STORIA E TRADIZIONI
Era bella, ricca, nobile (e forse una spia): chi fu la principessa Giulia Alliata di Montereale
Fu imparentata con i Florio. Fu dama di palazzo della regina, benefattrice di opere pie e laicali. In epoca fascista fu molto influente e amica intima del duce
Giulia Alliata di Montereale
La fotografia in bianco e nero della giovane Giulia Alliata di Montereale, con i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle, ci restituisce forse una delle immagini più belle della principessa di Gangi, donna di grande fascino: un ritratto semplice e senza orpelli, che tuttavia non può lasciare indifferenti; così come sicuramente non lasciava indifferenti i contemporanei l’aristocratica dama, dotata di uno speciale allure.
È una figura piena di chiaroscuri quella di questa principessa siciliana dal temperamento forte, che nei momenti bui della vita non aspettò certo il principe azzurro ma riuscì sempre a salvarsi da sola: bella in modo anticonvenzionale, generosa ed elegante ma dal carattere risoluto e intransigente, di polso fermo nella gestione dei dipendenti.
Fu una moderna imprenditrice, ma si espose (troppo) politicamente negli anni del fascismo e la cosa suscitò gelosie, invidie e pettegolezzi.
Il 9 aprile del 1910 anche Giulia era intanto convolata a nozze con Giuseppe Mantegna e Mastrogiovanni (1882-1929), che aveva ereditato dal primo marito (nonchè zio) della nonna paterna, il titolo di principe di Gangi e, soprattutto, lo storico Palazzo in via Croce dei Vespri.
In questa dimora settecentesca il regista Luchino Visconti, in un’infuocata estate del 1963, avrebbe ambientato la famosa scena del gran ballo del film Il Gattopardo.
Ancora oggi nel palazzo è custodito il ritratto fotografico di Giulia e un dipinto realizzato nel 1910 dall’artista belga Jules Pierre Van Biesbroeck che raffigura la fanciulla, allora poco più che ventenne, con una lunga veste bianca, un elegante copricapo e molti gioielli: Giulia Alliata di Montereale era una delle più celebrate bellezze di Palermo. Lei e Giuseppe ebbero tre figli: Stefania, Benedetto e Giovanni.
La principessa fu crocerossina e durante tutta la sua vita si dedicò a fare molte opere di beneficenza, aiutando -anche in segreto - poveri e orfani.
Riuscì anche con il suo impegno a far realizzare il progetto del medico Giovanni di Cristina e così nel 1922 venne inaugurato il sanatorio la Casa del Sole "Ignazio e Manfredi Lanza di Trabia": (in memoria dei figli dei principi di Trabia – che contribuirono alla fondazione - caduti combattendo in guerra-).
Nell'Ospizio si accoglievano bambini affetti da varie patologie, in particolare dalla tubercolosi. Giulia rimase vedova, ancora giovane, nel 1929: aveva soli 41 anni.
Amministrò in prima persona i beni del patrimonio familiare, tra cui c’erano anche la Tonnara di Solanto e diversi feudi agricoli: lo Zucco, Leonforte, la Traversa di Iato.
Antesignana delle donne imprenditrici precorse i tempi e nel 1935 depositò anche il marchio di fabbrica del vino bianco “Rivo d’Oro”- principe di Gangi.
Nel 1939 la sua bellezza venne immortalata dallo scultore Pietro Canonica (che ritrasse anche diversi personaggi illustri siciliani tra cui Ottavio Lanza Branciforte Duca di Camastra, la principessa Vivina Mazzarino di Sangro e Donna Franca Florio).
La statua di Giulia Alliata si trova oggi al Museo Canonica di Roma e proprio nella capitale visse per molti anni la principessa. Di quegli anni si preferisce raccontare poco; ma "molto" riferisce invece lo storico Mimmo Franzinelli, appassionato studioso del periodo fascista e del secondo dopoguerra, che nel suo libro "Il duce e le donne" (2013), dedica alcune pagine all’autorevole figura della principessa Giulia Mantegna: la dama ebbe, secondo quanto ricorda Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, "una cordiale amicizia col Duce".
Franzinelli ha recuperato dagli archivi di Stato e da fondi privati materiali inediti: i rapporti di polizia riservati, le testimonianze di Claretta Petacci, le memorie dei collaboratori del Duce.
