STORIA E TRADIZIONI
È la protettrice delle casalinghe: Zita, una santa lucchese che a Palermo divenne Cita
Non sono molte le chiese in Italia dedicate alla Santa patrona di Lucca che viene festeggiate il 27 aprile; una sorge nel cuore di Palermo
Ritratto di Santa Zita
Zita nacque nel 1218 a Monsagrati, un piccolo paesino toscano e a causa delle ristrettezze economiche della famiglia venne mandata, a soli dodici anni, a Lucca a servizio della nobile famiglia Fatinelli. Lavorava molto duramente, ma trovava sempre il tempo per pregare a lungo, anche privandosi del sonno e donava una parte del suo cibo giornaliero ai poveri.
Tutti in casa Fatinelli le erano affezionati perché era sempre gioiosa di carattere e molto caritatevole nei confronti di chi era nel bisogno.
Fu proprio in casa Fatinelli che avvennero i primi miracoli ad opera della Santa come quello del pozzo di via Fontana, con il cambiamento dell’acqua in vino, per dissetare un pellegrino, o la trasformazione del pane in fiori: un giorno quando il padrone vide passare Zita con il grembiule pieno le chiese che cosa stesse portando; la santa che nascondeva del pane da donare ai poveri, temendo d’esser presa per ladra, rispose “fiori” e quando il padrone controllò il contenuto del grembiule trovò realmente delle giunchiglie.
Zita si ammalò gravemente nel 1278 e dopo 5 giorni morì, in odore di santità. Pochi anni dopo la sua morte era già così venerata in Toscana da essere citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Il sommo poeta nel XXI canto dell’Inferno facendo riferimento a Martino Bottario, un magistrato di Lucca, lo definisce “ecco un de li anzian di Santa Zita”, identificando Lucca con la sua patrona. In realtà Zita non era ancora stata canonizzata nel XIV secolo; Papa Innocenzo XII ne ratificò e confermò il culto solo il 5 Settembre del 1696.
Non sono molte le chiese in Italia dedicate a Santa Zita ma una sorge nel quartiere della Loggia a Palermo, dove a seguito di una deformazione linguistica, la santa viene chiamata Cita. “Zita” sembra secondo alcuni studiosi a sua volta una variante del termine cita o citta, che significa letteralmente "bambina", "fanciulla.
Antonino Mongitore afferma che la Chiesa di Santa Zita, probabilmente un oratorio ad aula, e un piccolo ospedale furono fondati a Palermo nel Trecento da Michele Trentino, mercante di origine lucchese, presso la porta di San Giorgio, in un luogo poco urbanizzato dove esistevano ampi spazi verdi. Trentino scelse di dedicare la chiesa a Santa Zita, protettrice della sua città. La chiesa primitiva sorgeva di fronte alla chiesa di San Luca (oggi San Giorgio dei Genovesi).
Già alla fine del XIII secolo, nel quartiere della Loggia, Genovesi, Pisani, Veneziani e Amalfitani avevano compiuto un processo di insediamento con l'edificazione di fondaci, magazzini, cappelle e logge mercantili. I lucchesi ebbero il patronato della chiesa di Santa Zita fino al 1428 quando il notaio Nicolò Trentino, figlio ed erede di Michele, morto quasi sessant’anni prima, ne fece donazione, insieme al giardino, ad alcuni padri domenicani, fuoriusciti dal vicino convento di San Domenico.
Racconta infatti Gaspare Palermo che “Alcuni dei padri, desiderando maggior quiete per attendere all’acquisto di maggior perfezione, stabilirono di abitare in luogo più ritirato e fissarono le loro mire su questa chiesa.” Nell’atto di cessione della chiesa ai frati predicatori, da parte di Nicolò Trentino, la chiesa è già indicata non come Santa Zita, ma come Santa Cita, nome con cui la santa è conosciuta a Palermo.
La nuova comunità domenicana trasformò l’ospedale in convento. Nel 1458 una nuova chiesa venne eretta accanto a quella preesistente e secondo il Mongitore “delle due se ne fece una sola”. La nuova costruzione venne intitolata al domenicano San Vincenzo Ferrer ma per tutti rimase “La chiesa di Santa Cita”.
Non conosciamo la motivazione che condusse nella seconda metà del Cinquecento alla decisione di demolire la chiesa primitiva e di costruirne una più grande, con un progetto ambizioso, sempre sotto il titolo di Santa Cita. La prima domenica di Ottobre del 1603 si cominciarono a officiare i sacramenti nella nuova chiesa ma solo nel 1781 fu terminata la facciata e la cupola non venne mai realizzata. Il convento nel 1850 fu espropriato e trasformato prima in ospedale militare e successivamente in caserma (oggi è la caserma della guardia di finanza “Giacomo Cangialosi”).
In seguito nel 1915 anche la chiesa fu chiusa al culto: divenne dapprima magazzino e poi aula di tribunale. Riconsacrata nel 1923 e riaperta al culto, fu poi semidistrutta dalle bombe sganciate nelle 3 incursioni aeree del 22 Febbraio, del 1 Marzo e del 16 Aprile del 1943 e divenne inagibile. La chiesa rimase chiusa per quasi dieci anni fino al 2 Giugno 1952, quando venne riaperta al culto e venne elevata dal Cardinale Ernesto Ruffini a sede parrocchiale con il titolo di San Mamiliano, Vescovo e martire nato a Palermo.
Mutato il nome storico, cosa resta di Zita, Santa Lucchese a Palermo?
All’interno della chiesa si conserva ancora oggi la tribuna marmorea del 1517 di Antonello Gagini dove nell’entradosso dell’arco 8 formelle (tra cui due molto rovinate e illeggibili) rappresentano scene della vita della Santa: S. Zita davanti alle mura della città di Lucca, S.Zita che offre un mantello al povero, S. Zita che distribuisce il pane ai poveri, S. Zita che offre l’acqua a un pellegrino, la malattia di S. Zita, la morte della Santa.
In una nicchia all’interno della chiesa si custodisce inoltre una scultura marmorea del VXII secolo che raffigura Santa Zita e il miracolo dei fiori.
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