MISTERI E LEGGENDE
Dispetti, lamenti e apparizioni terrificanti: i fantasmi che si aggirano tra i luoghi in Sicilia
Fra i racconti che fanno parte della cultura siciliana ci sono anche diversi racconti dell’orrore che narrano di fantasmi. Eccovi alcune delle storie tra quelli più celebri
Fra questi miti orrorifici ce ne sono alcuni che narrano di fantasmi, di diverse anime in pena ancora prigionieri nella morte dei loro luoghi di tortura o di reclusione. E fra castelli infestati e case diroccate in cui è possibile sentire i lamenti dei vecchi proprietari.
La Sicilia si dimostra quindi una vera e propria ambientazione gotica, per quanto il topos della "casa stregata" appartenga certamente ad una cultura molto distante dalla nostra, ovvero quella di origine anglosassone.
Fra i fantasmi più celebri della nostra regione abbiamo lo spirito di Matteo Bonello, che infesta ormai da diversi secoli il più grande castello della Sicilia, ovvero il castello di Caccamo.
Questa struttura venne eretta ormai quasi mille anni fa durante il periodo normanno per scelta precisa della ricca e nobile famiglia Chiaramonte, ma a risultare importante per la sua fondazione fu proprio Bonello, che lì decise di ribellarsi contro il re Guglielmo I di Sicilia, insieme ad altri baroni, nel 1160.
Convinto della malafede degli Altavilla, la famiglia regnante, Bonello quindi decise di iniziare un moto di rivolta insieme ad altri nobili locali e dopo aver ucciso un ammiraglio e aver chiesto al popolo di seguirlo, alla fine perse la fiducia dei suoi collaboratori congiurati, che lo fecero arrestare e torturare dalla corte del re.
Piegato dalle sofferenze provocate dagli interrogatori, alla fine Bonello morì, dopo che il re Guglielmo decise di strappargli gli occhi e di recidergli tutti i tendini del corpo.
Il suo spirito però rimase ad infestare l’Isola, in principio all’interno dei corridoi sotterranei del Palazzo reale (dove terrorizzava tutte le guardie carceriere) e poi – in seguito al trasferimento dei suoi resti - il castello che in teoria l’avrebbe dovuto proteggere, dove almeno una volta al mese, nelle notti di luna piena, si lamenta all’improvviso, gridando parole sconnesse contro i vecchi abitanti di Caccamo che l’avrebbero consegnato al nemico.
La sua manifestazione inoltre sarebbe terrificante. Privo di occhi e con le membra molli per colpa delle ferite sofferte ai tendini, Bonello lascerebbe dietro di sé macchie di sangue evanescente e disarticolato girerebbe per le sale, alla ricerca di un appoggio dove riposarsi.
Un altro famoso fantasma che si nasconderebbe in un castello famoso è Laura Lanza, la famosa e sfortunata baronessa di Carini.
La storia di questa ragazza ha ispirato libri e leggende, fino a divenire perfino protagonista di una serie tv nel 2007 con Vittoria Puccini. Figlia di Cesare Lanza, barone di Trabia e conte di Mussomeli, Laura Lanza venne data in sposa a 14 anni al barone Vincenzo La Grua, titolare del feudo di Carini e di Castelbianco.
Qui avrebbe passato l’inferno per i successivi 20 anni, dove continuò a sfornare figli di seguito a molteplici violenze, soprattutto sessuali, che la costrinsero a cercare la fuga, soprattutto quando si innamorò di Ludovico Vernagallo, giovane cugino del marito, che disapprovava completamente i metodi brutali con cui Vincenzo trattava la moglie e i figli.
Reclusa per la maggior parte del tempo all’interno del suo castello, per ordine del marito, Laura cominciò quindi a godere della compagnia di Ludovico in alcune particolari stanze, tenute segrete allo stesso La Grua.
Secondo però la ricostruzione di Luigi Natoli e della tradizione popolare (confortata dal rinvenimento dell'atto di morte da parte del parroco della chiesa madre di Carini Vincenzo Badalamenti), il padre di Laura li sorprese a fornicare insieme in una di queste stanze e li uccise tra mille tormenti, con la piena soddisfazione di La Grua, che ordinò al suocero di uccidere lentamente in particolar modo sua moglie.