Mussolini era tenuto sotto controllo: gerarchi e capi della polizia seguivano attentamente le tante frequentazioni femminili, schedando amanti e ammiratrici.
Il primo incontro di Giulia con Mussolini – spiega Franzinelli - avviene quasi per caso, nel 1923, quando i proprietari terrieri siciliani contestano al governo l’incremento delle imposte sui redditi agrari e il Duce si rifiuta di ricevere il duca di Belsito (portavoce dei nobili siciliani) ma ammette alla sua presenza la principessa di Gangi, che si lamenta di non riuscire più a pagare più le tasse.
C’è uno scambio di battute e il Duce le consiglia, scherzando, di cambiare amministratore. L’udienza è il primo passo di una lunga e consolidata frequentazione.
La principessa si mostra devota ammiratrice di Mussolini, scrive Franzinelli e il Duce prontamente si spende per raccomandare questa o quella faccenda di cui Giulia gli ha parlato o che le sta particolarmente a cuore, come la tonnara di Solanto.
Ormai Giulia non è più una ragazzina, ma ha un grande carisma e un fascino particolare, tanto da essere soprannominata nella capitale "Principessa del Gange", "forse per quel tratto esoterico orientaleggiante che la contraddistingue” ipotizza Franzinelli. Il Duce viene a Palermo l’11 Maggio del 1924 e visita anche la Casa del sole (dove sarebbe tornato anche nell’Agosto del 1937), accolta da Giulia e dal marito Giuseppe.
La principessa mette a disposizione di Mussolini la sua automobile, una Lancia, per la sfilata d’onore lungo le strade della città. La condotta di Giulia è molto chiacchierata in Sicilia: quando resta vedova le si attribuisce anche una relazione con Umberto Albini prefetto di Palermo, dal 1929 al 1933.
Inoltre il Duce ha per la principessa una benevolenza inconsueta, come nota anche il fidato autista del dittatore, Ercole Boratto e l’aristocratica siciliana che non passa certo inosservata finisce per far ingelosire persino Claretta Petacci.
Ricordava Boratto: “Furono forse i modi aristocratici e il blasone che avevano un po’ influito sul cuore del Duce(…) Tutti i giorni, nell’ora il cui il Duce doveva rientrare Villa Torlonia per la colazione, chiunque poteva osservare l’eccentrica principessa camminare avanti e indietro per via XX Settembre, in attesa del passaggio della macchina presidenziale.
Gli agenti di servizio avevano l’ordine di non molestarla, così a lei era concesso ogni giorno di gettare una languida occhiata al suo idolo. Nel 1941, la principessa trasferì il suo domicilio in via del Mare, nei pressi di Palazzo Venezia ed allora il Duce andava più sovente a casa sua per trascorrere una buona mezz’ora in buona compagnia.
Anche questa nuova e cara amicizia del Duce non tardò ad essere conosciuta dalla Petacci…Non mancò la solita scena di gelosia, con il relativo sfogo presso di me”. Il fascino di Giulia era dunque, secondo lo storico Franzinelli, in quel tratto squisitamente aristocratico con cui trascinava Mussolini nel suo mondo signorile.
La principessa Alliata, come figura nell’annuario "camera dei fasci e delle corporazioni" del 1941, era dama di palazzo della regina, insieme alla principessa Giulia Lanza di Trabia e Butera, a donna Beatrice Valguarnera duchessa dell’Arenella, e a donna Franca Florio e la sua vicinanza con la famiglia reale sarebbe tornata utile ai fascisti, anche in termini di notizie riservate perchè la principessa sarebbe stata un’informatrice dell’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo: la polizia politica che si occupava della vigilanza e della repressione di organizzazioni sovversive, che tramassero contro lo Stato).
Il protagonismo di Giulia, la sua pretesa di controllare tutto, creano dunque invidie e malumori anche a Palermo e nel 1941 arriva all’amante ufficiale del Duce un memoriale anonimo (conservato oggi nell’Archivio Claretta Petacci) contro la principessa, che viene accusata di essersi vantata "di poter fare silurare in ventiquattr’ore federali, prefetti e podestà".
L’esposto viene inviato nella speranza che la gelosia della Petacci crei finalmente difficoltà alla principessa, togliendola definitivamente di mezzo. Il documento afferma che nei salotti del capoluogo tutti si riferiscono alla principessa come "La santa patrona della Sicilia".
