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Dalle vigne e i limoni del nonno ai frutti tropicali: Andrea e il suo amore "innovativo" per la terra

Catanese di nascita, Andrea Passanisi dopo la laurea in Giurisprudenza si rende conto che non ha voglia di fare male ciò che non lo entusiasma e che il destino ha in serbo per lui qualcosa di diverso

  • 24 giugno 2021

Andrea Passanisi

Quante volte i genitori decidono il futuro dei propri figli? Quante volte i figli fanno il lavoro dei genitori soltanto per continuare l’attività di famiglia? Quante volte la scelta è comandata dalla sicurezza piuttosto che dai propri reali interessi?

Così capita che un avvocato diventi avvocato non per piacere ma perché ha lo studio da ereditare, che un medico si ritrovi a visitare pazienti sognando nel frattempo di essere su un palco a suonare, che un negoziante venda abiti con il desiderio di andare in un’altra città a cercare la propria strada.

Eppure, fra tanti che non “possono” scegliere, ci sono anche moltissimi giovani che, a un certo punto, prendono la propria vita in mano e tracciano un percorso diverso da quello che sembrava in un certo senso scontato, con l’appoggio di genitori interessati alla felicità dei propri figli piuttosto che alla propria.

È il caso di Andrea Passanisi, catanese di nascita ma viaggiatore nel cuore, che dopo la laurea in Giurisprudenza si rende conto che non ha voglia di fare male ciò che non lo entusiasma e che il destino ha qualcosa di completamente diverso in serbo per lui.
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Avrebbe potuto optare, infatti, per la carriera del padre diventando magistrato e percorrendo il sentiero imboccato all'università. Sarebbe stato «un numero fra tanti», però, e alla prima difficoltà si sarebbe arreso, rimpiangendo una vita diversa.

E così segue sì il genitore ma nella sua passione per la terra, iniziando a coltivare avocado, manghi, passion fruit, guava e limoni.

«Ho sempre accompagnato mio padre nella campagna di Giarre dove oggi coltivo frutti subtropicali e che un tempo era piena di vigne e limoni» - ricorda con affetto -. Si tratta di un appezzamento ereditato dal nonno ufficiale che, dopo la guerra, preferì abbandonare la vita militare per diventare viticoltore. Il pensiero di avere seguito le sue orme e di
essere riuscito a ingrandire ancora di più il suo sogno mi emoziona moltissimo».

Una scelta coraggiosa, la sua, presa a soli ventitré anni dopo alcuni viaggi in Brasile che lo fanno incuriosire e innamorare di quei frutti del Sudamerica che tanto sono richiesti oggi dai clienti siciliani e non, ma che quasi quindici anni fa nessuno ancora conosceva.

O quasi. Perché in realtà Andrea, che nulla sapeva di agricoltura prima di allora, scopre che «già a cavallo fra gli anni ’50 e ’60 alcuni pionieri avevano provato a coltivare avocado e manghi, ma i tempi erano completamente diversi e il mercato non era ancora pronto ad accogliere novità del genere, pur essendo il territorio perfetto per la loro produzione».

Bussa, quindi, alla loro porta e dopo tanto studio sui libri, tanta formazione e tanta fatica impara un mestiere in cui adesso può dire di non essere uno fra molti, ma decisamente qualcosa in più.

«Il primo anno ho vissuto letteralmente l’azienda agricola» - ci racconta - «Mi svegliavo alle quattro del mattino, vivevo la campagna, osservavo gli alberi, la loro crescita, la stagionalità. E nel frattempo studiavo senza sosta perché mi piaceva». Uno studio che, però, non si ferma al frutto e alla sua coltivazione.

Perché «per vendere ed essere competitivi c’è bisogno di molto altro: dalla qualità alla comunicazione, dal capire i desideri dei consumatori al saper raccontare una storia nuova in un’isola non sempre disposta ai cambiamenti e alle novità, ci sono fattori che non possono non essere presi in considerazione se si vuole produrre eccellenza».

Un'azienda, quella messa in piedi da Andrea alle pendici dell’Etna, che cerca quindi di «coniugare tradizione e innovazione».

E se la «tradizione coincide con l'amore per la terra e i suoi frutti e con la consapevolezza che in quel terreno tramandato di generazione in generazione c’è il sudore, il sangue, il sacrificio morale ed economico della famiglia, l’innovazione passa invece per la vocazione del territorio perché bisogna tornare a pensare alla qualità piuttosto che alla quantità».

Una caratteristica che i consumatori 2.0, sempre più esigenti e attenti alle etichette, chiedono a gran voce. Ecco perché per il giovane imprenditore è fondamentale «saper raccontare virtualmente la quotidianità e lo sforzo che c’è dietro a quei clienti che non possono toccare con mano la terra di Sicilia ma che desiderano scoprirne il suo sapore genuino».

D'altronde, «quando si vende un prodotto coltivato nella nostra isola si vende un pezzo di Sicilia, non solo la propria azienda, e svendere significa svendere tutti quanti, compreso chi fa il proprio lavoro con amore», di questo Andrea ne è fermamente convinto.

Un impegno non da poco, soprattutto all’inizio quando ancora nessuno aveva scommesso su questi frutti, ma ogni giorno decisamente ricompensato: basta guardare la pagina Instagram, che conta quasi 45.000 followers, per rendersene conto.

Nel giro di poco tempo, infatti, sono moltissimi gli apprezzamenti ricevuti e, da un paio di ordini, passa a migliaia di ordini a settimana, con «la gioia ogni volta rinnovata che solo l’aver soddisfatto un cliente può dare».

«Sai quanto è bello per me scoprire che al cliente è piaciuto l'avocado che io stesso ho visto crescere e che ho coltivato con passione nel terreno dove mio nonno, tra lacrime e sorrisi, ha “sputato sangue”? Ne sono davvero orgoglioso» - ci dice col trasporto di chi pensa di essere in qualche modo guardato dall'alto.

E noi siamo sicuri che quel nonno non più qui, e da cui tutto però è cominciato tanti anni fa, sia fiero anche da lassù di quel nipote che ha imparato a cadere, rialzarsi, scegliere e creare qualcosa di unico nella sua amata Sicilia.
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