PERSONAGGI
È la pronipote dello scrittore Giovanni Verga: Carla racconta la sua famiglia "importante"
In occasione del centesimo anniversario si è aperto un anno di celebrazioni per omaggiare lo scrittore siciliano. Durante uno degli incontri abbiamo avuto l'occasione di incontrare Carla Verga
Carla Verga
Lo scrittore nacque a Catania (anche se alcuni studiosi indicano Vizzini come luogo di nascita) nel 1840 da una famiglia aristocratica e la sua attività letteraria, che va dai romanzi alle opere teatrali, passando per le novelle, ha influenzato numerosi campi della letteratura, delle arti e del cinema, in particolare il neorealismo che ha reso celebre il cinema italiano nel mondo. In occasione del Centenario della morte di questo straordinario autore sono state promosse delle iniziative, che porteranno in auge l’universo verghiano attraverso una serie di attività articolate tra spettacoli teatrali, musicali, rassegne filmiche, itinerari con FAI, incontri culturali che si realizzeranno lungo il 2022 e che continueranno anche per il 2023.
Carla è una signora di bell’aspetto, alta, con un portamento elegante e un modo di fare gentile e garbato. Ci incontriamo in un bar del centro storico di Catania e arriva in compagnia della figlia, Marialaura. Ci siamo subito intese e sentite a nostro agio e abbiamo cominciando l’intervista proprio dalla genealogia:
«Giovanni Verga era il fratello del mio bisnonno - ci racconta Carla-. Alla morte del fratello Pietro, adottò i suoi nipotini, tra cui Giovannino. Sono la primogenita di sei fratelli e sono l’unica con una memoria storica, perché un fratello non è più in vita e l’altro era molto piccolo. Gli altri fratelli sono nati da un’altra madre, perché mio padre e mia madre si separarono quando ero ancora piccola e dopo la separazione lui andò a Padova dove creò un’altra famiglia.
La mia è stata un’infanzia in cui hanno preso il sopravvento i nonni. Erano tempi diversi, ai bambini non si parlava di tante cose. Io però sapevo di far parte di una famiglia importante. La nonna paterna era veneta e a casa c’era tutto il personale di servizio veneto. Il nonno era capitano e incontrò la nonna a Roma. Lei poi decise di seguire il marito in Sicilia, ma continuava a restare legata alla sua terra e parlava in veneto, anche se con noi parlava in italiano. La nostra governante parlava in tedesco».
Durante il periodo delle elementari frequentò la scuola delle suore in via Crociferi, dopo la separazione dei genitori, all’età di dieci anni, fu mandata in collegio a Roma. «Ci fu una battaglia per l’affidamento di noi bambini - ricorda Carla - mia madre fu messa un po' da parte e vinsero i miei nonni. Mia madre proveniva da una famiglia aristocratica di Licata, che dopo la morte del primogenito, ha bloccato tutta la vita mondana rinchiudendosi in casa nel proprio dolore. I genitori di mia madre hanno chiamato persino un istitutore privato, per una forma estrema di protezione. Ha poi sposato mio padre a 28 anni ed è entrata così in una famiglia dove c’era già una padrona di casa e non potendo avere i suoi spazi e i suoi figli, che erano accuditi dal personale domestico.
I nonni ritennero opportuno farci studiare fuori Catania e devo dire che conoscere nuovi posti è stata per me un’esperienza positiva. La nonna era una donna molto imperativa, invece il nonno aveva un carattere più mite. Il nonno era molto legato al mondo di Verga e trascorreva le sue giornate raccogliendo, catalogando, leggendo e ritagliando articoli che parlavano dello scrittore e a volte mi raccontava di lui. Fu il nonno a pretendere la nascita della Fondazione Verga. Nel testamento il nonno fu dichiarato dallo stesso Verga erede universale e aveva anche i diritti d’autore».
Era lui infatti che gestiva il patrimonio letterario di Verga e aprì le porte di casa, affinché potesse essere studiato da esperti ed essere conosciuto. «Verga scrisse tantissimo - continua a raccontare - anche lettere e appunti personali e ricordo che tutti i componenti della mia famiglia avevano questa abitudine di relazionarsi tra loro attraverso lettere giornaliere. Anche a me chiesero di scrivere una lettera a settimana a tutti i componenti della famiglia durante il periodo del collegio. Dopo il collegio, ho studiato presso una scuola di lingue a Roma e poi ho lavorato subito presso la casa editrice Giuffrè e ho fatto parte del loro comitato scientifico. Mi è sempre piaciuta l’idea di potermi mantenere da sola. Poi il matrimonio mi ha riportato in Sicilia, ho avuto tre figli e, dopo vincita di concorso, ho lavorato all’INPS».
