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Forse lo conosci per "ma va cacaci a m": chi è Fratello Coscienza, il santone dell'Arenella

Il divorzio lo porta a chiudersi dentro casa per anni. Poi grazie all'arte, tra alti e bassi, la rinascita e l'impegno sociale nel quartiere: l'intervista al santone-pittore

  • 2 agosto 2024

Sandro Tarantino, in arte Fratello Coscienza (foto di Maria Vera Genchi)

Rondini in volo su sfondo blu. C'è il cielo sulla facciata di una casa di fronte al mare all'Arenella.

Ad aprire la porta è un uomo sulla cinquantina dai lunghi capelli bianchi, la barbetta e una tunica bianca.

È Sandro Tarantino. Nel quartiere di Palermo in cui vive lo chiamano il santone, ma chi segue TikTok lo conosce con il nome che ha scelto di darsi: Fratello Coscienza come racconta a Balarm in un'intervista video.

Chi si ferma all'apparenza lo reputa folle, o maleducato, per l'espressione goliardica ricorrente nei suoi video "Ma va cacaci a m*", ma in pochi conoscono la sua vera storia.

«Nome e cognome al di là di quello che ci è stato attribuito - spiega Sandro - al momento giusto me lo sono voluto dare io, un momento doloroso in cui ho preso coscienza della verità e ho iniziato ad amare me stesso».

Nato all'Arenella, quando la sabbia e le rimesse per le barche ancora non c'erano, sin da piccolo avverte dentro di sé «una forza superiore che - spiega - ancora non riuscivo a riconoscere».
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In quegli anni si giocava per strada con i tappi di buttigghia e al mare ci si tuffava dagli scogli. «La vita era più autentica - ricorda - ci divertivamo con niente, non avevamo bisogno di tecnologie, ci inventavamo i giochi pure con i tappi».

Cresciuto tra i vicoli dell'Arenella e il mare, conclusa la terza media, Sandro si iscrive all'alberghiero. Ma studiare non gli piace e lascia l'istituto prima di concludere il secondo anno: «Dentro di me ho sempre sentito un rifiuto verso le imposizioni - spiega - la mia scuola è stata la società, i sindacati, la politica, la strada».

Gli studi alberghieri gli aprono le porte del mondo della ristorazione: Sandro fa il direttore di banqueting, catering. Poi entra nell'Amia, l'ex servizio di gestione dei rifiuti a Palermo, e molla i ristoranti per il posto fisso.

Il suo matrimonio burrascoso finisce con un divorzio, che lo porta a chiudersi dentro casa per anni. A salvarlo sarà l'arte, quella che Sandro definisce dell'anima, della non logica, del non programma.

«Come al solito per vedere la bellezza dobbiamo passare dal brutto, dal dolore - racconta - Avevo 35 anni, mi ero divorziato da poco ero molto chiuso in me stesso. Poi per caso ho riscoperto l'arte, quella che sentivo dentro. Ho preso coscienza della verità, dentro di me».

Tutto nasce da una lite in famiglia e una facciata da ristrutturare.

«C'erano queste case in eredità chiuse - spiega - per cui mio zio e mia madre litigavano, mancava la disponibilità economica e dovevamo rifare la facciata».

Fratello Coscienza si ritrova a fare da mediatore, con una brillante idea: «Anziché tenerle chiuse e disabitate dovevamo farle risplendere queste case, della facciata intanto potevo occuparmene io. Ho detto a mia madre "Posso creare io, compriamo il materiale". Non sapevo cosa fare ma mia madre ha creduto in me e alla fine mi sono messo al lavoro».

Così prende il flex e realizza un sole, la luna e sette stelle. «Quando si crea è come se si sfogliassero dei libri, ho sfogliato il mio libro interiore. Appena ho iniziato non volevo più smettere. Ero triste a pensare di dovere completare la facciata - confessa - mia mamma mi diceva "Ma ancora non l'hai finita?" e io "No", ma la casa si doveva vendere e io dovevo finire per forza».

Conclusa l'opera e venduta la casa, Sandro si ritrova senza più materiali, né obiettivi, per dare sfogo alla sua creatività: «Mi sono rintanato dentro di nuovo, per la tristezza - racconta - ma al momento giusto è passata una signora facendomi i complimenti per la facciata spingendomi a fare delle opere, anche rudimentali».

Così Fratello Coscienza si rimette all'opera. Usa ciò che trova in strada: pietre, sassolini, le incolla su tavolette di legno e realizza mosaici. Nel 2008 conclude un primo ciclo di opere, una ventina di mosaici rudimentali che poi distrugge.

In un momento d'ira e insoddisfazione Sandro prende anche la sua macchina, la parcheggia in piazza all'Arenella e la distrugge, davanti a tutti. Arriva il ricovero per tso. «Quello che posso dire è che non lo auguro a nessuno», afferma.

Una volta uscito, l'arte torna a salvarlo. In due anni e mezzo conclude un secondo ciclo di opere, 40 per l'esattezza, quello che chiamerà "Ciclo perfetto".

«Alla ventunesima opera mi sono detto "Sono tornato, adesso tutto l'amore lo metto nell'arte". Perché è così - continua - l'amore in fondo lo dobbiamo riscoprire dentro. Gli altri sono uno specchio della stessa riscoperta che possiamo avere con noi stessi».

Sandro inizia quindi il suo percorso da artista, prova a vendere qualche opera, incitato dal padre: «Ha iniziato lui comprandomene una - racconta - ne ho vendute in totale tre. Poi mi sono fermato, non ho voluto fare più nulla, mi sentivo di nuovo vuoto».

L'arte fine a sé stessa non gli basta più. Presto però scopre che può diventare motivo di condivisione e di azione partecipata nel quartiere: «Un giorno si presentano tre bambini alla mia porta, dicendomi che volevano creare - ricorda - Mi erano rimaste tre tavole di legno, una l'uno, gliele do e insegno loro come incollare i tasselli per creare dei mosaici».

Nel 2021 si iscrive su TikTok per divulgare le sue "consapevolezze" a tutti i suoi «fratelli e sorelle», su Instagram oggi conta i 10mila follower. Nel frattempo inizia a dipingere - e conclude -la facciata di casa sua, poi dipinge anche quella accanto, del vicino.

Nasce quindi l'idea di riqualificare l'intero quartiere migliorando l'estetica delle case affacciate sul mare, per attrarre turismo. «Perché non autodeterminarsi nel costruirsi il lavoro - afferma - invece di aspettare la manna dal cielo? Non abbiamo nulla da invidiare a Portofino o a Borgo Parrini, già abbiamo tutto, ce lo possiamo costruire noi (il lavoro)».

Prima di salutarci, Fratello Coscienza lancia un appello agli abitanti del quartiere, proprietari delle facciate: «Puliamo, prendiamo colori e pennelli e dipingiamo le facciate creando opere d'arte. Ognuno di noi è artista e può farlo. Apriamoci alla bellezza, al bene comune!»
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