Non si sa esattamente come Laura Lanza morì, ma sempre secondo la leggenda i suoi lamenti si prolungarono per giorni nei dintorni del castello, tanto che da lì nacque la credenza che il suo fantasma avesse cominciato a torturare il marito, prolungando le urla del suo tormento oltre la morte.
Nel 1563 la famiglia La Grua dovette quindi arrivare a confessare il delitto d’onore al re di Spagna con una lettera, ma neanche questo permise allo spirito affranto di Laura a desistere dall’infestare il castello che l’aveva adottata.
L’uccisione della coppia e le torture si consumarono nell’ala occidentale del castello, oggi in rovina, e pare che su una parete della stanza in cui la donna fu torturata sia rimasta l’impronta della sua mano insanguinata, lasciata negli attimi immediatamente precedenti la morte.
Ancora oggi a Carini c’è qualcuno che crede di sentire i lamenti di Laura, a ridosso del giorno in cui fu uccisa, precisamente il 4 Dicembre. Bisogna tuttavia anche dire che la sua storia, per gran parte frutto del mito, ricorda molto la storia dantesca di Paolo e Francesca o di Lancillotto e Ginevra.
Un altro fantasma importante per la storia folkloristica di Palermo si troverebbe invece al Teatro Massimo.
Si narra infatti che nella famosa "Sala degli specchi", una suora continui a molestare i visitatori e in particolar luogo i cantanti, in procinto di entrare in sala a lavorare.
A differenza tuttavia degli altri due fantasmi di cui abbiamo raccontato le storie sopra, la suora del Teatro Massimo non è molto spaventosa e si diverte a combinare qualche scherzo, per vendicarsi della costruzione del teatro.
Le ragioni di questo comportamento, che porterebbero molte persone ad inciampare anche al famoso gradino della suora, presente all’esterno, nascerebbero dal fatto che per realizzare l’opera i suoi architetti dovettero abbattere diverse strutture preesistenti, tra cui la minuscola tomba dell’ultima madre superiora del convento annesso alla chiesa delle Stimmate.
Già ai tempi in cui era viva, questa suora era nota per essere alquanto particolare. Vendicativa, ma alla fine abbastanza alla mano, la donna si vendicava ai soprusi tramite piccoli scherzi, che la resero nota in tutto il quartiere.
Una fama che rimase anche di seguito alla sua morte, tanto che quando la sua tomba fu "profanata" dai costruttori del teatro, in molti pensarono che tale operazione avrebbe risvegliato il fantasma della monachella, che sarebbe stata avvistata diverse volte sul palco del teatro e nei camerini delle cantanti.
La colpa di quest’ultime sarebbe legata ai comportamenti licenziosi di cui si farebbero promotrici, ma probabilmente ad incutere più paura a visitatori sono le sue famose maledizioni, in grado di realizzarsi con una precisione matematica.
Secondo infatti le credenze popolari, sarebbero state le sue maledizioni ad incidere sui 23 anni necessari per realizzare le costruzioni, dal 1875 al 1897, e furono sempre le sue parole a far compiere piccoli disastri nei 23 anni di chiusura per restauri (1974-1997).
Inoltre entrambi gli architetti che progettarono l’opera, la coppia padre-figlio Giovan Battista Filippo Basile ed Ernesto Basile, andarono a morire prima del tempo e secondo la leggenda avrebbero visto il fantasma della beffarda suora ad aspettarli, al momento della morte.
Come detto tuttavia la sua figura non è propriamente cattiva, tanto che chi vuole può chiedere conforto alla suora, nei pressi del Teatro, lanciando un Eterno riposo.
La "monachella" infatti si sarebbe riappacificata con il Teatro e con i suoi spettatori già da tempo, tanto che alla riapertura del teatro nel 1997, alle prime sinfonie, alcuni artisti l’hanno vista applaudire accanto al palco, stranamente sorridente e con le lacrime agli occhi.
Può darsi quindi che lo spirito della monachella abbia cominciato ad apprezzare la buona musica e che sia pronta a lasciare il mondo terreno, curiosa di sapere cosa ci sia dall’altra parte.
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