A Roma l’Alliata ha libero accesso a tutti i ministeri e parla in pubblico della sua amicizia particolare col Duce, cosa che rende il suo palazzo uno dei più frequentati dall’aristocrazia romana; inoltre è un’emissaria di corte - ove riferisce tutto - ed è legata a vincoli di amicizia col ministro Ciano del quale (pur parlandone male) è portavoce.
La principessa infine si vale della sua autorità politica per compiere nei suoi feudi ogni forma si sopraffazione sindacale sui poveri contadini (o lavoratori) impauriti e impotenti.
Costanzo Ciano (che poca simpatia aveva per la Petacci) annota nel suo diario: “26 dicembre 1942 - La principessa di Gangi stamani – senza essere da me comunque provocata – mi ha aperto il cuore sull’affare Petacci, parlando, come diceva col suo accento siciliano, “in pura confessione”.
A suo dire, Mussolini ne avrebbe fin sopra la testa di Claretta, del fratello, della sorella, di tutti quanti (…) Parlando con la stessa principessa di Gangi, il Duce avrebbe detto che in altri tempi ha amato questa ragazza, ma che ormai è per lui un “vomitivo”.
Quanto c’è in questo di vero, e quanto di vecchia e non sopita gelosia femminile?” Risponde dunque al vero dunque, secondo Franzinelli, la notizia riportata dalla lettera anonima, sul libero accesso della cinquantenne Giulia, sia a Palazzo Venezia sia al ministero degli Affari Esteri, dove “Si ingeriva persino nelle questioni sentimentali del potente ex amante”.
A metà del 1943 un’altra informativa anonima consegnata a Claretta Petacci le attribuisce ancora notevole influenza: "La principessa di Gange ha soggiunto: sono quasi sicura che nella mia Palermo ci andrà il prefetto Varano".
Infatti il 15 Giugno 1943 il protetto di Giulia, Alberto Varano diviene effettivamente prefetto di Palermo ma il mese seguente nel Luglio del 1943, lo sbarco delle forze alleate in Sicilia, cambia la posizione della principessa: l’Allied Military Government esonera il prefetto di Palermo.
La principessa di Gangi rimane a Roma; successivamente alla fuga di Mussolini viene arrestata dai tedeschi, ma Giulia è una donna troppo determinata per abbattersi e dopo una quarantina di giorni di prigione e l’aiuto di un medico compiacente trova riparo in un monastero, dove resterà fino all’arrivo degli alleati.
Un mese dopo la liberazione di Roma, quando Giulia sta per tornare in Sicilia, un agente segreto statunitense invia a Washington un rapporto informativo, riassunto così da Giuseppe Casarubea in “Lupara nera” (2012): “La principessa ha vissuto a Roma per molti anni (…) per promuovere al meglio le sue attività politiche o speculative (…) per molti anni ha lavorato per l’OVRA a Palermo.
È proprietaria di un’industria per la lavorazione del tonno, ed è responsabile malgrado le ammonizioni rivoltele dalla prefettura, dell’aumento del prezzo del pesce.
Produce inoltre grandi quantità di olio e di vino, che poi rivende a prezzi maggiorati. In Roma la sua posizione le consentiva di ottenere ogni genere di appoggi ed era altamente stimata dalle alte gerarchie del Fascismo.
La sua attività segreta era incompatibile con il rango di damigella di palazzo, ma nessuno ha mai osato ammonirla in merito. La sua intimità con Mussolini era tale che egli spesso si riferiva a lei come il suo "tesoro".
Rientrata nell’isola, Giulia - sostenitrice dei gruppi neofascisti legati alle reti dell’ex OVRA - tornerà a occuparsi degli affari di famiglia, con l’aiuto dei figli. Si spegnerà, dopo una vita intensamente vissuta, nell’ottobre del 1957, all’età di 69 anni.
Di lei restano incantevoli ritratti e ricordi indelebili, per le sue innumerevoli iniziative benefiche… "molti la ricordano invece come la principessa triste, la si vedeva passeggiare lungo i viali della villa a mare, sostare e guardare il mare". (N. Lo Coco, L’ultima levata. La tonnara di Solanto dai fasti al declino, 2011).
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