La storia di Carla è molto ricca e intensa e non possiamo fare a meno di chiederle se ricorda delle curiosità legate alla figura dello scrittore: «Mia nonna - ci dice ancora - è stata la persona che ha trovato Verga a terra quando si sentì male per trombosi, poco prima di morire. Lo sollevò da terra. In una descrizione di Federico De Roberto, si narra questo episodio, in cui mia nonna è definita forte e di corporatura imponente. Verga, le parlava con gli occhi, perché in quel momento aveva perso la parola e non riusciva a muovere più le parti del corpo.
Inoltre, ricordo che trascorrevo molto tempo vicino a mio nonno, nella grande libreria di casa Verga e ogni tanto lui tirava fuori un librone dove c’erano immagini per me nuove, di viaggi e scoperte e io lo sfogliavo, mentre lui era sempre indaffarato nella catalogazione delle lettere. In più, mi torna spesso in mente, con una certa suggestione, ciò che il nonno mi raccontava sul calco di bronzo della mano della contessa di Sordevolo (una delle donne amate) che Verga custodiva nel suo studio.
Mi diceva che quel bronzo si raffreddava e si riscaldava improvvisamente, quindi avevo il terrore di toccarlo. Ricordo anche che quando venivano a casa degli studiosi, lui mi lasciva rimanere nella stessa stanza, insieme a loro. Un giorno venne un professore inglese, che consigliò alla mia famiglia di farmi partecipare ad una vacanza studio in Inghilterra. Così, da un collegio di suore, mi ritrovai improvvisamente in un college laico, dove gli insegnanti erano giovani e in jeans. Era l’anno '69, tutti in Inghilterra vestivano con gli shorts e il cappotto e io avevo una gonna lunga fino alle caviglie, così durante la notte feci quattro giri di orlo e ricucii la gonna fino al ginocchio, per non sentirmi diversa».
I racconti di carla proseguono spostandosi sui luoghi verghiani che ricorda con particolare affetto, «Le campagne vicino Vizzini. Ho trascorso lunghi periodi sereni in quelle proprietà terriere, tra Licodia Eubea e Grammichele e ho ancora in mente i volti dei contadini e dei loro figli, con i quali giocavo tra la natura e gli animali. Per noi non era importante la differenza sociale, io ero come loro, giocavo insieme a loro con i sacchi di juta, andavamo a cercare le rane nello stagno, facevamo passeggiate sul mulo. La mia famiglia è stata sempre democratica, ha avuto rispetto per i contadini che lavoravano la terra, c’era fiducia reciproca. Spero che presto questi luoghi possano essere ristrutturati, non solo per una questione affettiva, ma anche perché possano diventare un circuito verghiano e attirare turisti sul territorio».
Ho colto l’occasione per rivolgere anche una domanda a Marialaura, la figlia di Carla, chiedendole cosa si prova ad essere una discendente di uno dei più importanti scrittori della storia della letteratura italiana, «Abbiamo avuto la fortuna - ci spiega Marialaura- di aver avuto in famiglia una persona importante, ma per scelta non dico quasi mai di essere una discendente di Verga e tra l’altro – aggiunge Marialaura con ironia - quando un’unica volta lo feci proprio con la mia insegnante, non fui creduta! Rimane un fattore personale, sono molto affascinata dalla storia della sua vita, più che ai suoi scritti. Sono legata alle radici, ai luoghi verghiani. Ho studiato a scuola le sue opere.
Era un mio antenato, ma so che appartiene a tutti. Adesso che se ne sta parlando maggiormente, per il centenario, io e mia madre speriamo che ci possa essere una confluenza delle notizie su Verga, una riqualificazione dei luoghi verghiani, tra i quali i terreni della famiglia Verga nella zona di via Nuovaluce a Catania, dove lo scrittore, appassionato di fotografia scattò una bellissima foto ad una ragazza alla finestra, che ancora oggi sembra attuale».
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