale Battagli, con accanto l’ omonimo Mulino di suo uso.
Ponte Corleone
Croce e delizia di tutti i palermitani, non vi è esatta notizia delle sue origini, al pari della sua millantata ricostruzione e riqualificazione da parte del Comune.
Chiamato anticamente ponte Rancio, nella sua maestosità, fu distrutto nel 1720 da una violenta inondazione, per poi essere ricostruito con "nuove" tecnologie nel 1962 con il nome di Ponte Corleone proprio perchè, in origine, era la via di accesso da Palermo alla nuova strada per Corleone.
Leggenda vuole che nelle scarpate della sua immensa vallata siano celati gli ingressi ai tunnel dei Beati Paoli, capaci di raggiungere qualsiasi luogo della città, e che sia uno degli luoghi di avvistamento del famoso Sugghiu. Nel corso del tempo, a causa dei numerosi eventi nefasti, il ponte Corleone è stato spesso soprannominato il ponte dei suicidi.
Ponte di mare
Ovverosia il ponte attassato! Nato nel 1586, a causa della sua pessima realizzazione subì vari danni, fino a quelli finali che lo resero inagibile nel 1717, a causa del passaggio di alcuni carri carichi di legname.
Il Senato intervenne per consolidarlo, ma i lavori furono fatti alla comegghiè e nel 1772 un alluvione lo spazzò via come una stecca di stigghiola davanti un palermitano affamato. Si salvò solo la statua presente del genio di Palermo, ora murata nella sala delle Lapidi del palazzo comunale.
Imperterriti lo ricostruirono nuovamente nel 1778, stavolta, forse, a mestiere, dato che nell’alluvione del 1931 non subì alcun danno e potè dare i natali alla nuova strada litoranea per Messina, Catania ed Agrigento, per la quale fu eretto un obelisco commemorativo ancora oggi visibile sul piano di Sant’ Erasmo.
Ma in mancanza di alluvioni, ci pensò la grande guerra ad indebolire la struttura fino al 1975, anno in cui fu ampliato e riconsolidato con una struttura in cemento armato che oggi unisce la via Ponte di Mare con la via Messina Marina.
Nei favolosi anni '50 in parallelo vi era anche il ponte ferroviario dello scarto ridotto Palermo- Corleone che permetteva di arrivare proprio alla stazione di Sant’ Erasmo.
Ponte rotto
Ormai passato a miglior vita, già il nome è tutto un programma. Data la sua posizione, a ridosso delle borgate di Santa Maria di Gesù e Falsomiele per permetterne il collegamento con Palermo, era sempre una situazione di perenne danneggiamento a causa delle continue esondazioni, (magari anche perché i costruttori non vi si erano particolarmente applicati…), fino a quando venne totalmente distrutto nel 1700 da una piena di grandi proporzioni. Alla fine dell’ omonima via è ancora possibile osservarne i resti.
Ponte delle teste mozze
Già il nome fa arrizzare le carni, ed a vederlo oggi non si intuirebbe il macabro dietro, con quella sua struttura avverinistica ove passa anche il tram, e che collega i due monconi di corso dei mille (all’ altezza di piazza scaffa). Originariamente sul ponte vi era un cippo piramidale (trasferito li dal piano di Sant’ Erasmo, nel 1779, dove era usato per giustiziare i pirati), dotato di alcuni ganci, a cui venivano appese le teste dei malfattori appena giustiziati, e li lasciate, a decomporsi e smembrarsi sotto le beccate degli uccelli, a severo monito per la popolazione.
Ancora oggi, è presente un piccolo cippo funerario a ricordo di quelle povere anime, al quale, alcuni sconosciuti, continuano a portare fiori e lumini votivi. Accanto il luogo dei misfatti, vi è la chiesetta della Madonna del Fiume, eretta nel 1785 sulle spoglie di uan piccola cappella, essa aveva, al proprio interno, una botola che dava accesso al carnaio, (avete mai sentito l’ espressione “ma chi da? Pari un carnaio!”, ecco!), ovvero una fossa comune ove venivano gettati i corpi precedentemente legittimi proprietari delle teste che venivano messe sui ganci della piramide.
Quando il carnaio era pieno, la rimanenza, (a quei tempi il boia era come un posto di lavoro alla regione), dei corpi dei giustiziati venivano trasferiti presso il cimitero, (non più esistente), dell’ Ospedale di San Bartolomeo i cui resti ad oggi sono visibili nel meraviglioso loggiato al Foro Italico.
Questa macabra e violenta pratica diede origine al detto “all’ armuzzi ri corpi dicullati”, che si riferisce proprio ai corpi delle teste mozzate ed esposte in alto in quel luogo. Il comune di Palermo, anni ed anni ed anni fa, nella sua infinita magnificenza, fece intitolare la via che continua dalla fine del ponte deviando a mare, proprio come via dei decollati riferendosi al detto e ad eterna memoria di quella macabra pratica.
Ponte Oreto
Vittima di diatribe, polemiche e quant’ altro è stato oggetto di infinite promesse di ritrutturazione e ricostruzione infinite volte. La sua ideazione risale al 1700, ma fu realizzato solo nel 1930 in pieno ventennio fascista, sull’ onda della disperata ricerca di consensi, da parte del regime, sull’ isola siciliana.
Durante la costruzione i gerarghi del regime incaricati di sovraintendere alla costruzione, andavano a rifocillarsi presso la friggitoria Liscindrello, poco più avanti in via Oreto, il cui gestore era di animo e pensiero rosso fuoco.
Un aneddoto vuole che rimproverato del fatto che la foto del Duce fosse arrotolata e risposta in un barattolo invece che esposta cosi come prescritto, il Lisciandrello rispondesse, “lorsignori non vorranno mica che gli schizzi d’ olio di questa umile bottega deturpino la magnificenza dell’ immagine nostro Duce vero?” tra le solerti approvazioni dei limitati gerarchetti fascisti he addirittura lodarono l’ idea.
Ad oggi è puntellato e interrotto da alcune bariere di rinforzo in diversi punti, ma facendo attenzione è possibile scongere sui piloni dei fasci littori ad eterna memoria di ciò che accaduto e mai più deve accadere.
Ponte Guadagna o ponte Bailey
Si tratta di un piccolo ponticello che permette ai due tratti della via Guadagna, divisi appunto dal fiume, di congiungersi. Originaria era stato costruito in legno, ma negli anni 50 fu sostituito da una struttura in cemento. Nel tempo il ponte è stato oggetto di diverse opere di consolidamento quasi del tutto inutili, difatti, il 9 aprile 1997, l’allora Sindaco Orlando inaugurò in pompa magna, il suo sostituto, ovverosia il ponte Bailey, (dal nome del suo ideatore), installato in pochi giorni dal genio militare.
Doveva essere una soluzione momentanea, in attesa di uan struttura definitiva (quella ideata appunto dall’ingenere Donald Bailey), ma nella migliore trdizione siciliana di immobilismo, ciò che doveva essere qualcosa di provvisorio divenne in breve tempo qualcosa di permamente e definitivo, con relative chiusure a fasi alterne per opere di manutenzione e consolidamento.
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