TRADIZIONI
È la regina delle arrustute ma in pochi conoscono le sue origini: sua maestà "'a sasizza"
Immancabile compagna di ogni scampagnata, in ogni angolo della Sicilia viene gustata e spesso secondo la "tradizione" del luogo. Vi raccontiamo la sasizza e alcuni "riti" a essa legati
La "sasizza" arrostuta
Curioso, inoltre, osservare come la sua storia affondi le proprie radici nell’Impero romano. A tal proposito, non possiamo omettere la preziosa testimonianza rilasciata da Cicerone; proprio da lui sappiamo che le salsicce venivano portate a Roma dalle schiave delle popolazioni lucane assoggettate ai romani. Riceviamo pure notizia della grande produzione di insaccati che avveniva nel territorio della Lucania.
Alla sua penna si ascrive l’opera intitolata “De Re Rustica”, nella quale viene passato in rassegna l’elenco dei salumi prodotti in area lucana. Inoltre, lo scrittore ne descrive la modalità di preparazione riportando che la carne veniva tritata e insaccata in un budello. Ecco un estratto in cui l’autore approfondisce l’argomento: “Chiamano lucanica una carne tritata insaccata in un budello, perché i nostri soldati hanno appreso il modo di prepararla dai Lucani”.
Una volta, dunque, appurata la “genesi" lucana della salsiccia, è giunto il momento di capire come nel corso del tempo si è diffusa in Sicilia. Le fonti storiche, per l’appunto, attribuiscono direttamente ai normanni l’avvio di questo “vezzo” alimentare; difatti, fu proprio sotto la loro reggenza che la carne di maiale spopolò dappertutto.
A partire da quel periodo, quindi, ebbe una diffusione incredibile divenendo l’emblema della tradizione culinaria di varie località isolane e visto che il sottoscritto è di Catania, del "rito" catanese posso parlare. A “sasizza arrustuta” è, appunto, un rito allegramente condiviso e praticato: di solito si è in gran compagnia e tutti si danno da fare come una vera squadra in cui ognuno avrà un compito ben preciso (qualcuno avrà quello di stare solo a guardare e mangiare).
Per prima cosa, si procede con l’allestimento della brace alimentando il fuoco e posizionando la griglia. Fatto questo, arriva il felice momento di porvi “a sasizza di supra” e aspettare che si cuocia. Ovviamente, non possono mancare sulla tavola il tanto amato “cucciddatu” e del buon vino rosso che rallegri gli animi dei commensali. Per quanto tale consuetudine sia ampiamente consolidata in varie parti della Sicilia, potrebbe essere interessante scoprire alcune particolarità locali; per esempio, nel versante etneo si ha un occhio di riguardo per la così chiamata “sasizza cunzata”; la nota distintiva risiede nell’abbondanza dei condimenti utilizzati: pomodori secchi, provola dolce o piccante, prezzemolo.
Trattasi di una squisitezza che raggiunge il top della gustosità dentro un panino ben riscaldato sulla brace.
Addirittura, nelle parti di Linguaglossa e Castiglione di Sicilia, vige anche l’usanza di cucinarla sul ceppo di quercia dell’Etna. Dal sapore unico, codesta variante ha conquistato il palato di molti ghiottoni. Oltre a ciò, con questo tipo di carne, è possibile sperimentare una quantità smisurata di ricette che ancora oggi trovano largo impiego nelle abitudini alimentari di ciascun catanese.
Come molti sapranno, viene persino adoperata nelle scacciate ripiene di broccoli, tuma, olive e patate. Non passa in secondo piano nemmeno la rinomata “ sasizza con caliceddi e vino”, cucinata in occasione della festa di San Martino. Alla resa dei conti, come si potrà ben notare, la caratteristica che rende davvero unica la salsiccia non è solamente la sapidità ma, soprattutto, la sorprendente poliedricità.
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