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Due "nuove" strade a Palermo: chi erano Francesca Serio e Salvatore Carnevale

Madre e figlio, vissuti nella prima metà del Novecento in Sicilia: nell'intreccio molto particolare delle loro vite sono rientrati contadini, politici, principesse e criminali

Balarm
La redazione
  • 20 maggio 2019

Francesca Serio (1903 - 1992)

Due strade del Comune di Palermo sono state intitolate a Francesca Serio e Salvatore Carnevale: rispettivamente prendono il posto di via del Cigno e via dell'Airone nella zona di Falsomiele.

Chi sono? Francesca e Salvatore sono madre e fliglio, due persone legate dalla lotta alla mafia oltre che da quello del sangue.

Francesca (Galati Mamertino, 13 agosto 1903 – Sciara, 16 luglio 1992) è infatti nota per essere stata una delle prime donne a opporsi agli stereotipi del suo tempo e Salvatore "Turi" Carnevale (Galati Mamertino, 23 settembre 1923 – Sciara, 16 maggio 1955) è stato un sindacalista e politico italiano ucciso dalla mafia.

Insieme hanno combattuto la criminalità organizzata e lei ha continuato da sola, per quasi quarant'anni dopo la morte del figlio per riuscire a far arrestare i responsabili.

Lei era già rimasta vedova e Salvatore era il suo unico figlio: lo ha cresciuto da sola tra stenti e fatiche per assicurargli il necessario: uno scandalo in una società che relegava le donne tra le mura domestiche.
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«Andavo a lavorare per campare questo figlio piccolo, poi crebbe, andò a scuola ma era ancora piccolino, così tutti i mestieri facevo per mantenerlo. Andavo a raccogliere le olive, finite le olive cominciavano i piselli, finiti i piselli cominciavano le mandorle, finite le mandorle ricominciavano le olive, e mietere, mietere l'erba perché si fa foraggio per gli animali e si usa il grano per noi, e mi toccava di zappare perché c'era il bambino e non volevo farlo patire, e non volevo che nessuno lo disprezzasse, neanche nella mia stessa famiglia. Io dovevo lavorare tutto il giorno e lasciavo il bambino a mia sorella. Padre non ne aveva, se lo prese mio cognato qualche anno a impratichirsi dei lavori di campagna».

Grazie al lavoro della madre Salvatore prende la licenza Elementare prima di partire soldato e al suo ritorno inizia l'attività politica, fondando la sezione locale del Partito Socialista Italiano.

Nel 1951 Salvatore aveva guidato circa trecento contadini in una prima occupazione simbolica delle terre di contrada Giardinaccio della principessa Notarbartolo e Francesca era al suo fianco: erano in montagna e stavano mangiando quando arrivarono un brigadiere e un carabiniere di Sciara intimando loro di togliere le bandiere.

I contadini rifiutarono e così vennero condotti in paese dove la polizia prese tutti i nomi e i cognomi. Salvatore venne chiamato in municipio dove si recò credendo di andare ad un incontro chiarificatore ma venne arrestato.

Salvatore ricevette molte minacce fino al mattino del 16 maggio 1955 quando fu barbaramente assassinato a colpi di lupara mentre percorreva la trazzera di contrada Cozze secche. Quella mattina la madre gli disse: "Sta notte ho fatto un brutto sogno. Stai attento alla cava, tieni gli occhi aperti".

Tre giorni prima di essere assassinato era riuscito a ottenere le paghe arretrate dei suoi compagni e il rispetto della giornata lavorativa di otto ore.

Francesca ne raccolse l'eredità: accusò i mafiosi e denunciò la complicità delle forze dell'ordine e della magistratura, accusò della morte del figlio la mafia di Sciara capeggiata dall'amministratore del feudo della principessa Notarbartolo Giorgio Panzeca, dal soprastante Luigi Tradibuono, dal magazziniere Antonino Manigafridda e dal campiere Giovanni di Bella, che ella denunciò in un esposto alle autorità inquirenti.

Ad accompagnare la donna a presentare denuncia furono Sandro Pertini, che diverrà in seguito presidente della Repubblica, e gli avvocati Nino Taormina e Nino Sorgi.

Il processo di primo grado iniziò il 18 marzo 1960 e si concluse il 21 dicembre 1961 con la condanna all'ergastolo di tutti e quattro gli imputati ma al processo d'Appello (dal 21 febbraio al 14 marzo 1963) e in quello di Cassazione la sentenza fu ribaltata, assolvendo tutti gli imputati per insufficienza di prove. Francesca dichiarò che quella sentenza uccise il figlio una seconda volta.

Con lo scorrere del tempo e con il mutare del quadro sociale e politico, per Francesca cominciarono gli anni dell'oblio e della solitudine. Morì il 16 luglio 1992 all'età di 89 anni.

Qual era la colpa di Carnevale? Carnevale "dava fastidio" ai proprietari terrieri per i suoi tentativi di difendere i diritti dei braccianti agricoli: era infatti attivo politicamente nel sindacato e nel movimento contadino.
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