CRONACA
Festival di Sanremo con pubblico e teatri chiusi: il "palermitano" Moni Ovadia non ci sta
Secondo l'artista, cultura e istruzione dovrebbero essere, insieme a Stato sociale e sanità, i primi quattro punti dell'agenda politica ma tutta la cultura è considerata il fanalino di coda del paese
Moni Ovadia, cittadino onorario di Palermo
La decisione ha, ovviamente, suscitato forti malumori. Ovviamente perchè da un anno viviamo e accettiamo e spesso subiamo le restrizioni decise dal Governo per contrastare la diffusione dei contagi da coronavirus. Restrizioni che hanno costretto, tra le altre, a chiudere tutte le attività che hanno a che fare col mondo dell'arte e della cultura, teatri, cinema, strutture museali, spazi espositivi.
Luoghi in cui gli ingressi possono essere, com'è stato verificato, contingentati e dove quindi il distanziamento è garantito.
Eppure la scelta del Governo è stata quella di chiudere. Senza deroghe, senza ulteriori valutazioni, senza una sola parola tonante dagli amministatori locali. Mettendo in ginocchio un intero settore. Mettendo in crisi quel settore che lavora con la bellezza, la coscienza, la critica. Va da sè quindi che il problema non sia assolutamente il festival di Sanremo, ma tutto il resto.
«Perché Sanremo si fa con il pubblico e i teatri sono chiusi? - ha detto -. È inspiegabile. Per Sanremo il discorso della sanità non conta niente? Se Sanremo è più importante della cultura allora vuol dire che questo paese è perso per sempre. Se non si capisce qual è il valore prioritario della cultura e si favoriscono le kermesse mediatiche vuol dire che questo paese sarà sempre un paese miserabile, non crescerà mai».
L'artista ha continuato la sua riflessione evidenziato l'insensatezza della scelta, «Se tu non dai una ragione concreta sul perché chiudi un luogo che è sicuro dal punto di vista sanitario perchè è discipòlinato da regole, si vede che tagliare con l'accetta ti fa più comodo. In Italia cultura e istruzione dovrebbero essere, insieme a Stato sociale e sanità, i primi quattro punti dell'agenda politica. Tutta la cultura è considerata il fanalino di coda del paese invece è quella crea l'identità della comunità nazionale.
Gli addetti allo spettacolo dal vivo sono 500mila - aggiunge ancora - e con le loro famiglie sono più di due milioni di persone e anche loro devono vivere. Tutti pensano che ci sono solo gli attori famosi ma non è così. Bisogna considerare la cultura per quello che è: un bene primario, il pane della salute sociale e della salute di una comunità nazionale. Da cittadini dobbiamo chiedere il perché veniamo trattati così».
Come sempre Moni Ovadia non le manda a dire e lo fa con quella forza e con quel garbo che lo contraddistinguono, soprattutto in un periodo in cui tutti urlano e pochi ascoltano.
A sopresa, sicuramente per la Rai, è arrivata in seguito la notizia del no al pubblico da parte della prefettura di Imperia. «Al Festival di Sanremo non ci potrà essere pubblico - ha dichiarato il prefetto Alberto Intini, - né pagante né ad invito, visto che con l'ultimo decreto non sono consentiti spettacoli aperti al pubblico nei teatri e nei cinema».
Secondo quanto riporta La Stampa, nei prossimi giorni si terrà un altro incontro, tra Prefettura, amministrazione comunale e le categorie interessate alla manifestazione.
La Rai, dal canto suo, ha detto che "si atterrà" alla decisione, così come a tutte le disposizioni delle autorità competenti riguardo alle decisioni sul prossimo Festival e pare stia pensando a un piano di riserva "sempre nel rispetto delle regole" che prevederebbe l'utilizzo di figuranti pagate, il che equiparerebbe, secondo il loro ragionamento, il teatro a uno studio televisivo.
Il festival inizia il 2 marzo, vedremo.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÙ LETTI
-
ITINERARI E LUOGHI
La piccola spiaggia che ci ricorda quanto siamo fortunati: un'oasi di pace in Sicilia