ITINERARI E LUOGHI
È la "Città delle Cipolle Rosse" (e non solo): in viaggio tra i tesori di un borgo siciliano
Vi portiamo in una cittadina trapanese che merita una visita approfondita, in un territorio ricco di vegetazione, archeologia, opere architettoniche e culinarie
Castello Grifeo a Partanna (Trapani)
Nonostante il paragone poco equilibrato, la cittadina trapanese è un piccolo tesoro che merita una visita approfondita, in un territorio ricco di vegetazione, archeologia e opere architettoniche.
È possibile raggiungere il centro belicino da Castelvetrano, dalla statale 115, da Santa Ninfa, senza dimenticare la vecchia tratta corleonese. Una serie di collegamenti che permettono di toccare con mano la "graziosa realtà".
Tra uliveti e vigneti - compagni di viaggio improvvisati - i curiosi si lasciano pervadere dai “profumi partannesi". Chissà se lo stesso Abballa al Muqaddim - geografo arabo - durante il suo lungo viaggio ventennale (tra il 969 e il 988), fu abbagliato dai colori delle campagne trapanesi. Lo stesso cita la città di Barthamnah tra le 29 località siciliane.
Seppur fosse un casale dalle dimensioni irrisorie, era abitato da famiglie berbere, romane e greche. Lo stesso (casale) fu espugnato dal conte Ruggero e, dopo un breve periodo, si insediò la famiglia Grifeo (alcune fonti fanno fede alla vittoria di Aurpione Grifeo contro gli Arabi nella Val di Noto, mentre altre attribuiscono a un tentativo andato male). In seguito all’investitura (1137 o 1139) di Giovanni II Grifeo o Graffeo (forma arcaica) a barone di Partanna, iniziò un lungo periodo di dominazione della stessa dinastia.
Una granita gustosa segna la consuetudine non "scritta" negli appunti di viaggio, ma rappresenta l’introduzione.
La fortezza è stata alterata dagli interventi di restauro successivi alla sua costruzione. È un antico edificio merlato con tre grandi ali edilizie disposte attorno a un ampio cortile. All'interno è presente il Museo Regionale di Preistoria del Belice - Centro di Interpretazione e Valorizzazione Territoriale. Gli echi medievali sussurrano "storie antiche".
Corrono dritte verso il centro storico cittadino, non prima di "lasciarsi andare" - messo piede al Belvedere Bellini - a un notevole panorama rivolto verso la Valle del Belice. Minuti silenziosi, in attesa di riprendere la camminata.
Lungo il corso Vittorio Emanuele è possibile visitare alcuni edifici religiosi fatti costruire dai baroni. Tra questi spicca la Chiesa Madre. Duomo della città (restaurata dopo il terremoto del ‘68), consacrata nel 1625 e completata in seguito in stile neoclassico e barocco siciliano.
A pianta rettangolare a tre navate con transetto rettangolare. Lungo i lati si aprono cinque cappelle per parte. Sull’insieme domina la mole della copertura centrale. Alcuni stucchi sono stati eseguiti dagli scultori Messina, Gaspare e Giacomo Serpotta. Un capolavoro spazzato dal terremoto e di cui rimangono poche tracce è la Chiesa del Purgatorio.
Divenuta per molti lo “scempio di Partanna” a causa della mozza facciata, gran parte del patrimonio venne “stranamente” demolito. Considerata la più “bella dopo la Matrice”, sorge nel sito di una torre di guardia araba. Attualmente (ancora per poco) rimane solo il livello inferiore della facciata.
È doveroso aprire una parentesi storico- sociale. Il 1968, per l’intera vallata, è ricordato come l’anno della disgrazia. Il terremoto spazzò via intere comunità e Partanna rimase coinvolta negativamente. Visitare la zona vecchia è un segno di rispetto e ricordo verso il passato.
Di essa fanno parte anche la Chiesa di San Benedetto (di cui oggi si percepisce l’ampio spazio) e il monastero, dove resistono le strutture forti e compatte della cortina muraria. Invece, del più antico complesso conventuale di Partanna, distrutto a seguito del terremoto, rimane solo il campanile.
Funge da Torre dell’Orologio. Affidato ai francescani, lo stesso ospita dentro due nicchie settecentesche le statue di San Francesco d’Assisi e dell’Immacolata. Passa il tempo e subentra una certa stanchezza fisica.
Finalmente è giunto il momento dedicato all’angolino culinario .
Oltre alle cipolle rosse e coltivazioni citate precedentemente, perché non gustare la pasta con il macco? Fave e finocchietto selvatico. A sentire o leggere il condimento [...]. O magari mangiare una pagnotta di formaggio (DOP) ricavata dal latte di una razza di pecora autoctona? Meglio se tagliata a fette e condita con olio e origano.
Con la pancia piena e trovata la giusta energia, le chiese di San Rocco, Sant’Antonio Abate, i ruderi di San Nicolò Tolentino e la Chiesa della Madonna della Libera sono gli altri complessi da visitare. I turisti non occasionali possono pernottare almeno una notte per definire il “quadro generale”.
Il territorio è esteso tra le valli del Belice e Modione. Lo stesso è ricco di boschi (Frassino e non lontana dal Castello della Pietra e Bosco di Sinapa) e aree archeologiche. Queste ultime sono dislocate tra nord e sud. Il sito più importante è Lu Strittu, già menzionato in un precedente articolo.
Anche Ciafaglione, Donzelle, le Rocche di Girriffittino, Vallesecco, Montagna (tra i punti più alti della cittadina), Perollo, Miracoli, Amari e Pilleri hanno dato alla luce reperti che testimoniano la presenza di insediamenti preistorici. Luoghi dove gli abitanti avevano affinato le tecniche per la distribuzione dell’acqua.
E’ stato un lungo viaggio ricco di emozioni. Immagini da portare con sé ovunque.
Non dimenticate dei palazzi signorili, del pellegrinaggio per raggiungere la “Madonna della Libera", il Camarro (parte della città nuova) e il mercato del bestiame (ogni seconda domenica del mese). Forse manca qualcosa, magari l’agenda è completa o forse, Partanna non ha origini arabe ma greche (Parthenos/vergine).
E allora… il viaggio è tutto da definire.
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