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È selvaggia e forse non la conosci: dov'è in Sicilia la spiaggia ormai (quasi) senza sabbia

La litoranea agrigentina è ricca di spunti costieri da visitare, toccare e, in estate, vivere in simbiosi con il Mar Mediterraneo. Vi portiamo a Piana Grande

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 14 maggio 2024

Spiaggia di Piana Grande

«Quante volte - percorrendo la statale 115 - avete letto le indicazioni per le spiagge di Piana Grande, Seccagrande, Bovo Marina, Borgo Bonsignore, Giallonardo e molte altre ancora?».

La litoranea agrigentina è ricca di spunti costieri da visitare, toccare e, in estate (soprattutto), vivere in simbiosi con il Mar Mediterraneo.

Una volta usciti da Ribera - a circa 10 km dal centro - la prima spiaggia da "gustare" è Piana Grande.

L’indicazione “marroncina” incuriosisce abbastanza. L’attento osservatore ha il "dovere" turistico di godere d’un piccolo tratto lungo quattro km. Le bellezze menfitane e saccensi sono lontane, un riflesso abbandonato nei dolci ricordi passati.

La distanza con le acque turchesi è di circa una manciata di metri, una discesa con un paio di tornanti e poi, improvvisamente, l’antipasto è servito. Sin dalle prime battute colpisce l’ambiente selvaggio, "rozzo" e poco servito.
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Non per tutti. Distante pochi chilometri, ad esempio Seccagrande, oltre a offrire servizi consoni alle esigenze dei turisti e residenti "estivi", dà la possibilità di programmare un periodo (anche lungo) di riposo.

Ritornando al racconto di Piana Grande, il “caos calmo” perfora i pensieri emotivi dei visitatori.

I colori di riferimento sono il verde aspro unito a un'intensa tinta azzurra. Un incontro, un passaggio naturale da non sottovalutare.

Le rotondità dei promontori rocciosi antistanti custodiscono una piccola parte di macchia mediterranea. Per molti sono le "classiche" erbacce siciliane, mentre per altri rappresentano leggeri tratti di polmone verde. Il mare luccica, splendido nelle sue forme sinuose. Sbatte contro i ciottoli e la ghiaia “comunicando” un suono armonico.

Manca la sabbia. È (quasi) assente, con presenze irrilevanti. Per renderla "diversa" dai soliti canoni siciliani. Forse no.

Ricalca l’onta delle Giache Bianche, nei pressi di Menfi. In ambito geografico è importante precisare la vicinanza con la foce del fiume Verdura. Apre a nuovi scenari geologici che meritano il loro "umile" spazio di approfondimento. Il luogo è incontaminato (tranne in alcuni sprazzi), si riempie di particolari da scoprire, lentamente, minuto dopo minuto.

Una passeggiata verso est, un’altra a ovest per scrutare ogni singolo "pezzetto" della costa. Quando soffia il vento di scirocco proveniente dall’Africa, tutto cambia. Il relax lascia spazio a nuove idee. Il clima è bizzarro, mai banale. La monotonia è assente.

Dietro a quelle acque sono narrate storie interessanti, che hanno lasciato tesori dai valori inestimabili. Un fatto accaduto tanti anni fa, precisamente nel 1906. È giunta l’ora di uno scatto. Anche questo sarà storia.

Nella spiaggia crescono spontanee alcune piante dagli steli verdi e i fiori gialli. Sono sparsi. Godono anch’essi degli attimi di notorietà - un’immagine che lega i due ambienti: terreno e marino.

Piana Grande - nello splendido scenario in cui è collocata - è la perfetta sintesi di una Sicilia ancora inesplorata, poco conosciuta. Qualcuno ne ha approfittato per deturparla - nel tempo - con sacchi della spazzatura.

Una rovina, la solita, di un ambiente perforato nel cuore senza interessi né coscienza. La notorietà non è prerogativa ambita dal luogo.

Tra le meno battute e poco pubblicizzate, ha mantenuto intatta la fisionomia. Poche costruzioni, una condizione “astratta” rispetto a quelle definite “di culto”. Perché in sottofondo si senti lu scrusciu di lu mari anche e senza le stelline di gradimento.
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